Le Scienze – gennaio 1995
Nelle sue opere Escher è riuscito a esprimere in forma visiva concetti astratti di matematica e di fisica
Per tutta la vita Maurits Cornelis Escher (che usava firmarsi solo M. C.) confessò la propria incapacità di comprendere la matematica, dichiarandosi
«completamente digiuno di studi e di conoscenze nel campo delle scienze esatte».
Fin da bambino, però, egli era affascinato dall'ordine e dalla simmetria. Quell'attrazione lo condusse in seguito a studiare le configurazioni delle piastrelle
dell'Alhambra a Granada, a esaminare disegni geometrici in articoli di matematica (con l'aiuto del fratello geologo) e infine a seguire le proprie idee originali
sulla tassellatura del piano.
L'attenzione che Escher prestava ai colori dei suoi disegni di tasselli interconnessi anticipava le ricerche successive di matematici e cristallografi nel campo
della simmetria di colore. Oggi le sue opere vengono usate normalmente per illustrare quei concetti. L'esposizione dei suoi lavori in concomitanza del Congresso
internazionale dei matematici, tenuto nel 1954 ad Amsterdam, e la pubblicazione, nel 1959, del suo primo libro (The Graphic Work of M. C. Escher) hanno
toccato una corda che vibra ancora con forza nella mente di matematici e scienziati. Escher scriveva che una delle spinte principali della sua opera era «un
profondo interesse per le leggi geometriche contenute nella natura che ci circonda». Esprimendo le sue idee in opere grafiche, egli ha creato metafore visive
avvincenti per illustrare idee fondamentali della scienza.
Escher nacque nel 1898 nella città di Leeuwarden, nei Paesi Bassi. Figlio minore di un ingegnere civile, crebbe insieme con i quattro fratelli ad Arnhem. Tre dei
suoi fratelli si dedicarono alla scienza o all'ingegneria, ma Escher da studente non brillava in matematica. Incoraggiato dal suo insegnante di arte nella scuola
superiore, si interessò invece alla grafica, cominciando con incisioni su linoleum.
Nel 1919 entrò alla Scuola di architettura e arti decorative di Haarlem con l'intenzione di studiare architettura, ma, quando Samuel Jesurun de Mesquita, che vi
insegnava arti grafiche, vide i suoi lavori, lo consigliò di concentrarsi in quel campo. De Mesquita esercitò una profonda influenza su Escher, dapprima come
insegnante (in particolare per le tecniche di incisione su legno) e poi come amico e collega.
Conclusi gli studi a Haarlem, Escher si trasferì a Roma e compì numerosi viaggi per eseguire schizzi, in particolare nell'Italia meridionale. I suoi occhi riuscivano a cogliere effetti visivi affascinanti nelle cose comuni: dettagli architettonici di edifici monumentali colti da punti di vista non usuali, luci e ombre gettate da labirinti di scale in piccoli villaggi, grappoli di case appollaiate su pendii che scendevano verso valli lontane e, all'altro estremo della scala, particolari minuscoli visti come attraverso una lente di ingrandimento. Nel suo studio, poi, trasformava gli schizzi in xilografie e litografie.
Nel 1935 la situazione politica era ormai divenuta insostenibile ed Escher, con moglie e figli, lasciò definitivamente l'Italia. Dopo aver trascorso due anni in
Svizzera e tre a Uccle, presso Bruxelles, la famiglia si stabilì infine a Baarn, nei Paesi Bassi. Quegli anni videro anche una svolta improvvisa nell'opera di
Escher, che da quel momento in poi avrebbe tratto quasi esclusivamente ispirazione non da ciò che i suoi occhi vedevano, ma dall'occhio della mente. Escher tentava
di dare un'espressione visiva a concetti astratti e di rappresentare le ambiguità dell'osservazione e della conoscenza umana. Così facendo, si trovò sovente in un
mondo governato dalla matematica.
Escher era affascinato, e addirittura ossessionato, dal concetto di «divisione regolare del piano», e realizzò oltre 150 disegni a colori che dimostrano
la sua ingegnosità nella creazione di figure che camminano, nuotano e volano, e che riempiono il piano di loro cloni. Questi disegni illustrano simmetrie di molti
tipi diversi, ma per Escher la divisione del piano era anche un mezzo per catturare l'infinito.
