Si tratta, molto modestamente in poche righe di valutare e di ponderare l'espressione che il colore ci dà circa le modificazioni delle interazioni ecologiche
comparate con la vita umana delle nostre città.
E' indubbio che immense incontaminate distese di verde siano rilassanti, aspettativa di tripudio di vita, che immense incontaminate distese di ghiaccio, e
quindi bianche, richiamino gelo e freddezza, che distese di sabbia gialle ci diano la sensazione di un caldo insopportabile e di scenari desertici. Dunque i colori
sono in qualche modo simbolici di ambienti diversi, specifici, comunque a noi noti, anche se non li abbiamo mai vissuti direttamente, fanno parte in qualche modo
del nostro inconscio, appartengono alla nostra cultura. Anche se non ce li hanno mai insegnati in questa chiave essi rappresentano ambiti di vita, espressione di un
modo di essere, modus vivendi.
Se decidiamo di verniciare un nostro carro o casa o vestito nero o rosso o verde è perché ci poniamo l'obiettivo di dare l'impressione a chi lo guarda della
sensazione che vogliamo trasmettere.
Chiediamoci: perché il verde è verde?
Il verde è il colore della vegetazione. La fotosintesi clorofilliana lo produce. La fotosintesi è presente nelle piante e le piante costituiscono il primo
anello alimentare degli ecosistemi animali così come li conosciamo, noi compresi.
Ovvio quindi considerare il verde come un segnale tranquillizzante di prosperità.
Laddove vedo molto verde significa che c'è molta acqua, che molti erbivori hanno cibo e quindi molti carnivori possono predare. Dunque la vita è garantita. C'è
sicuramente spazio per l'espressione di ognuno. Possiamo dire che il verde è un colore di pace.
Ma perché il rosso è rosso? Il fuoco è rosso e brucia. Quando ci emozioniamo arrossiamo, si tratta di passione, si tratta di sentimenti che hanno a che fare
con il sentimento della vita. Si tratta di vitalità, della festa dell'allegria, del vino, del mestruo che ci dice che siamo feconde e possiamo riprodurci. Il sangue
è rosso e quando lo vediamo è perché preme nelle vene del volto per un'emozione potente o perché ci siamo feriti ed allora esce dal nostro corpo. Se siamo
cacciatori, o guerrieri il sangue del vinto o del cacciato significa una sofferenza che travalica l'individuo ed incute rispetto perché ogni vivente si sente vivo e
parte della vita. Sappiamo da letteratura che ogni guerriero ed ogni cacciatore rispetta la sua vittima e fa in qualche modo propria la sua sofferenza e con riti o
preghiere ne vuole mitigare il danno. Infatti i miti dei cacciatori indiani d'America volevano che il bisonte prosperasse perché esso rappresentava la loro
ricchezza. Ovunque, nei racconti di epiche caccie è spiccato il rispetto per la specie cacciata. Poiché essa, la specie, se è prolifica, è la ricchezza del
cacciatore, non la quantità delle prede, ma la sua abbondanza della specie viva.
Lo stesso concetto vale per la guerra epica laddove la supremazia politica si determina con l'uccisione dell'avversario, non con lo sterminio del popolo
dell'avversario. Qui vediamo il manifestarsi di un concetto etico di "necessità di uccidere" e non di prassi o di metodo dell'uccidere. La degenerazione avvenne
poi in seguito, quando i capi politici hanno cominciato a farsi scudo dei propri popoli pur di non combattere. Allo stesso modo nella caccia, nel momento in cui la
necessità individuale o della famiglia o clan fu sostituita dal commercio e quindi dal mercato delle pelli o della carne il concetto etico di rispetto della vita
venne meno.
Dunque il rosso è associato al colore del sangue ed ai sentimenti più passionalmente legati alla vitalità.
Pochi colori come questi descritti bastano a inquadrare quella che è una simbologia senza percorrere tutto l'arcobaleno.
Il nostro obiettivo è un altro: stabilire che cosa "fanno" i colori e quale sia la loro influenza nella nostra vita e come modificandoli si crei alterazione
dell'ecosistema di cui fanno parte, in cui sono visibili, quale sia il messaggio che ci comunicano. Se ciò può determinare o aver determinato inquinamento.
