"An Artist in the Riviera" di Walter Tyndale, 1915 - traduzione libera dei Capitoli II, III e IV riguardanti Santa Margherita, Portofino e San
Fruttuoso
Ricordando quello che alcuni miei amici artisti mi avevano detto di S. Margherita ho deciso di recarmi lì. Mi ero convinto che fosse una località poco sofisticata,
abitata principalmente da pescatori con, tuttavia, una locanda dove soggiornare.
Potete immaginare la mia delusione quando, arrivando alla stazione, ho trovato una ventina di navette degli hotel e facchini in attesa del treno. Quelle
numerose scritte, viste in mezzo alla confusione, hanno colpito la mia attenzione, ma nessuno mi ha ricordato la locanda "possibile" di cui avevo sentito parlare.
Quando ho domandato dell'Albergo Centrale un berretto di broccato d'oro con la scritta "Imperial Palace" e sotto un uomo ha chiesto al berretto del "Royal"; il
"Royal" non ne aveva mai sentito parlare, ma come il berretto "Continental" comparve fui indirizzato a chi lo indossava.
Questi si girò e chiamò "Kaiserhof", indicandomi la strada con il pollice e prima che potessi spiegare che quello non era l'hotel che cercavo, un tipo in
maniche di camicia e nessun berretto in testa si fece strada tra queste creature e afferrò la mia borsa. Per tutto questo tempo non udii nemmeno una parola di
italiano, ero stato apostrofato in inglese dai "berretti", che tra loro parlavano tedesco; il tipo "maniche di camicia" parlava un po' di entrambi, ma il francese
come lingua nativa. In quest'ultima lingua disse che l'Albergo Centrale e il Kaiserhof erano lo stessso.
Sentivo ribollire dentro di me un sentimento di odio verso quegli amici artisti che mi avevano condotto qui e meditavo come avrei potuto vendicarmi attirandoli
all'Imperial Palace Hotel con la scusa che fosse una caratteristica vecchia locanda italiana, un tempo palazzo del Doge, con un pavimento levigato e affreschi sul
soffitto. Avevo appena pianificato questo tipo di vendetta prima che il mio taxi si fermasse al Kaiserhof. Presto scoprii che non avevo fatto così male, l'albergo
era solo pretenzioso nel nome, cioè "Corte Imperiale", perché ero molto a mio agio e i costi non erano a livello imperiale.
S. Margherita di per sé non offre molti spunti per gli schizzi, ma ha il vantaggio di essere posizionata a metà strada tra due luoghi molto pittoreschi, e
questi sono Portofino e Camogli.
Rapallo è solo due miglia più avanti lungo la costa, ma quella città un tempo carina è ora quasi soffocata negli hotel "Palazzo Imperiale", kursaal e simili e ciò
che è ancora peggio è il numero di ville recentemente costruite dagli "Americani" – non americani in senso letterale, ma italiani emigrati nella repubblica
argentina che, dopo aver fatto fortuna, tornano al loro paese natale per spenderla.
Queste ville sono per lo più di pessimo gusto e ornate con molte sculture del tipo Campo Santo. Alcune sono dipinte di un magenta accattivante, altre di
giallo zafferano e se non bastasse c'è una combinazione dei due colori con alcune parti in azzurro. Fortunatamente gli arbusti e le piante crescono rigogliosamente
e nascondono parti di queste case dalla strada.
La costa da Portofino a Chiavari, che costituisce il golfo di Rapallo (chiamato giustamente Golfo Tigullio), è una delle parti più belle della Riviera per la
sua natura, una circostanza che rende ancora più orribili queste ville. Le insenature si susseguono e su ogni promontorio sono visibili in mezzo al verde scuro dei
pini e dei lecci le rovine di un'antica roccaforte.
Le tre miglia di strada da S. Margherita verso la parte est del promontorio di Portofino sono state fortunatamente risparmiate dagli "Americani", una o due delle
ville nei pressi aumentano anzi il fascino.
La baia di Paraggi con il caratteristico villaggio di pescatori conserva ancora il suo carattere e il terreno dei dintorni, così come la punta estrema del
promontorio, è stato finora mantenuto intatto dal sig. Yeats Brown, un inglese che fino a poco tempo fa possedeva quasi tutto.
Dopo aver lasciato Paraggi la strada fa una o due curve a gomito e compare il piccolo paese che circonda il porto di Portofino. La sua posizione è ideale come
porto rifugio per piccole imbarcazioni; è riparato dai venti di sud-ovest da un'alta penisola che si protende al limite estremo del promontorio, e giace comodamente
nascosto nella piccola, profonda baia dell'istmo.
Che il porto fosse ambito da molti, oltre che dai legittimi proprietari, è dimostrato dal castello che lo sovrasta - una roccaforte eretta nel medioevo per
proteggere la città dai corsari barbari. Non è caduto in rovina come molti e fino a poco tempo fa era occupato dal suo proprietario, il signor Yeats Brown. Una
villa, in posizione magnifica sull'istmo della penisola, è di proprietà della vedova Contessa di Carnarvon.