Anche se una tassellatura come quella che impiega le farfalle può continuare indefinitamente, in linea di principio, Escher vedeva la sua sfida nel contenere
l'infinito entro i confini di una sola pagina. «Chiunque si tuffi nell'infinito, sia nel tempo come nello spazio, senza interrompersi, ha bisogno di punti
fissi, di pietre miliari, perché altrimenti il suo movimento non sarebbe distinguibile dall'immobilità» scriveva Escher. «Egli deve dividere l'universo
in distanze di una data lunghezza, in compartimenti che ricorrono in una serie interminabile.»
Dopo avere realizzato svariate opere in cui le figure diminuiscono indefinitamente di dimensione nell'avvicinarsi a un punto di fuga centrale, Escher cercò un
mezzo per rappresentare la riduzione progressiva nella direzione opposta. Egli voleva figure che si ripetessero sempre, avvicinandosi via via a un confine
circoscritto, ma senza mai raggiungerlo. Nel 1957 il matematico H. S. M. Coxeter inviò a Escher una ristampa di un suo articolo in cui illustrava la simmetria del
piano con alcuni disegni di Escher. Lì l'artista trovò una figura che gli diede «una vera scossa», una tassellatura iperbolica di triangoli che mostrava
esattamente l'effetto da lui cercato. Con uno studio approfondito del diagramma, Escher scoprì le regole della tassellatura in cui archi circolari incontrano
perpendicolarmente la circonferenza di un cerchio che li circonda. Nel corso dei tre anni successivi, sulla base di quel tipo di griglia, realizzò quattro
xilografie diverse, l'ultima delle quali è Limite del cerchio IV.
Quattro anni più tardi Escher escogitò la propria soluzione al problema dell'infinito all'interno di un rettangolo. L'algoritmo ricorsivo da lui trovato (un insieme di direttive applicate ripetutamente a un oggetto) dà luogo a una configurazione sempre simile a se stessa, nella quale ogni elemento è in rapporto con un altro per via di un cambiamento di scala.
Escher inviò a Coxeter uno schizzo della griglia sottostante, scusandosi con queste parole: «Temo che l'argomento non sarà molto interessante, dal suo punto di vista di matematico, perché in realtà è semplice come un ricoprimento piano. Ciononostante è stato un rompicapo tremendo trovare un metodo adeguato per realizzarlo nel modo più semplice possibile.»
In una conferenza tenuta alcuni anni fa, William P. Thurston, matematico e direttore del Mathematical Sciences Research Institute dell'Università della California a
Berkeley, ha illustrato il concetto di tassellatura autosomigliante proprio con una griglia di questo genere, senza sapere nulla della precedente scoperta di Escher.
Curiosamente, le configurazioni autosomiglianti ci danno esempi di figure che hanno dimensioni frazionarie (o frattali), un'ambiguità che Escher avrebbe senza
alcun dubbio apprezzato. Nel 1965 l'artista confessava: «Non posso fare a meno di prendermi gioco di tutte le nostre certezze incrollabili.
E' molto divertente, per esempio, confondere deliberatamente due e tre dimensioni, il piano e lo spazio, e scherzare con la gravità». Escher era un autentico
maestro nel confondere le dimensioni, come si può ben apprezzare in Giorno e notte, in cui i campi coltivati bidimensionali subiscono misteriosamente una
metamorfosi che li trasforma in anatre tridimensionali. Si divertiva anche a mettere in evidenza le ambiguità e le contraddizioni interne di una pratica comune
nella scienza: quella di affiancare più viste locali di un oggetto per ottenere un tutto globale.
Verso la fine della vita (morì nel 1972), Escher scriveva: «Soprattutto, sono felice che da tutto questo siano risultati contatti e amicizie con
matematici. Spesso proprio loro mi hanno dato nuove idee, e talvolta c'è stata fra noi addirittura un'interazione. Come possono essere giocosi, questi signori e
queste signore di grande cultura!»