Villa Durazzo fu costruita nel 1678 in località "in Fiesco" da Gio. Luca Durazzo, sullo stesso sedime di una dimora fortificata dei Chiavari che i Durazzo
avevano acquistato nel 1642: i lavori furono affidati all'architetto Pier Antonio Spinato.
La villa rimase proprietà dei Durazzo fino al 1821, quando fu venduta alla famiglia Centurione Scotto, che, alla fine dell'Ottocento, la cedette in locazione ai
Maragliano. Questi, già proprietari del Bellevue, primo hotel in città, nel 1892 la trasformarono in Grand Hotel.
Nel 1919 Giulio Centurione, forse a seguito di una crisi finanziaria, vendette la proprietà alla Società Unione Fondiaria di Alfredo
Chierichetti1.
Negli anni '20 l'Unione Fondiaria suddivise l'ampio possedimento in lotti e predispose la pubblicazione che segue per promuovere le vendite.
Chi volendo evadere dalla grigia morsa degli agglomerati urbani, giunge a Santa Margherita senza conoscerla, può supporre a tutta prima di non aver affatto fuggito
la "città", poiché ciò che vede intorno a sé non ha davvero un'aria rustica, un'impronta campagnuola. C'è un marchio garbatamente cittadino, in questa stazione
ferroviaria, anche se l'adornano le ospitali poltrone di vimini e la ingentiliscono i fiori. Quel sottopassaggio, costruito di recente per agevolare l'esodo dei
viaggiatori, è un attributo signorile che sempre più allontana l'idea che Santa Margherita sia un umile villaggio. No, è chiaro ch'essa tiene a presentarsi in
decorosa veste, cancellando le tracce della modesta origine per sostituirvi un'acconciatura più intonata alla moda e più rispondente ai gusti degli ospiti del
nostro tempo.
Poltrone e fiori, dunque, e mattonelle lucide nello sfavillio della luce elettrica. E questi palazzi, questi blocchi di cinque o di sei piani, questi casamenti
forniti d'ascensore, che si parano a salutarci sulla prima strada e si moltiplicano sulle altre e somigliano del tutto a quelli che si pavoneggiano in altri borghi
della riviera e che imperano in Genova come in altre città? Vuol dire allora che anche Santa Margherita è, né più né meno, una città come tutte le altre?
Basta alzar gli occhi per convincersi che non è così. Anzitutto questo color di cielo, caldo, azzurro, festoso, parla ai sensi e all'anima il linguaggio di una
Natura privilegiata, d'un clima diverso, che ci penetra di gaiezza, che ci fa godere la pienezza del vivere. Il fardello delle consuete mestizie noi lo deponiamo
alla soglia di questo magico regno, per procedere in esso subitamente alleggeriti come da un prodigioso lavacro.
Miracolo d'un limpido cielo e d'un panorama che si giova degli elementi più opportuni per acquistare vaghezza di linee, rilievo di forme, prestigio d'effetti.
Santa Margherita giace tra il monte e il mare, e l'uno e l'altro l'incorniciano con la loro bellezza differente. A tergo si levano e galoppano le colline, nel
giuoco delle creste, dei ridossi, dei contrafforti. Arco maestoso e molteplice, che sembra muovere dal ceppo massiccio di Portofino per cingere e proteggere il
gentil paese in un amoroso amplesso. E sulle falde morbide, sui clivi, sulle groppe, prorompe un denso rigoglio floreale: un verde manto, tra cui biancheggiano le
ville. Ma quante! A piccoli gruppi, a schiere, sparse, isolate, esse costellano l'anfiteatro sino a mezza costa, tutte volte al sole che le fa luminose e allegre.
