Le Vie d'Italia – novembre 1938
Bella e degna quest'annuale celebrazione - voluta dal Regime - dei Grandi Italiani appartenenti alle diverse regioni! Si cominciò nel 1936 coi Grandi Campani; si
continuò nell'anno successivo coi Sardi; si svolge quest'anno il ciclo celebrativo con la rievocazione dei Grandi Liguri. La Patria pensa ai vivi e si preoccupa
dell'avvenire, ma non dimentica i suoi figli migliori che la servirono nel passato e ne ingrandirono la fama nel mondo.
La Liguria, serrata com'è fra rocce e mare, ha sempre obbligato i suoi abitanti, marinai o contadini, ad una vita dura, poiché la sua terra è in gran parte arida ed il mare occorre dominarlo per strappargli i suoi tesori. Il carattere de' suoi abitanti s'è formato così a questa diuturna lotta: volontà dura di chi usa far del rischio la condizione consueta dell'esistenza; spirito meditativo, chiuso ad ogni facile espansione, di chi, quasi inconsciamente, è portato a considerare la ponderata preparazione come indispensabile condizione alla buona riuscita d'ogni umana impresa. Audacia, quindi, non mai avulsa da una ponderazione pacata è il carattere precipuo dei Grandi Liguri, si chiamino essi Cristoforo Colombo o Giuseppe Garibaldi, Giulio II o Giuseppe Mazzini, Niccolò Paganini o Raffaele Rubattino, Andrea D'Oria o Nino Bixio; carattere che ritroviamo nelle famiglie della Superba che diedero grandi navigatori, capitani valorosi e geniali, uomini politici e principi della Chiesa, letterati ed artisti, giurisperiti e poeti. Dal ceppo di ognuna di queste grandi famiglie, che portarono la Repubblica di Genova ai sommi fastigi della potenza, troviamo discendenti che furono ammiragli, condottieri, viaggiatori, diplomatici, oratori sacri, letterati: è il caso degli Adorno, Balbi, Brignole, Centurione, Cibo, De Mari, Fregoso, Giustiniani, Grimaldi, Imperiali, Lercari, Pallavicino, Sauli, Serra, Spinola, insomma delle più notevoli famiglie genovesi.
Si può affermare che in ogni campo dell'attività umana il ligure ha lasciato un'impronta incancellabile; non è quindi agevole rievocare succintamente, come pur qui si deve fare, i suoi fasti, quando si pensi che ha dato, con Pertinace e Procolo, due imperatori a Roma; alla Chiesa ben nove pontefici, tra i quali Sisto IV e Giulio II, fra i maggiori che essa ebbe; ed una schiera di grandi navigatori e condottieri. L'impresa di Cristoforo Colombo non fu, come ognun sa, una azione isolata, ma ebbe precursori e degni continuatori in Ugolino e Vadino Vivaldi, in Antoniotto Usodimare, Sebastiano Caboto, Lanzerotto Malocello, Nicolosio da Recco, Emanuele Pessagno, Leone Pancaldo, per ricordare soltanto i maggiori. Fra i condottieri e grandi ammiragli, accanto ad Andrea D'Oria e ad Ambrogio Spinola, stanno Guglielmo Embriaco, Simone Boccanegra, Luciano Doria, Corrado Spinola, Biagio Assereto, Pagano D'Oria, Giovanni Andrea D'Oria, Ottaviano Fregoso, Agostino Spinola, Pietro Campofregoso, Federico Spinola, Simone Vignoso, Megollo Lercari, Lamba D'Oria, la fama dei quali è affidata ad opere che hanno del portentoso, essendosi misurati in competizioni vittoriose con i più grandi capitani dei maggiori Stati del mondo.
Sin dal secolo XI, com'è risaputo, essi posero le basi del loro dominio coloniale in Oriente: gli Embriaci, i Cattaneo, i Moresco furono i creatori di questo
dominio, cui seguirono, segnalandosi in azioni belliche per conservarlo ed ampliarlo, Francesco e Niccolò Gattilusio, Mernaldo Spinola, i Ghisolfi, i Demarini, ed
infine, coll'acquisto dell'isola di Tabarca, nel 1547, Francesco Grimaldi e Francesco Lomellini.
