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Suicidio comunale: è giusto non votare alle consultazioni?

Elezione dopo elezione, emerge con sempre maggiore evidenza il problema degli elettori che non si recano volontariamente alle urne, i cosiddetti astensionisti che, anche se non è logico raggrupparli in quanto hanno motivazioni diverse, costituiscono il "primo partito".
Un fenomeno che si è diffuso fra le nuove generazioni contribuendo ad alimentare un allontanamento dalla partecipazione alle attività comuni e un incentivo alla vignetta protesta nei confronti di chi va al potere.
Eppure nel secondo dopoguerra le persone si sentivano onorate di poter partecipare alla vita politica dopo anni di dittatura… poi sono venuti gli scandali legati ai partiti, la sfiducia in una classe sempre più legata ai propri interessi, la perdita del senso di appartenenza.
La tendenza di eletti politicamente digiuni è infatti quella di creare un cerchio ristretto di consiglieri e di lasciarsi guidare dalle convinzioni/interessi personali, senza attivare meccanismi di coinvolgimento dei cittadini. Solo a ridosso delle elezioni successive si cercherà il loro consenso, confidando sulla loro memoria labile e sulle proprie capacità dialettiche.
Un meccanismo che non si limita alla sola maggioranza, ma riguarda le minoranze che hanno difficoltà di tempo, mezzi, capacità per stimolare e consolidare la partecipazione.
L'Art.48 della nostra Costituzione afferma "Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. …"
Il voto non è un obbligo giuridico1, lo ha ribadito la Corte Costituzionale2 nel 2005: "l'esercizio del diritto di voto è dovere civico, il non partecipare alla votazione costituisce una forma di esercizio del diritto di voto significante solo sul piano socio-politico".
Al "partito del non voto" appartiene sia chi non si è recato alle urne (astenuto: per protesta o per disinteresse), sia chi vota scheda bianca (per protesta): non si considerano le schede nulle (anche se alcune potrebbero esprimere protesta).

In ogni caso non votare alle elezioni comunali costituisce un problema molto preoccupante, perché il Comune incide notevolmente sulla vita quotidiana di residenti e ospiti (il funzionamento dei servizi pubblici, la pulizia della città, le condizioni del traffico, la cura delle strade, la sicurezza collettiva, la definizione dei procedimenti amministrativi, …): chi lo fa dichiara la propria sfiducia nella classe politica, ma rinuncia pericolosamente alla propria sovranità demandando di fatto ogni scelta ad altri (una lista viene comunque eletta e chi intende "fare affari" o si aspetta vantaggi personali o scambi di favori va certamente a votare).
Si tratta dunque di una scelta suicida: se vincesse il partito dell'astensionismo significherebbe la perdita di ogni speranza di cambiamento.


1 Anche se la prima formulazione del testo unico delle leggi per l'elezione della camera dei deputati (Dpr n.361 del 30 marzo 1957, G.U. n.139 del 3/6/57 S.O. ) definiva esplicitamente l'esercizio del voto come un obbligo, prevedendo anche delle sanzioni. Il testo unico fu riformato eliminando l'obbligo con la Legge n.277 del 4 agosto 1993, G.U. n.195 del 20/86/93 S.O.
2 Sentenza n.173 del 2 maggio 2005.

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