Questo stupendo belvedere domina il Golfo Tigullio nella lucente armonia delle sue curve, ampie e spiegate verso il levante, sino alla Punta Manara; più
frastagliate di seni e speroni verso il sud, sino alla Punta di Portofino. Lo specchio azzurro s'allarga spaziando all'orizzonte, dove il golfo si sperde nella
vastità solenne del Tirreno, ed è ben lui, il mare, il protagonista di questa scena. La sua presenza è il motivo che signoreggia questa sublime sinfonia naturale
che è il paesaggio di Santa Margherita: il suo canto centrale, il suo perno calamitato, verso cui tutto si orienta e s'intona, nella musica che s'espande dal
litorale alle colline, come salendo verso la plenitudine celeste.
Il paese si tien fidente sulla riva per esser più vicino al suo signore, e lo segue a filo sul cammino senza perderne un passo, e si attruppa, si assiepa si
alza sulla punta dei piedi per vederlo bene. Ma è poi un paese o non piuttosto una città? Il dubbio ancor mi assale di fronte a certe strade contegnose e a certi
edifici che sfoggiano un tal qual sussiego. Però le vecchie case s'appiccicano tutt'ora e s'innestano qua e la alle nuove costruzioni, agli alberghi eleganti, e le
botteghe all'antica dan di gomito talora ai negozi moderni, ai caffè, ai bars. Certo vi son strade da città, ma, a internarsi appena, si ritrovano i vicoli alla
buona, le vie coi portichetti, le rampe, le gradinate della Santa Margherita di una volta, del villaggio marinaro che si stringeva intorno alla Chiesa, e a ridosso
del Castello, e non è senza un segreto piacere che si osservano queste tracce del passato, per le quali il luogo conserva un po' del suo carattere schietto, della
sua fisionomia paesana.
Il gusto nuovo, la moda corrente, ha potuto imporsi sulla facciata a mare, sebbene in un modo che non urta, perché i riformatori hanno agito con encomiabile
discrezione. La via Pescino, che ricorda l'antico nome del borgo - derivato dal latino Pixinum - è insieme la balconata e il ritrovo, la terrazza e la
passeggiata a fior di spiaggia. Qui, nella stagione estiva, germoglia l'effimera cittadella balneare, fatta di baraccamenti e di capanni, di cabine e di ombrelloni
che si contendono l'avaro lido. Nelle altre stagioni s'allineano sulla sassaia le barche dei pescatori e il quadro non è perciò meno pittoresco. Sul bordo è un
seguirsi di giardini per i quali si è utilizzato ogni angolo disponibile, costruendovi aiuole, piantandovi filari di palme e piante da fiori e collocandovi
panchine.
I segni dell'eleganza più ardita son dati da un vistoso chiosco di libri e giornali e da un palco coperto per la musica. Ma non vi mancano i segni dell'arte e i
tributi della ricordanza, in una serie di monumenti che si susseguono a nobilitare le verdi aiuole con le bianche figure di Cristoforo Colombo, di Garibaldi, di
Vittorio Emanuele II, e a quest'ultimo fa degna compagnia il severo monumento ai Caduti, scolpito dal Canonica.
L'ampia passeggiata a mare, sulla quale prospettano i migliori ritrovi pubblici, è il convegno abituale dei sammargheritesi e degli ospiti. Un viavai di
automobili, di carrozzelle, di pedoni, un continuo annodarsi e snodarsi di gruppi, di coppie, di comitive. E' lì che s'intrecciano in vera pace tutte le nazioni e
che s'incrociano tutte le lingue, senza esclusione dei dialetti. E tutta la vita di Santa Margherita si concentra e si svolge su quella chiara e gaia strada in
faccia al mare.
