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Le percezioni visive di Escher (2/2)

Le metafore di Escher
di Doris Schattschneider

Le Scienze – gennaio 1995

Nelle sue opere Escher è riuscito a esprimere in forma visiva concetti astratti di matematica e di fisica

autoritratto Autoritratto, 1943: M. C. Escher vede se stesso allo specchio in questo disegno «a graffio» eseguito su inchiostro litografico.

Per tutta la vita Maurits Cornelis Escher (che usava firmarsi solo M. C.) confessò la propria incapacità di comprendere la matematica, dichiarandosi «completamente digiuno di studi e di conoscenze nel campo delle scienze esatte».
Fin da bambino, però, egli era affascinato dall'ordine e dalla simmetria. Quell'attrazione lo condusse in seguito a studiare le configurazioni delle piastrelle dell'Alhambra a Granada, a esaminare disegni geometrici in articoli di matematica (con l'aiuto del fratello geologo) e infine a seguire le proprie idee originali sulla tassellatura del piano.
L'attenzione che Escher prestava ai colori dei suoi disegni di tasselli interconnessi anticipava le ricerche successive di matematici e cristallografi nel campo della simmetria di colore. Oggi le sue opere vengono usate normalmente per illustrare quei concetti. L'esposizione dei suoi lavori in concomitanza del Congresso internazionale dei matematici, tenuto nel 1954 ad Amsterdam, e la pubblicazione, nel 1959, del suo primo libro (The Graphic Work of M. C. Escher) hanno toccato una corda che vibra ancora con forza nella mente di matematici e scienziati. Escher scriveva che una delle spinte principali della sua opera era «un profondo interesse per le leggi geometriche contenute nella natura che ci circonda». Esprimendo le sue idee in opere grafiche, egli ha creato metafore visive avvincenti per illustrare idee fondamentali della scienza.

striscia Striscia di Möbius II, 1963: Mostra una processione di formiche che si muovono in un ciclo infinito. Con un numero limitato di figure, Escher rappresenta l'infinito tramite il percorso continuo di un anello senza fine. Al contempo le formiche dimostrano che questo insolito anello (verticale nell'originale) ha una sola faccia.

Escher nacque nel 1898 nella città di Leeuwarden, nei Paesi Bassi. Figlio minore di un ingegnere civile, crebbe insieme con i quattro fratelli ad Arnhem. Tre dei suoi fratelli si dedicarono alla scienza o all'ingegneria, ma Escher da studente non brillava in matematica. Incoraggiato dal suo insegnante di arte nella scuola superiore, si interessò invece alla grafica, cominciando con incisioni su linoleum.
Nel 1919 entrò alla Scuola di architettura e arti decorative di Haarlem con l'intenzione di studiare architettura, ma, quando Samuel Jesurun de Mesquita, che vi insegnava arti grafiche, vide i suoi lavori, lo consigliò di concentrarsi in quel campo. De Mesquita esercitò una profonda influenza su Escher, dapprima come insegnante (in particolare per le tecniche di incisione su legno) e poi come amico e collega.

triangolare Sistema triangolare IB, 1948: La simmetria è un concetto strutturale che sottende molti modelli matematici e fisici. Nel disegno le farfalle sembrano riempire la pagina a caso, ma ciascuna è posizionata con precisione. Ve ne sono sempre sei (in colori alternati) che turbinano attorno a un punto in cui si incontrano le punte frontali delle ali sinistre; ve ne sono sempre tre (in colori differenti) in un punto in cui si toccano le parti posteriori delle ali destre; e vi sono sempre coppie (in colori differenti) in opposizione, con i bordi delle ali destre che si toccano. Oltre alla simmetria di rotazione, vi è simmetria di traslazione basata su una griglia triangolare. Lo schema può continuare all'infinito in tutte le direzioni e perciò costituisce una metafora dell'infinito. L'attenzione di Escher per i colori ha anticipato successive scoperte nel campo della simmetria di colore.

