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Balneari: il parere motivato della Commissione europea

E' datato 16 novembre il "Parere motivato indirizzato alla Repubblica italiana ai sensi dell'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in merito al quadro normativo che disciplina le autorizzazioni per l'utilizzo di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali per attività turistiche e ricreative".
Il documento è lungo e articolato, ne diamo di seguito uno stralcio. clessidra

«Il 3 dicembre 2020 la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di costituzione in mora in merito al quadro normativo italiano che disciplina le autorizzazioni per l'utilizzo di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali per attività turistiche e ricreative.

Alla luce di quanto precede, con l'adozione della legge 14/2023 la normativa italiana mira a mantenere la validità delle attuali "concessioni balneari" almeno fino al 31 dicembre 2024 e, potenzialmente, per un periodo illimitato o comunque indefinito oltre tale data; pertanto la normativa italiana continua a mantenere in vigore le "concessioni balneari" la cui durata era già stata prorogata, in primo luogo, dalle misure ritenute contrarie al diritto dell'Unione nella sentenza Promoimpresa e, successivamente, dalle disposizioni oggetto della lettera di costituzione in mora.
In altri termini, adottando la legge 14/2023, il legislatore italiano riproduce le misure precedenti e mantiene la validità delle "concessioni balneari" in contrasto con il diritto dell'Unione. Si può pertanto concludere che le autorità italiane non abbiano risposto alle obiezioni sollevate nella lettera di costituzione in mora, in quanto l'incompatibilità della legislazione italiana con l'articolo 12 della direttiva sui servizi e con l'articolo 49 del TFUE [Trattato sul Funzionamento dell'Unione] non è stata eliminata e gli interventi legislativi adottati durante il periodo successivo all'invio della lettera di costituzione in mora mantengono sostanzialmente lo stato della legislazione vigente al momento dell'emissione di tale lettera.
Inoltre, si rileva che la legge 14/2023 è stata adottata nonostante le discussioni intraprese in parallelo con la Commissione volte ad introdurre i principi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità richiamati nella giurisprudenza della CGUE [Corte di Giustizia dell'Unione Europea] e nella lettera di costituzione in mora di cui sopra.
Peraltro, si osserva che la legge 14/2023 è stata promulgata dal Presidente della Repubblica italiana con "specifiche e rilevanti perplessità" proprio in merito alla nuova disciplina delle "concessioni balneari". Inoltre, come anche osservato dal Capo dello Stato italiano al momento della promulgazione, la legge 14/2023 è stata altresì adottata in difformità delle suddette sentenze n.17/2021 e n.18/2021 del 9 novembre 2021 del Consiglio di Stato, attraverso le quali l'Adunanza plenaria ha individuato al 31 dicembre 2023 il termine per l'operatività degli effetti delle stesse sentenze, aggiungendo che "Scaduto tale termine, tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto" e precisando che "eventuali proroghe legislative del termine così individuato (al pari di ogni disciplina comunque diretta a eludere gli obblighi comunitari) dovranno naturalmente considerarsi in contrasto con il diritto dell'Unione e, pertanto, immediatamente non applicabili ad opera non solo del giudice, ma di qualsiasi organo amministrativo, doverosamente legittimato a considerare, da quel momento, tamquam non esset le concessioni in essere".

E' pertanto urgente finalizzare le riforme che possano assicurare la conformità con il diritto dell'Unione, garantendo procedure di selezione aperte e pubbliche basate su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi. In tal modo, le autorità italiane incoraggerebbero gli investimenti e la modernizzazione in un settore fondamentale per l'economia italiana.

[In merito alla presunta mancanza di scarsità delle risorse naturali si osserva che] "il fatto che le concessioni di cui ai procedimenti principali siano rilasciate a livello non nazionale bensì comunale deve, in particolare, essere preso in considerazione al fine di determinare se tali aree che possono essere oggetto di uno sfruttamento economico siano in numero limitato".

[Per quanto riguarda i lavori del Tavolo tecnico che dichiara che le concessioni riguardano solo il 33% delle aree disponibili, la Commissione replica]

  1. In primo luogo, tale percentuale del 33 % è calcolata rispetto al totale dell'area demaniale, solo "al netto di aree militari e secretate". Pertanto, il calcolo di tale percentuale non sembra assumere come base di riferimento le aree demaniali effettivamente ed attualmente "disponibili" in capo ai comuni per i servizi di "concessione balneare". In particolare, il documento chiarisce che sono state incluse anche "le aree di costa di minore accessibilità per condizioni naturali" ("potendo" essere interessate — anche se teoricamente — da "investimenti di riqualificazione tali da renderle attrattive per lo sviluppo di nuove attività economiche"). Si afferma altresì che il totale delle aree disponibili "non deve riguardare unicamente le parti sabbiose, ma è da includersi anche la parte di costa rocciosa, poiché su quest'ultima è possibile installare strutture turistico-ricreative … inoltre, in alcuni casi, opere a difesa della costa sono state concretamente utilizzate a fini turistico-ricreativi". Pertanto, tutte le parti della "costa rocciosa" sono state considerate "aree disponibili", presupponendo la loro generale idoneità ad essere soggette a "concessioni balneari" solo perché "è possibile" installare strutture turistico-ricreative e perché "in alcuni casi" opere a difesa della costa sono state utilizzate per attività turistiche. Inoltre, si indica che "il totale delle aviosuperfici, il totale dei porti con funzioni commerciali, il totale delle aree industriali relative ad impianti petroliferi, industriali e di produzione di energia, le aree marine protette e parchi nazionali" (aree che, a quanto risulta alla Commissione, non sono e non saranno soggette a "concessioni balneari") non sono stati esclusi dal totale di riferimento delle "aree disponibili", ma sono stati inclusi nel calcolo che ha portato al suddetto 33 %.
  2. Inoltre, tale percentuale del 33 % sembra riferirsi a una valutazione globale compiuta solo a livello nazionale, in quanto non vi è alcuna indicazione del fatto che il "Tavolo tecnico" abbia preso in considerazione le situazioni specifiche delle regioni (e del fatto che, come indicato dal Consiglio di Stato, "in molte Regioni è previsto un limite quantitativo massimo di costa che può essere oggetto di concessione, che nella maggior parte dei casi coincide con la percentuale già assentita", nonché le situazioni di singoli comuni (in particolare quelli più turistici) in cui tutte le possibili aree sfruttabili commercialmente potrebbero già essere oggetto di concessioni.


Alla luce di quanto precede, risulta che i risultati dei lavori del "Tavolo tecnico" non siano idonei a dimostrare che su tutto il territorio italiano non vi è scarsità di risorse naturali oggetto di "concessioni balneari".

Ai sensi dell'articolo 258, primo comma, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la Commissione invita la Repubblica italiana ad adottare le disposizioni necessarie per conformarsi al presente parere motivato entro due mesi dal suo ricevimento.»

I nodi vengono al pettine: il portavoce della Commissione afferma "il governo italiano ha due mesi per fornire risposte e allora decideremo sui prossimi passi. La nostra preferenza è sempre di trovare un accordo con gli Stati membri, piuttosto che andare in giudizio. E' un parere motivato e non pregiudica le trattative continue che avremo con le autorità italiane".
Così, il silenzio del Governo sia a livello centrale che regionale, lascia la "patata bollente" ai sindaci che si trovano stretti tra le esigenze degli attuali concessionari, il decreto Milleproroghe [che proroga il termine delle concessioni al 31 dicembre 2024] e la sentenza del Consiglio di Stato.

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