Era il 1990 quando Achille Occhetto, segretario del Partito Comunista da due anni, avviò durante il XIX Congresso di Bologna1 il passaggio
al Partito Democratico della Sinistra.
Il 29 settembre il giornalista Alberto Rapisarda scriveva sul quotidiano La Stampa, con il titolo "Il pci all'ombra di una quercia": «Serpeggia la
paura dell'inciucio, come dicono qui in romanesco. Il pateracchio, la pastetta al vertice.» Si riferiva alla complessità degli accordi legati al
cambiamento.
E' il primo utilizzo politico che abbiamo trovato per il termine inciucio, che in realtà non ha origini romane, ma napoletane, anche se il Dizionario
Italiano Sabatini Coletti lo fa derivare dal siciliano "inciuciare, fare qualcosa di male per imperizia o frettolosità". Un'origine comunque onomatopeica,
perché il verbo inciuciare significa parlare sommessamente (ciu ciu), spettegolare
una pratica "da comari".
Nell'uso politico di oggi la parola si allontana dal significato originale e sta per "imbroglio, intrallazzo, finta" o anche "compromesso poco chiaro, accordo
pasticciato, soluzione non trasparente".
Il termine divenne popolare quando Massimo D'Alema, allora segretario del Partito Democratico della Sinistra, usò inciucione2
per definire pettegolezzi privi di fondamento il presunto patto tra lui e Silvio Berlusconi.
Tra un anno andremo a votare e già si svolgono incontri tra chi pensa di candidarsi: come nella migliore tradizione sembra che prevalgano i nomi delle persone sulle
idee che si propongono.
Ecco allora che è difficile trovare accordi tra i vari schieramenti, perché le ambizioni sono in conflitto anche se le idee (almeno quelle di facciata)
collimano.
E quando si parla di nomi si parla di interessi: patti sottobanco, compromessi, intrighi
appunto inciuci.
Aspettiamo smentite.
1 Dal 7 all'11 marzo 1990. Era da poco caduto il Muro di Berlino (9 novembre 1989) con la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
2 Intervista rilasciata al giornalista salernitano Mino Fuccillo su Repubblica del 28 ottobre 1995.