La città si è finora salvata dallo sfruttamento, ma, rispetto ad altri villaggi italiani di pescatori, c'è un ordine incontaminato che ricorda l'influenza
britannica. Un enorme hotel con il nome modesto di "Gran Splendido" occupa una bella posizione sul monte nella parte principale del promontorio.
Questo hotel, con le due grandi residenze inglesi, hanno senza dubbio contribuito alla prosperità della città e in questa parte dell'Italia la prosperità si
manifesta generalmente con colori forti. Ho dovuto metterne molti nell'illustrazione allegata per renderla somigliante, probabilmente più simile all'aspetto delle
case prima che la prosperità spargesse pittura rossa e verde.
Mentre ero impegnato nel mio disegno fui disturbato da un numero insolito di persone che mi passavano accanto e da qualcuno che gridava dietro di me. Mi girai e
vidi un uomo che si precipitava giù per un ripido sentiero che porta alla banchina. Questi salì su una barca vicina, allentò in fretta l'ormeggio e stava per
allontanarsi quando un secondo uomo, che lo aveva inseguito, saltò dentro la barca e ingaggiò una lotta violenta. Il secondo uomo afferrò un remo e tentò di buttar
giù il primo che, abbassandosi sotto il remo, diede una testata nello stomaco del suo aggressore e lo fece cadere nell'acqua. Ciò mi colpì per lo strano
atteggiamento degli astanti, che sembravano prenderlo come un gioco; ma quando mi affrettai verso di loro il mistero fu svelato dalla vista di una macchina da presa.
Fortunatamente ora Portofino assiste a pochi eventi tragici più emozionanti di questo! La sua storia passata è una serie di lotte per il possesso del porto.
Conosciuto come Portus Delphinus dai romani, era un rifugio per i loro galeoni diretti verso la Gallia e fu senza dubbio usato a loro volta da Fenici, Greci e
Cartaginesi. Dopo la caduta dell'Impero Romano fu posseduto dai Longobardi, conquistato dai Saraceni e successivamente dai Genovesi e alternativamente nelle mani
delle famiglie di Guelfi e Ghibellini.
Una flotta francese al comando di Andrea Doria batté gli Spagnoli guidati da Agostino Spinola e prese possesso del porto: con lotte di fazioni che colmarono
l'intervallo fino ai tempi napoleonici, il porto fu conteso da Francesi, Spagnoli, Inglesi e Austriaci.
Queste vicissitudini si sono aggiunte ai terremoti periodici, a carestie e pestilenze: non c'è da chiedersi se un po' della vecchia storia sia ancora presente?
La storia ci dice che Riccardo Cuor di Leone si rifugiò qui quando salpò per la Terra Santa.
L'"alto Arrigo" del Paradiso di Dante, lo sfortunato Enrico
VII, deve aver usato questo porto quando condusse gli esiliati toscani nella loro provincia sulle galee pisane e genovesi.
Non posso dire se Napoleone passò di qui, ma deve essere stato colpito dall'importanza della posizione perché quando l'intera Liguria cadde nelle sue mani
ribattezzò il paese "Port Napoléon". Dopo la caduta di quel monarca l'ex Repubblica Genovese fu annessa al regno di Sardegna e Port Napoléon divenne ancora Portofino.
Per quanto fossi attratto da Portofino, proprio dietro l'angolo c'era un altro posto che avevo visto solo su alcune cartoline e che mi attraeva ancora di più.
Arrivarci via terra costituiva la parte migliore di un'escursione giornaliera in auto fino a Portofino Kulm, seguita da una scalata lungo un sentiero di montagna
fino al mare. Questo posto romantico e inaccessibile è S. Fruttuoso.
Il mare era abbastanza calmo da riflettere le case di Portofino nel porto come una spirale, ma era troppo difficoltoso avventurarsi nella circumnavigazione
della penisola con una barca. Il rischio di rovesciamento poteva essere limitato e una bustarella avrebbe potuto tentare un barcaiolo, ma conoscevo troppo bene il
pericolo del mal di mare per avventurarmi. Il vecchio monastero di S. Fruttuoso deve attendere il mare calmo che renda il viaggio più confortevole.
Un'utile guida di Rapallo e delle vicinanze firmata "P.I.A." ci dice che: "Quello che un tempo era il famoso monastero di S. Fruttuoso, martire, fu la culla del
progresso e della cultura per tutta la zona, ed estese una dispotica ma benefica influenza in lungo e in largo."
Dicono: "Dopo aver doppiato il Capo di Monte e seguito la costa rocciosa, si arriva improvvisamente al piccolo villaggio nascosto nel cuore di una piccola baia,
con il vecchio monastero e la chiesa costruiti su archi che sorgono dalle acque. Attraverso questi archi le barche funebri portavano un tempo i resti di qualche
coraggioso Doria da Genova al loro ultimo riposo, nelle tombe in bianco e nero che sono bagnate dalle acque sulle quali questi eroi si erano guadagnati gli allori".
Quanto sopra, nonché la vivida descrizione di qualcun altro che era stato lì, aumentarono la mia impazienza per una giornata tranquilla. Questa impazienza era
condivisa da un giovane artista tedesco entusiasta e talentuoso anch'egli alloggiato nel mio hotel di S. Margherita ed entrambi progettammo di alloggiare nella
piccola osteria nel borgo, benché la sistemazione fosse spartana.