Essa vien da Rapallo e prosegue oltre la Via Pescino, oltre i giardini; varca la punta su cui procombe col suo modesto torrione e con le sue garitte il vecchio
Castello - monumento nazionale - e s'incurva a lambire la frazione di Corte, che fu un tempo paese distinto e contrastante con Santa Margherita e oggi porge la
schiera delle sue bonarie case a sfondo del porto che un lungo molo sbarra e protegge facendo sicuro il suo largo e calmo bacino. Non ha piccola importanza, se al
tempo del "fatal Corso" esso valse a ribattezzare il paese con il nome di Porto Napoleone, ed è del resto fuor di dubbio che sempre i sammargheritesi ebbero fama
d'arditi ed esperti uomini di mare, particolarmente provetti nella pesca del corallo. Era questa, anzi, la loro risorsa migliore, sino al finir dello scorso secolo,
e dalla primavera a l'autunno le loro barche disertavano il paese per scandagliare le coste meridionali di Francia, e quelle di Corsica e Sardegna e giù giù
spingendosi alle prode d'Algeria, a raccogliere la ricca preda. E se quella balda e pugnace attività è oggimai decaduta senza che se ne scorga indizio di riscossa,
è rifiorita in cambio una leggiadra industria che qui prosperava anche nei lontani secoli, vantando una lunga tradizione d'onore: quella dei merletti. L'artigianato
femminile, raccogliendo l'antico retaggio, lo ha ricondotto alla luce con una specie di amabile civetteria; le fabbricatrici di pizzi disdegnano le ombre casalinghe
e, obbedendo fors'anco all'invito irresistibile del sole, lavorano all'aperto, così che ovunque si vedono donne, giovani e vecchie, occupate al tombolo: sulle
soglie delle case, in riva al mare, sulle erte, sotto i portici, presso le chiese, come devote d'una religione di grazia, sicuramente cara alla Madonna ed alla
Santa che ha legato il suo dolce nome al paese: Santa Margherita, Vergine e Martire d'Antiochia che divenne Santa Margherita del Pescino allorché l'umile borgo
ripudiò la fede pagana per consacrarsi al culto di Cristo e là dov'era il tempio degli antichi Dei fece sorgere una chiesa dedicata alla Patrona e via via la
abbellì, la rinnovò così che ora, nel cuore del paese, la collegiata di Santa Margherita si leva pomposa di colonne e di statue, splendente di dorature, doviziosa
di quadri, di reliquie, tra cui una vetusta e preziosa urna cineraria dell'età romana.
Le chiese, per solito, sono edifici dominanti, ma a Santa Margherita c'è un edificio che, senza essere un tempio, domina tutto il paese. E' la Villa Centurione, che
spicca imponente in cima a un poggio, ergendosi con la sua policroma massa architettonica dal folto di un sontuoso parco. Una villa? Piuttosto un palazzo, un
monumento, un gran blocco quadrato, maestoso insieme e vivace per la varietà dei colori che risaltano sui suoi quattro piani, emergenti dalle bianche balaustre dei
terrazzi che lo cingono da ogni parte consentendo la vista sui diversi scenarii del golfo e delle montagne.
L'edificio ha una linea che richiama certi palazzi genovesi e che rivela a chiari segni l'autore: Galeazzo Alessi. Fu infatti questo insigne architetto che, or
son poco meno di quattro secoli, costruì la villa per la illustre famiglia Durazzo, a cui essa appartenne sino al secolo addietro, allorché passò ai Principi
Centurione. Villa principesca veramente, e per la sua mole e per la ricchezza dei vastissimi ambienti decorati con squisito senso d'arte.
E intorno, come ad arboreo sostegno del blocco monumentale, s'intreccia la ghirlanda del parco che copre tutta la vasta estensione del poggio e dalla base alla
sommità è tutto una meraviglia di viali, di rampe, di gradinate e cordonate serpeggianti tra fitti filari di gigantesche palme, d'alti e cupi cipressi, d'agavi, di
cacti ed altre piante nostrane ed esotiche, in una profusione di tronchi e di ramaglie che qua e là s'aggrovigliano in poderosi viluppi e danno la vaga e gradevole
idea d'una foresta tropicale.
E' come un mondo a sé, un'oasi appartata. La reggia che si aderge altera e solitaria lassù, tiene un po' a distanza le ville che le appartengono, le ville
dipendenti, sorte nell'orbita stessa del suo parco.