Ma non soltanto nelle arti della guerra e nel dominio dei mari vicini e lontani si esplicò l'operosità ligure; in contrapposto agli uomini d'azione abbiamo una
fioritura, forse unica in Italia, di grandi spiriti dedicati all'ascetismo ed alla filantropia. Ricordiamo Santa Caterina Fieschi, una delle figure più fulgide
della Chiesa, e S. Leonardo di Porto Maurizio; fra i laici, per primo, Ettore Vernazza, il creatore, nel 1500, dell'Ospedale degli incurabili in Genova, di un
Lazzaretto e, può dirsi, delle prime scuole per l'infanzia; Vittoria Strata Fornari, creatrice di un nuovo istituto religioso; Virginia Centurione Bracelli,
fondatrice di un ospizio per donne traviate; Lorenzo Garaventa, istitutore nella Superba delle scuole pubbliche di carità verso la metà del secolo XVIII; la
venerabile Battista Vernazza, donna di alta cultura e di squisita filantropia, che diede il suo nome ad un Monastero; Bartolomeo Bosco, fondatore, nel 1420,
dell'Ospedale di Pammatone, uno dei più grandi e meglio dotati dell'Italia d'allora; Eugenio Fassicomo, apostolo di carità, fondatore anch'egli della Casa dei
Derelitti. Ricorderemo per ultimo Gerolamo Gaslini, che ha donato, nell'anno XVI [dell'era fascista (1938), alla Superba, uno degli stabilimenti sanitari
più importanti del mondo con l'Istituto Pediatrico dedicato alla memoria della figlia Giannina.
Le scienze morali e storiche, la poesia e la letteratura ebbero cultori sagaci che non debbono essere dimenticati. Già nel secolo XII, nel più florido periodo della storia genovese, lo splendore della potenza militare e civile trova riscontro, nel campo della cultura, nella gloriosa schiera degli annalisti, il primo dei quali, Caffaro, non ha necessità di essere illustrato. Degno di nota è specialmente l'ultimo di essi, Jacopo D'Oria, insieme ai trovatori Percivalle D'Oria, Lanfranco Cicala, Lucchetto Gottilusio e Folchetto, noto come oriundo di Marsiglia, ma che è, invece, genovese. Sono pure da ricordare il beato Jacopo da Varagine e, assai più vicini a noi, Paolo Boselli, Tomaso Belgrano, Cornelio De Simoni, Achille Neri.
La poesia è ben rappresentata da Gabriello Chiabrera e da Innocenzo Frugoni. Il primo, savonese, il maggior poeta secentesco dopo Giambattista Marino, aveva, secondo il costume del tempo, uno smodato amore di novità; egli stesso soleva dire che, come Cristoforo Colombo, «voleva trovar nuovo mondo o affogare». L'opera, cui egli credeva di aver affidato il suo nome, la lirica pindareggiante, nella quale precorse gli esperimenti carducciani, è povera di valore artistico; quella invece leggera, anacreontica, le canzonette dai congegni metrici ronsardiani o di nuova ideazione, si fanno notare per la freschezza, il brio, la spontaneità dei soggetti.
Quando al formalismo vano e retorico del Seicento l'Arcadia reagì, in nome della natura e della semplicità, uno dei maggiori arcadi fu un genovese, Innocenzo Frugoni. A Parma, ove egli rimase per quasi tutta la vita, tenne, per più di un decennio, il primato fra i lirici italiani. Per la sonante e feconda prontezza nel dir tutto in versi e per lo splendore che gli veniva dall'essere il poeta ufficiale di Parma, l'Atene dell'Italia d'allora, segnalato da Saverio Bettinelli come modello della nuova poesia.
I poeti che precedettero o seguirono questi due astri, sia Bartolomeo Falamonica, fiorito nel sec. XV, o Gian Carlo Di Negro o Antonio Costa e Antonio Crocco nel secolo XIX, non superarono i limiti della mediocrità, mentre un posto a sé ha l'aedo d'Italia, Goffredo Mameli. Fra i contemporanei dobbiamo segnalare Angiolo Silvio Novaro e Ceccardo Roccatagliata Ceccardi.
Ben più numerosi sono invece i poeti dialettali degni di nota: accanto ai maggiori, Martin Piaggio e Niccolò Bacigalupo, abbiamo l'Anonimo Genovese, Barnaba Cicala
Caserio, Paolo Foglietta, G. Giacomo Cavalli, Luca Assarino, Stefano de Franchi, Luigi Pedevilla e Carlo Malinverni.
