Era l'11 maggio 2022 quando il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia rivolgeva alla Corte di giustizia dell'Unione Europea "domanda di pronuncia
pregiudiziale sulla validità della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU
2006, L 376, pag. 36), nonché sull'interpretazione dell'articolo 12 di detta direttiva e degli articoli 49 e 115 TFUE [Trattato sul Funzionamento
dell'Unione]".
Una richiesta fatta "nell'ambito di una controversia tra l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e il Comune di Ginosa (TA) in merito alla
decisione di quest'ultimo di prorogare, nel suo territorio, le concessioni di occupazione del demanio marittimo fino al 31 dicembre 20331".
La sentenza (causa C-348/22) è arrivata il 20 aprile ed è molto netta: le concessioni non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una
procedura di selezione imparziale e trasparente. I giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme dell'Unione, se necessario
disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse.
Dunque la direttiva Bolkestein2 per l'assegnazione di concessioni di occupazione del demanio marittimo, tra l'altro recepita
nell'ordinamento giuridico italiano, si deve applicare se il numero di autorizzazioni disponibili è limitato a causa della scarsità delle risorse
naturali3: l'autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico.
Circa le prospettive, scrive Il Sole-24 Ore del 20 aprile: «Bruxelles, che ha aperto nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione nel 2020,
rimproverandoci di chiudere alla libera concorrenza il settore delle aziende balneari, potrebbe dunque inviare a Roma un parere motivato, con il quale presentare
richiesta formale di conformarsi al diritto europeo. Il governo avrebbe due mesi di tempo, quindi fino a tutto giugno. Poi, se da parte dell'Italia non dovesse
arrivare una "soluzione", Bruxelles potrebbe ricorrere al "pugno duro". Ovvero il fatto che Roma risulta inadempiente nell'applicazione della direttiva sui servizi
nel mercato europeo comune (direttiva dell'Unione Europea 2006/123/CE) verrebbe segnalato alla Corte di giustizia Ue. Insomma, l'Italia verrebbe deferita, e
rischierebbe una multa salata.»
1 delibera del 24 dicembre 2020
2 direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno
3 i criteri adottati per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si devono basare su parametri obiettivi, non discriminatori,
trasparenti e proporzionati