Conclusi gli studi a Haarlem, Escher si trasferì a Roma e compì numerosi viaggi per eseguire schizzi, in particolare nell'Italia meridionale. I suoi occhi riuscivano a cogliere effetti visivi affascinanti nelle cose comuni: dettagli architettonici di edifici monumentali colti da punti di vista non usuali, luci e ombre gettate da labirinti di scale in piccoli villaggi, grappoli di case appollaiate su pendii che scendevano verso valli lontane e, all'altro estremo della scala, particolari minuscoli visti come attraverso una lente di ingrandimento. Nel suo studio, poi, trasformava gli schizzi in xilografie e litografie.

cerchio Limite del cerchio, 1960: La dualità è forse il tema prevalente nelle ultime opere di Escher. In matematica, un enunciato ha una negazione e un insieme ha un insieme complementare; in ogni caso, l'oggetto e il suo duale si definiscono completamente a vicenda. In Limite del cerchio IV non vi sono contorni: i profili degli angeli e dei diavoli si definiscono a vicenda. Sia gli uni sia gli altri possono essere visti come figure o come sfondo (Escher ce lo ricorda omettendo i particolari in metà delle figure). In questa tassellatura iperbolica, ai nostri occhi euclidei le figure finiscono per diventare tanto più distorte quanto più diminuiscono di dimensioni. Tuttavia, se misurati nella geometria intrinseca del mondo di questa xilografia, tutti gli angeli e tutti i diavoli hanno esattamente le stesse dimensioni e la stessa forma. Si ha una ripetizione all'infinito di un numero infinito di copie, che non escono mai dai confini del cerchio.


Nel 1935 la situazione politica era ormai divenuta insostenibile ed Escher, con moglie e figli, lasciò definitivamente l'Italia. Dopo aver trascorso due anni in Svizzera e tre a Uccle, presso Bruxelles, la famiglia si stabilì infine a Baarn, nei Paesi Bassi. Quegli anni videro anche una svolta improvvisa nell'opera di Escher, che da quel momento in poi avrebbe tratto quasi esclusivamente ispirazione non da ciò che i suoi occhi vedevano, ma dall'occhio della mente. Escher tentava di dare un'espressione visiva a concetti astratti e di rappresentare le ambiguità dell'osservazione e della conoscenza umana. Così facendo, si trovò sovente in un mondo governato dalla matematica.

quadrato Limite del quadrato, 1964: Una xilografia costruita seguendo uno schema ricorsivo inventato da Escher, illustra l'autosomiglianza. Un insieme di direttive, applicato a un oggetto per produrre nuovi oggetti, poi applicato ai nuovi oggetti per produrne altri ancora e così via all'infinito, è detto algoritmo ricorsivo. Il prodotto finale è autosomigliante quando tutti gli oggetti finali sono identici all'originale, a meno di cambiamenti di scala, orientazione o posizione. Uno schizzo inviato da Escher al matematico H. S. M. Coxeter per spiegare quest'opera mostra che la griglia sottostante comporta la suddivisione ricorsiva di triangoli isosceli. Nell'esecuzione, Escher incise nel blocco di legno solo un triangolo avente l'apice al centro del quadrato e per base uno dei lati di questo e stampò il blocco quattro volte.
quadratino

Escher era affascinato, e addirittura ossessionato, dal concetto di «divisione regolare del piano», e realizzò oltre 150 disegni a colori che dimostrano la sua ingegnosità nella creazione di figure che camminano, nuotano e volano, e che riempiono il piano di loro cloni. Questi disegni illustrano simmetrie di molti tipi diversi, ma per Escher la divisione del piano era anche un mezzo per catturare l'infinito.
Anche se una tassellatura come quella che impiega le farfalle può continuare indefinitamente, in linea di principio, Escher vedeva la sua sfida nel contenere l'infinito entro i confini di una sola pagina. «Chiunque si tuffi nell'infinito, sia nel tempo come nello spazio, senza interrompersi, ha bisogno di punti fissi, di pietre miliari, perché altrimenti il suo movimento non sarebbe distinguibile dall'immobilità» scriveva Escher. «Egli deve dividere l'universo in distanze di una data lunghezza, in compartimenti che ricorrono in una serie interminabile.»
Dopo avere realizzato svariate opere in cui le figure diminuiscono indefinitamente di dimensione nell'avvicinarsi a un punto di fuga centrale, Escher cercò un mezzo per rappresentare la riduzione progressiva nella direzione opposta. Egli voleva figure che si ripetessero sempre, avvicinandosi via via a un confine circoscritto, ma senza mai raggiungerlo. Nel 1957 il matematico H. S. M. Coxeter inviò a Escher una ristampa di un suo articolo in cui illustrava la simmetria del piano con alcuni disegni di Escher. Lì l'artista trovò una figura che gli diede «una vera scossa», una tassellatura iperbolica di triangoli che mostrava esattamente l'effetto da lui cercato. Con uno studio approfondito del diagramma, Escher scoprì le regole della tassellatura in cui archi circolari incontrano perpendicolarmente la circonferenza di un cerchio che li circonda. Nel corso dei tre anni successivi, sulla base di quel tipo di griglia, realizzò quattro xilografie diverse, l'ultima delle quali è Limite del cerchio IV.