La prosa narrativa e la critica letteraria sono degnamente rappresentate da Anton Giulio Barrili, G. P. Vieussieux, Edmondo De Amicis, G. B. Spotorno e Raffaele
Sopranis; la sociologia da uno dei migliori scienziati dell'età contemporanea, Vilfredo Pareto; l'economia politica da M. Cevasco, Giuseppe Papa, Giovanni Antonio
Papa, Gerolamo Boccardo, Jacopo Virgilio; la scienza delle finanze da Luigi Corvetto e da Vincenzo Ricci; l'industria e la banca da Raffaele De Ferrari duca di
Galliera, da Raffaele Rubattino, da Giovanni Ansaldo, dai fratelli Rocca, da Luigi Bartolomeo Migone, dai Piaggio, dai Raggio, dai Bombrini e dai Balduino; i
precursori coloniali da Giuseppe Sapeto, Antonio Figari, Raffaele Rubattino, Paolo della Cella.
L'arte figurativa genovese non ebbe artisti sommi e i maggiori di essi, per esempio Galeazzo Alessi, non nacquero in Liguria. In parte ciò si deve alla posizione geografica, che sempre fece di Genova il famoso «porto di mare pittorico», e le assegnò un carattere decorativo ed eclettico. Il più grande pittore ligure è Luca Cambiaso, fiorito nel 1500, prodigioso decoratore di palazzi e ville, tanto veloce esecutore d'opere da essere considerato ambidestro. Iniziatosi, dopo la sua morte, l'influsso della scuola fiamminga, operarono nel nuovo clima non pochi pittori, tra i quali Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino genovese, è il maggiore. Nelle sue opere, tipica la Cuciniera, sono fusi elementi caravaggeschi e vandichiani. Accanto al Cambiaso ed allo Strozzi son meritevoli d'essere segnalati il capo scuola dei manieristi, Bernardo Castello; Gio. Andrea Ansaldo, il quale con Domenico Fiasella è tra i migliori frescanti dell'età sua; Alessandro Magnasco, uno dei più notevoli pittori del sec. XVIII, precorritore dei tempi per sano realismo; Valerio Castello, compositore impetuoso; Gioacchino Assereto, fra i più forti costruttori in arte; ed infine i paesisti, animalisti e ritrattisti Sinibaldo Scorza, Antonio Travi detto il Sestri, C. A. Tavella, il Grechetto, G. B. Carbone e Gio. Benedetto Castiglione. Del secolo XIX ricorderemo Niccolò Barabino ed Ernesto Rayper.
L'architettura - di cui la Superba ha opere insigni - è ben rappresentata da Daniele Casella, che visse ed operò a Genova, pur non essendovi nato, nella prima metà del sec. XVII; da Bartolomeo Bianco, della prima metà del '600; da Vincenzo Maculano, dello stesso periodo, e da Carlo Barabino, che fiorì nella prima metà dell' '800.
Fra i musicisti ci sia concesso ricordare uno solo che in sé assomma tutte le virtù dei predecessori e di quelli che lo seguirono: Niccolò Paganini, per il quale
«verba desunt» [mancano le parole].
Nel giure, tra Jacopo d'Albenga e Federico Paletta, accademico d'Italia, trovano il loro degno posto Giuseppe Casaregis, Cesare Cabella, Lorenzo Montaldo. Le
scienze esatte hanno avuto cultori insigni in G. T. Cassini, Giovanni da Vico, Marcello Durazzo, Andalò De Negri, Paolo della Cella, G. B. Baliano, Paride Salvago e
Domenico Viviani.
Grandi figure storiche ha, infine, dato la Liguria nel periodo del Risorgimento italiano: dall'ignoto giovinetto, il Balilla, che diede inizio alla prima insurrezione italiana popolare contro lo straniero, nel 1746, a Nino Bixio, abbiamo uomini della statura di Giuseppe Mazzini, di Giuseppe Garibaldi e di Goffredo Mameli, che grandeggiano nel secolo più glorioso della storia d'Italia. Ad essi fanno degna corona gli eroi delle ultime quattro guerre della nostra generazione, da Antonio Cantore, medaglia d'oro della guerra 1915-1918, a Renzo Righetti, pure medaglia d'oro, eroicamente immolatosi in Etiopia alle fortune d'Italia, per la conquista dell'Impero.