A questa principesca proprietà si connette il vasto organismo della Società Anonima Unione Fondiaria di Milano che da parecchi anni è alla testa delle
principali iniziative atte a favorire lo sviluppo edilizio e l'incremento turistico di questa privilegiata stazione climatica della riviera ligure. E proprio nelle
adiacenze di questo parco incantevole l'Unione Fondiaria sta ora dando vita ad una nuova iniziativa edilizia a base di ville e giardini, creando un nuovo, gaio e
signorile quartiere composto di piccole e grandi proprietà armoniosamente sistemate con un unico criterio informatore, cui è stato posto il nome di:
E' la presenza d'una norma direttiva razionale che lascia presagire il buon esito dell'iniziativa, la quale risponde a un desiderio, o per dir meglio ad un bisogno
largamente sentito nel paese, ove ormai si lamenta la penuria di alloggi moderni. D'altronde la scarsità d'aree fabbricabili è comune in quasi tutta la Liguria e
particolarmente nel Golfo Tigullio, mentre esso è così avidamente frequentato ed apprezzato per la sua incomparabile bellezza, da Italiani e da stranieri. E' però
ben nota l'ingegnosità paziente dei liguri per sopperire all'avarizia del suolo natio. Si può dire ch'essi han saputo far nascere i fiori dalle rocce e le case dal
deserto. L'opulenza attuale della magnifica riviera è il risultato di un meraviglioso lavoro, di una fatica millenaria. A furia di gradinate, di terrazze, di
ripiani, si son fatte germogliar le aiuole, si son fatti crescere i paesi, si son fornite le basi per il moltiplicarsi delle costruzioni d'ogni sorta. Genova
stessa, nei suoi rioni più recenti, è un esempio di quest'opera ardimentosa che ha trionfato d'ogni ostacolo vincendo la natura medesima. E in modo analogo Santa
Margherita, vogliosa d'espandersi, avrà presto un suo nuovo e ridente rione, guadagnando lo spazio alla montagna: quella montagna che, a differenza di molte altre
della Riviera, non è uno spelacchiato baluardo irto di rocce, ma si presenta con l'ilare veste di una rigogliosa vegetazione. E' un vantaggio questo, che trae
origine da una speciale condizione d'ambiente, poiché la chiostra delle colline, riparando la conca dai venti, vi determina e vi mantiene un clima d'una mitezza
deliziosa, così che anche d'inverno Santa Margherita gode d'un tepore soave ed è anzi questa la sua stagione di più vivo richiamo, che fa preferire il suo
incantevole soggiorno.
Un altro e importante requisito del luogo consiste nella abbondanza e facilità di comunicazioni. Per Genova, Santa Margherita costituisce una meta che si
raggiunge più agevolmente che non la periferia della città. Andar da Genova a Santa Margherita è infatti l'affare di mezz'ora, sia che ci si valga dell'automobile
per la pittoresca strada costeggiante il litorale, sia che si usufruisca dei numerosi e celeri treni elettrici. Ma il sistema ferroviario non si limita ai rapporti
con Genova. In gran parte elettrificato, esso interessa e serve una vasta zona, in cui Santa Margherita è un punto di passaggio, una stazione ben allacciata e ben
servita, alla quale sostano non solo i treni ordinari e locali, ma tutti i direttissimi. E' perciò che Santa Margherita Ligure offre una rara comodità di accessi e
di dislocazioni, distando otto ore di treno da Roma, tre ore e mezzo da Milano, e tre ore e un quarto da Torino, quando, naturalmente, si ricorra ai servizi più
rapidi, ai treni più veloci, alle corse più spedite. Questo spiega, del resto, come la piccola e squisita città-giardino della nostra Riviera di Levante sia
prediletta da tanti lombardi e da tanti piemontesi, e lascia intendere come il sorgere di un nuovo ed elegante quartiere moderno appaia pienamente giustificato e
sia destinato a incontrare la miglior fortuna.
L'aver parlato di montagna può far supporre che questo quartiere stia per formarsi chi sa dove e che per raggiungerlo bisogni arrampicarsi chi sa quanto. No.