giorno/notte Giorno e notte, 1938: Quello di dimensione è un concetto che separa nettamente il punto, la linea, il piano e lo spazio. Per illustrare l'ambiguità nella percezione delle dimensioni, Escher ha sfruttato la pagina stampata, che deve sempre ingannare chi guarda se raffigura una scena tridimensionale. In Giorno e notte la scacchiera di campi coltivati si muta in due stormi di anatre. Questa xilografia illustra anche il concetto di cambiamento topologico: una figura viene deformata senza essere tagliata o forata. Sono presenti inoltre la riflessione e la dualità: le anatre nere volano su un villaggio illuminato dal sole; quelle bianche passano su un'immagine speculare notturna della stessa scena.

Quattro anni più tardi Escher escogitò la propria soluzione al problema dell'infinito all'interno di un rettangolo. L'algoritmo ricorsivo da lui trovato (un insieme di direttive applicate ripetutamente a un oggetto) dà luogo a una configurazione sempre simile a se stessa, nella quale ogni elemento è in rapporto con un altro per via di un cambiamento di scala.

su/giù Su e giù, 1947: In base alla teoria della relatività, ciò che un osservatore vede è influenzato dal contesto e dal punto di vista. Nella litografia Su e giù Escher presenta due viste differenti della medesima scena. Nella metà inferiore l'osservatore si trova nel patio; nella metà superiore invece guarda verso il basso. Ora allontanatevi un poco dalla pagina: il trapezio tassellato al centro è un pavimento oppure un soffitto? Escher lo utilizza con ambedue le funzioni, al fine di fondere insieme le due viste. E' impossibile vedere l'immagine nel suo complesso in un modo logico. La scena dimostra anche come l'accostamento di viste locali per formare un tutto globale possa dare origine a contraddizioni.

Escher inviò a Coxeter uno schizzo della griglia sottostante, scusandosi con queste parole: «Temo che l'argomento non sarà molto interessante, dal suo punto di vista di matematico, perché in realtà è semplice come un ricoprimento piano. Ciononostante è stato un rompicapo tremendo trovare un metodo adeguato per realizzarlo nel modo più semplice possibile.»

pozzanghera Pozzanghera, 1952: La riflessione permette di osservare fenomeni troppo piccoli, lontani o oscuri per poter essere visti direttamente. Pozzanghera dirige i nostri occhi su una pista fra gli alberi segnata da impronte di stivali e di pneumatici, ma nella pozzanghera si vedono anche alberi stagliati contro un cielo illuminato dalla luna. Escher ci rammenta mondi al di là dei limiti del nostro sguardo.

In una conferenza tenuta alcuni anni fa, William P. Thurston, matematico e direttore del Mathematical Sciences Research Institute dell'Università della California a Berkeley, ha illustrato il concetto di tassellatura autosomigliante proprio con una griglia di questo genere, senza sapere nulla della precedente scoperta di Escher.
Curiosamente, le configurazioni autosomiglianti ci danno esempi di figure che hanno dimensioni frazionarie (o frattali), un'ambiguità che Escher avrebbe senza alcun dubbio apprezzato. Nel 1965 l'artista confessava: «Non posso fare a meno di prendermi gioco di tutte le nostre certezze incrollabili. vortici E' molto divertente, per esempio, confondere deliberatamente due e tre dimensioni, il piano e lo spazio, e scherzare con la gravità». Escher era un autentico maestro nel confondere le dimensioni, come si può ben apprezzare in Giorno e notte, in cui i campi coltivati bidimensionali subiscono misteriosamente una metamorfosi che li trasforma in anatre tridimensionali. Si divertiva anche a mettere in evidenza le ambiguità e le contraddizioni interne di una pratica comune nella scienza: quella di affiancare più viste locali di un oggetto per ottenere un tutto globale.
Verso la fine della vita (morì nel 1972), Escher scriveva: «Soprattutto, sono felice che da tutto questo siano risultati contatti e amicizie con matematici. Spesso proprio loro mi hanno dato nuove idee, e talvolta c'è stata fra noi addirittura un'interazione. Come possono essere giocosi, questi signori e queste signore di grande cultura!»

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