Testata Gazzetta
    Pezzi di storia

Tigullio invernale
di Salvator Gotta

Il Mare – 8 gennaio 1955

Superata l'erta dì Ruta dopo San Lorenzo, là dove comincia ad apparire il Golfo Tigullio, dall'alto, ogni traccia d'inverno svanisce, come per incanto. E' sempre un poster effetto strano passare d'improvviso da uno spettacolo di natura arida e brulla, nervosa e brumosa, a quello dei colli sempreverdi che cingono questo mare sereno.
Appena la macchina corre giù per la discesa tutta svolte verso Rapallo (non è possibile non correre perché prende quasi una smania di tuffarsi nel verde) subito appaiono le pareti delle casette fiorite di violacee bouganvillee. Il giallo delle mimose fa stupire un po' meno, per quanto sia sì tenero: vista correndo la mimosa appare, più che un fiore, aria colorata. Vi sono tante macchie intense, vive, di veri fiori concreti, carnosi, insultanti il mortifero inverno che ha spruzzato di neve anche i monti in corona attorno al Golfo, lontani.
Bello quel bianco, sulle creste frastagliate dello sfondo del cielo: ma è pura visione, puro ricordo dell'inverno che imperversa sulle città e sulle pianure settentrionali e fors'anche in tutta la penisola. Il Tigullio ne è salvo: e questo è importante. E questo senso di essere in salvo dall'inverno traspare sul volto di tutti i forestieri, di tutti i villeggianti che via via s'incontrano di mano in mano che si scende verso il litorale.
I caffè sul lungomare di Rapallo hanno i loro tavolini fuori, sul marciapiede: la gente che passa è lenta e beata: i bimbi tenuti per mano dalle istitutrici saltellano: qualcuno è salito sul muricciolo a guardare i pescatori che pescano con la lenza, tra i roccioni. Il ritmo della vita qui s'allenta subito: della pace, gli occhi sono i primi a percepire il ritmo sereno: veramente la pace, la gioia entrano nei sensi e nello spirito anzitutto dagli occhi. Ed è perciò che chi è appena arrivato guarda tutto, con stupore, quasi che il paese appaia affatto nuovo anche nei suoi aspetti più noti. E allora si va, guidati unicamente dalle emozioni visive, come in un fantastico giardino. Sulla strada di Zoagli alta sui dirupi, tra i pini, fra le tante s'aggiunge pure la emozione del vasto cielo marino, che all'orizzonte traluce di speranze festose, quasi un presagio di sole.
E' l'ora del tramonto, ma laggiù pare che albeggi, e allora questo perdersi tra i punti cardinali è un poco come un vaneggiare per ebbrezza. Si scende a Chiavari, si corre a Lavagna, a Cavi, lungo la rena schiumosa, fino a Sestri vigilata dalla sua penisola romantica, si torna indietro per la paura che fa il Bracco, desolante e desolato, anch'esso nevoso. No, noi si resta nel Tigullio, oasi invernale o autunnale a piacimento: certo immune dall'inverno.
E' l'ora in cui le ville vivono la loro maggiore intimità: i camminatori, i giocatori di tennis e di golf ritornano affamati: i salotti hanno già tutte le lampade accese: i giocatori di carte perdono il filo delle loro profonde meditazioni, qualcuno si distrae fino al punto di venir consigliato d'abbandonare il panno verde per entrare nel gruppo ove si ride, si preparano i cocktails, si discute a piena voce. Le ville al mare sono più confortevoli d'inverno che non d'estate: in parecchie si conosce perfino la gioia dei libri: quantomeno se ne parla, il che è già molto.
A Santa Margherita tornano le paranze dal mare aperto. Tornano in tutte le stagioni, alle cinque di sera, ogni giorno, forse da sempre, sagomate adesso come per l'addietro, nei secoli.
Il mare privo di vele da diporto lungo il giorno forse appare un po' triste per contrasto. Ma a sera tornano le paranze dei pescatori, a due a due, e diffondono un senso di intima pace, quasicché siano attratte dai pallidi lumi, dalla gioia che si raccoglie in tutte le case sparse sui versanti delle colline giù fino al mare, nell'ora che il giorno va verso l'ombra, e la luce del cielo, specie al largo del Golfo, dura ancora. panorama
In fondo al porto, lungo la calata, si scarica il pesce e, così fresco ancor vivo, ha tutti i colori lucidi e freddi, tutte le iridescenze, tutto il mistero della vita subacquea. Un vecchio compie gravemente la stima del prezzo, quindi le ceste passano sui viscidi banchi dei rivenditori. Una folla d'acquirenti, fra cui i buongustai di passaggio che s'affannano a scegliere e si portano via il pacco, felici più che se portassero a casa un pacchetto di «azioni».
La strada che va da S. Margherita a Portofino è una delle più belle del mondo. L'aria è tepida e ferma, il mare viene a frangersi lì sotto le scogliere, amico festoso come il tuo cane quando ti viene incontro sul confine della tua terra. Non so quale altro paese di mare abbia una vegetazione così ricca e varia, sempre folta e sempre verde. Camminare significa addentrarsi in un mistero di svolte pittoresche, di sinuosità della costa, quasi religiose d'intimità, di luci e di colori sorprendenti. Il marino e il selvatico s'allacciano e si fondono come un fauno e una sirena. Si va verso la gioia primitiva delle origini, poche case, un castello medievale erto su uno sprone, una terrazza che pare il ponte di comando di un'immensa nave. Ed ecco l'ultima ansa, vasta, chiusa dalla penisola che ha la forma di un delfino tutto fuori ma tutto basato sull'acqua. Sulla piazzetta del paese i marinai hanno tirato in secco le barche e fra esse sostano sereni e silenziosi: una campanella spande nell'aria dolce i rintocchi della Benedizione.
Verrà l'estate coi suoi bagnanti seminudi, con le folle ebre di sole e di mare, coi suoi canti e le sue notti festaiole nei ritrovi eleganti del Golfo. Ma non meno ricco di fascino è l'inverno del Tigullio senza neve e senza freddo. Gioia di non essere in troppi a spartirsi la bellezza: bei grigi di cielo laminato di luce all'orizzonte: cerchio stretto di abitudini che obbligano a cercare la fratellanza degli umili: bisogno d'intimità che induce a meditare al di là della vita relativa: e soprattutto il sole, che vince i grigiori, le pioggerelle passeggere, e irrompe sul monte e sul mare anche d'inverno, sole d'Italia senza pari stupendo.

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