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C'era una volta Genova e oggi ci sono solo Bucci e Toti
di Roberto Speciale

"Le radici e le ali" Newsletter – ottobre 2023

… sembra quasi che Speciale sia passato da Santa Margherita

Io ho un ricordo di Genova della mia giovinezza un po' romantico, forse nostalgico. Che cosa c'era di romantico poi, se non la mia età? Era una città buia, sporca, incasinata, con molti più giovani di oggi però, più vivaci, forse!

foto Piazza Caricamento negli anni '70

C'erano molti più negozi che esponevano e vendevano un po' di tutto, molti cinema, teatri. C'erano fabbriche ovunque con un inquinamento spaventoso, persone a centinaia, migliaia che entravano e uscivano da aziende, da scuole, da treni, da autobus e tram (che noi prendevamo regolarmente al volo approfittando del loro rallentamento in curva, per fare i furbi).
Il mare era più sporco ed anche le spiagge ma a noi sembravano un eden perché non c'era molta gente e lì ci sentivamo liberi, padroni.
Il centro storico non era uno scherzo da turisti: prostituzione, contrabbando, ceffi poco raccomandabili, numerosi locali notturni ma era una zona di servizio per lo svago e i vizi. Anche lì si trovava di tutto ed anche le fregature.
Si era costretti a maturare prima, bisognava essere più decisi, più forti o mostrare di esserlo.
Si sognava di andarsene dalla città e il mare grande, a perdita d'occhio ti incitava ad uscire ma non sapevi né dove né come.
Si andava molto di più a piedi e si vedeva di più quindi: case, portoni, strade, negozi, persone.
Si conosceva di più. Sembrava tutto più grande, più rumoroso, più forte.
I comizi erano quasi sempre grandi comizi, gli scioperi e le manifestazioni non erano piccole, timide sfilate. In quel mondo anche il potere era più temibile, più forte.
C'erano, allora sì, poteri forti nella città. I partiti, i sindacati, i portuali erano forti ed avevano un seguito imponente. I poteri economici erano forti, sia quelli pubblici che quelli privati. La chiesa aveva seguito ed incuteva timore. Sulla sommità della facciata della chiesa del Gesù campeggiava la scritta "Dio ti vede", ammonimento e un po' minaccia, molto terrena.
Anche la cultura incideva: i teatri e i cinema erano attraversati da discussioni accese, persino l'urbanistica era occasione di confronto e di conflitto. L'Università racchiudeva al suo interno alcuni eccellenti e autorevoli intellettuali e scienziati ed era sede di confronti di idee e di scontro.
Nascevano importanti circoli d'arte, si dava vita all'Istituto Gramsci e al Circolo Turati. Anche la cultura era un potere ed aveva voce in capitolo nella crescita della città e nelle scelte della sua direzione.
Gambardella, Milvio, Clavarino nelle imprese a partecipazione statale. I Presidenti delle Autorità Portuali, Garrone, l'Italsider prima pubblica e poi di Riva, Flavio Repetto e i diversi armatori determinavano le sorti dell'economia ma tentavano anche di condizionare le istituzioni e la politica.
C'era però un certo equilibrio tra quei poteri. Si giocava una partita aperta, pubblica e il baricentro si spostava di volta in volta a favore dell'uno o dell'altro a seconda delle situazioni e dei momenti. Si sapeva però chi vinceva e chi perdeva.
Ora sembrerebbe che quei poteri forti, siano tutti morti o quasi. La chiesa, i partiti, i sindacati, i poteri economici se ci sono ancora sono l'ombra di loro stessi o giocano partite clandestine, nascoste, non alla luce del sole o a bassa intensità.
E' incredibile ma oramai in città e in regione si parla solo del Sindaco e del Presidente della Liguria, non esiste nessun altro. Sembra che tutti quei poteri abbiano delegato a singoli individualità la loro rappresentanza e ne sono stati, si può dire, sussunti [ricondotti a un caso generale]. C'è una specie di "reductio ad unum".
Le amministrazioni sono più forti quindi? No, non credo, non esiste collegialità, non conta neppure l'assessore all'urbanistica o ai lavori pubblici (assessori mitici in precedenza) o, che so, alla cultura, anzi forse non ci sono neppure. Contano solo i titolari, i primi e decidono, così sembra, in splendida solitudine e calano dall'alto le loro scelte. Anche la cultura è sempre più solo spettacolo (e in parte deve esserlo), non è più però dibattito civile, politico che cerca il senso di ciò che succede e contribuisce a orientare le scelte. Forse è sempre più ancella del "governo" e dei mercanti.
Per questo succede ciò che succede a Palazzo Ducale. Si gioisce perché vi sono cento candidature al ruolo di direttore! Dovrebbe preoccupare invece: non è un concorso per un impiegato di concetto in Comune e i partecipanti al concorso evidentemente non sanno quale dovrebbe essere il loro ruolo.
Forse oggi sono rimasti, come gemmazione di quei poteri forti, piccoli poteri che si occupano di tutto, poco e male, separati tra di loro ma che pensano di essere i protagonisti fondamentali, forse gli unici.
E così chi conduce il gioco oggi non ha controparti, non ha bilanciamento, non ha interlocutori. E' rischioso anche per loro. Perché se i cittadini e le strutture ancora esistenti si accorgono che ci sono solo due "dominus" vorranno di più o cominceranno a pretenderlo (oppure andranno alla loro corte ancora di più). Si fa presto ad essere identificati come i padroni della città. Invece per loro è bene esserlo ma senza averne le sembianze. Se il gioco è scoperto si vince o si perde tutto, in poco tempo. E se uno di quei poteri forti del passato resuscita forse si prende tutto.

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