Vorrei dare un minimo di panoramica sulla natura del colore e mi appare doverosa l'analisi dalla sua consistenza elettromagnetica. Si tratta in pratica di
luce. Un forma di energia che si propaga nello spazio e che ha precise lunghezze d'onda.
Stiamo parlando di grandezze fisiche che ben poco hanno da spartire con le emozioni. Tuttavia esse rappresentano una realtà fisica e biologica dell'entità che
stiamo osservando.
Possiamo dire che i colori ci trasmettono l'entità e la qualità della vicenda ecologica che sta avvenendo in ciò che osserviamo.
Banalmente se osserviamo una zona che prima era verde ed ora sta diventando gialla o marrone, significa che là la vita vegetale sta venendo meno, che le piante
stanno morendo, che la linea di desertificazione sta avanzando, che quelle piante che prima producevano ossigeno non ci sono più, che l'anidride carbonica che
veniva sintetizzata nel legno che producevano, non viene più assorbita e quindi quella zona che stiamo osservando ci comunica, attraverso l'avvicendamento dei
colori, che cosa sta accadendo. Conoscere precisamente un fenomeno inquinante è già il primo passo verso la scoperta della causa.
Se una porzione di mare cambia colore significa che sta succedendo qualcosa.
Se il cielo cambia colore significa che sta succedendo qualcosa.
Così come se una persona arrossisce o se impallidisce significa che il suo essere sta cambiando fortemente.
I colori sono eloquenti. Ci dicono molto, sono evidenti. Dicono la verità.
Spesso ci è capitato di sentire rassicurazioni da parte di enti pubblici di controllo che una tale zona non è inquinata o che i valori delle sostanze inquinanti
non sono preoccupanti, tuttavia quel posto ha cambiato sensibilmente colore. Basta guardare il colore dell'acqua alla foce dei fiumi o vicino ai cosiddetti
depuratori.
Tornando all'aspetto della fotosintesi clorofilliana sarebbe interessante analizzare meglio quale sia la sua reale portata.
Spesso le imprese industriali che deforestano nel mondo, minimizzano il danno che apportano (sono convinto che non ci credono neanche loro) dicendo che
sostituiscono verde con altro verde.
Proviamo solo a pensare su un campione di 100 mq. Quanta superficie di fogliame interagisce con l'atmosfera per fotosintesi clorofilliana fra le fronde di una
foresta pluviale dell'Amazzonia o del Borneo e le foglie di palme per produrre olio di palma per usi alimentari o di girasoli o altro per produrre biocarburanti?
Vista dall'alto la superficie può sembrare la stessa: 100 mq. Ma dobbiamo misurare la superficie delle foglie che lavorano. Dunque un orto di 100 mq di carote
produrrà uno scambio di O2 e CO2 proporzionale a quella superficie per uno spessore di circa 50 cm (la parte verde delle carote). Un albero di
una foresta pluviale genera lo stesso interscambio, sempre sui 100 mq presi a base per ogni piano di foglie che riescono a esporsi alla luce del sole per una quota
che può essere di oltre venti metri emettendo una quantità enormemente superiore di O2 e fissando tonnellate di CO2 in legname. Questo
analizzando la questione solo dal punto di vista di questa interazione, tralasciando l'habitat, aspetto enorme, ma di altro concetto, non espressamente cromatico
che qui non trattiamo. Inoltre la foresta pluviale ha una cronologia di lavoro perenne non stagionale.
Dunque, concludendo, parcellizzando enormemente e riconducendo il ragionamento ad un aspetto spicciolo di urbanistica: se prima di rilasciare una licenza
edilizia provassimo a fotografare un sito ed a vedere che colore ha e quanta CO2 assorbe e quanto O2 emette e valutassimo il risultato di
questi calcoli ai fini di concedere o meno la licenza, ovvero concederla a patto che l'interscambio debba essere (per esempio) raddoppiato, non sarebbe ragionevole?
Insomma opere di urbanizzazione alberi compresi, non solo tubi e posteggi.
Allo stesso modo calcolando questi aspetti dovrebbero cambiare radicalmente le considerazioni che taluni beni (foreste per esempio) non possano essere dominio
delle amministrazioni dei confini al cui interno si trovano per poi diventare spesso preda di organizzazioni criminali.