Una pubblicità informava che sarebbe giunto un piccolo piroscafo (tempo permettendo) da
Rapallo, avrebbe toccato S. Margherita e Portofino per giungere a S. Fruttuoso, facendo ritorno dopo una sosta di un paio d'ore, così ne abbiamo approfittato. Ma
molte località, che sulla carta e in foto sembrano interessanti, non sempre si prestano a essere dipinte, così decidemmo di fare il viaggio per vederlo e, se avesse
risposto alle nostre aspettative, di andarci per più tempo quando il piroscafo avesse fatto un altro viaggio.
Il nostro piccolo viaggio fu molto piacevole finché fummo a ridosso del promontorio. A bordo c'erano chiacchiericcio e risate incessanti di alcune donne fino a
quando raggiungemmo il punto estremo della penisola di Portofino, poi alcuni sbandamenti del piroscafo provocarono un silenzio di tomba. Alcune signore sembravano
aver dimenticato qualcosa rimasto in cabina, qualche altro sussulto spinse anche le altre ad andarsene; quando girammo il Capo di Monte e navigammo sopravento del
promontorio, mi chiesi quali peccati avrei potuto commettere per meritare tale punizione. Raggiungemmo la baia circa tre quarti d'ora dopo, difficile da credere
perché pareva un mese, e dopo altri dieci minuti ancorammo a due passi dal convento.
Superai in fretta la nausea del viaggio in mare, ma era nulla rispetto al colore orribile col quale era stata recentemente imbrattata la facciata dell'edificio. Se
non fosse per lo stucco grigio applicato di recente, S. Fruttuoso sarebbe stato uno dei posti più romantici e deliziosi che io potessi disegnare.
Non c'era
nulla da fare se non alcuni disegni accurati e provare e dipingere il posto come sarebbe potuto essere prima del suo cambiamento.
Il monastero risale al XII secolo, la parte inferiore degli edifici corrisponde a quel periodo.
La tradizione, tuttavia, ci riporta all'anno 259 quando le ceneri dei Santi Fruttuoso, Augurio ed Eulogio furono portate qui da Tarragona dai loro discepoli che,
quando salparono, cercarono la guida divina su dove portare il loro prezioso carico; ci viene anche detto che dopo due giorni apparve un angelo e indicò dove
dovevano sbarcare. Un drago che per anni era stato il terrore
di quella costa impediva il loro sbarco, ma in risposta alle preghiere mani invisibili gettarono il drago in mare. All'approdo trovarono una fonte sorvegliata da
tre leoni che, tuttavia, si rivelarono più docili del drago, perché ci viene detto che queste bestie tracciarono il sito della chiesa poi si accovacciarono
umilmente ai piedi dei pellegrini.
Qualunque sia stata l'origine di questa Abbazia, sappiamo che all'inizio del XII secolo si era stabilita lì una colonia di monaci benedettini che aveva
costruito un convento. Molti ricchi genovesi finirono i loro giorni in questo ritiro: tra gli altri alcuni membri della famiglia Doria, il primo dei quali fu
Martino, il fondatore della chiesa di S. Matteo a Genova, che divenne Abate nel 1225.
Papa Alessandro III vi fu ospite nel 1162 ed estese notevolmente i diritti dell'Abbazia sulle parrocchie vicine. Per molto tempo gli Abati furono nella
posizione di principi feudali, potevano riscuotere dazi su tutti i pesci pescati al largo delle coste del promontorio, così come sulla selvaggina che abbonda nella
foresta.
Nel XIII secolo la cripta del monastero divenne l'ultima dimora degli ammiragli della famiglia Doria. Sulle tombe sgretolate possiamo ancora rintracciare il
nome di alcuni di loro, tra gli altri quello di Egidio, uno dei vincitori della battaglia della Meloria.
Per usare le parole del Dott. Hugh Macmillan: "Non poteva essere trovato nessun luogo di sepoltura più appropriato come questo per una stirpe di re del mare
che questa adorabile solitudine monastica, dove le onde si insinuano tra le mura e dove, nei chiostri abbandonati, i venti gemono sulle glorie del passato."
"Un luogo di tombe,
Dove giacciono le vigorose ossa di uomini antichi,
Vecchi cavalieri; e su di loro il vento del mare canta
Stridulo, freddo, con spruzzi di schiuma."
Abbiamo visto il luogo di sepoltura di Andrea Doria a Genova, ma qui la sua attività è ricordata da una torre che fece costruire come protezione contro i
corsari e che ora è usata come scuola per i bambini dei pochi poveri pescatori - i soli abitanti di questa abbazia un tempo prospera.
Se non fosse per l'orribile stucco che ha ultimamente deturpato la fronte dell'edificio, S. Fruttuoso sarebbe stato un luogo ideale per un artista, in cui
trascorrere alcuni mesi invernali. La locanda è sicuramente una delle più umili: sebbene il cibo consista principalmente di pesce e maccheroni, nel suo genere è
buono e sano.
(continua)