L'accenno alla Villa Centurione indicava già di per sé che non si richiede un lungo cammino. Il quartiere, infatti, ha la sua sede a pochi passi dalla villa, il che
vuol dire ch'è appena fuori dal paese, quel tanto che basta a distaccarlo dal grosso dell'abitato perché respiri meglio e goda la bella vista. Si capisce che non
giace tutto sul livello del mare, ma non se ne solleva neppur tanto da esigere uno speciale allenamento alpinistico. Son quindici, venti metri di quota:
un'altitudine dunque, che non può certo allarmar nessuno e che d'altronde è sufficiente a consentire una completa e consolante visione panoramica.
Staccato e pur vicino al paese e vicino al mare, giusto alle spalle della spiaggia di Corte, ossia a tergo del porto, in un anfiteatro naturale della collina
che sembra fatto apposta per una realizzazione edilizia snodata e senza sopraffazioni, poiché il terreno a gradinate permette di distribuire le costruzioni a
livelli differenti, di modo che l'una non possa danneggiare la libera visuale dell'altra, mentre nessuna grave stonatura potrà verificarsi essendo prevista soltanto
la costruzione di ville e villette di tipo signorile, circondate da giardino e ispirate tutte, anche le più piccole e modeste, ai dettami di una sobria eleganza.
La zona risulterà divisa in lotti di diverse dimensioni che la Società offre in vendita lasciando agli acquirenti la cura di provvedere alle costruzioni. Essa
cede, insomma, il terreno servito da ampie e comode strade carrozzabili tracciate ed eseguite secondo i più moderni criteri di viabilità, mentre il Comune dal canto
suo assicura i pubblici servizi collettivi necessari alle sorgenti abitazioni, tra cui l'illuminazione e l'acqua potabile, tutto in base ad un piano accuratamente
studiato in tutti i particolari ed ormai prossimo alla completa realizzazione.
La chiesa più importante che sorge a lato del nuovo quartiere è quella di San Giacomo di Corte. Ma non è lontana quella di San Francesco ed anzi il nome del
Poverello d'Assisi è stato attribuito al primo tratto della nuova strada, compiuto per l'appunto nell'anno del centenario francescano. L'arteria parte dal nucleo
litoraneo di Corte e inizia la rete stradale che cinge e interseca il quartiere-giardino.
La via San Francesco d'Assisi segna e percorre la parte inferiore della zona e forma una specie di ansa racchiudente un'area destinata alla sistemazione di due
campi di tennis col relativo padiglione di servizio. Da esso si dirama un'altra strada, che risale il declivio della conca e ne lambisce la cornice. E' larga sei
metri e la delimita un marciapiede d'un metro verso la fronte a mare, provvista d'un muricciuolo di parapetto, mentre il margine a monte è rafforzato da opportuni
muri di sostegno, fatti di buona pietra ricavata dai frequenti e non lievi scavi e tagli e sterzamenti che durante il lavoro si son resi necessari per assestare il
terreno, sagomato a gradini e terrazzi come usa in Riviera, e per toglierne in parte vecchi e grossi ulivi che ingombravano il cammino. Ne son però rimasti ancora
in numero più che bastevole per dare alla località un principio di corredo arboreo, e per il resto potrà giovare anche il vivaio di palme, di cipressi e d'altre
piante pregiate che l'Unione Fondiaria ha stabilito ai piedi della collina per fornire il conveniente sussidio di flora agli abitatori del quartiere.
A dare un'idea di come si presenterà il nuovo quartiere allorquando ville e villette saranno venute ad occupare i singoli appezzamenti, sono già sorte nella
zona varie ville private assai graziose, armonizzanti con la natura che le circonda e taluna delle quali, come la Villa Nike, la Villa dei Pini, la Villa S. Giacomo
e la Villa degli Olivi, veramente notevole per la linea architettonica, avanguardia e presagio della schiera a venire.
Al centro del quartiere la strada s'incurva e raggiunge un piazzaletto, per biforcarsi mandando un ramo verso l'alto - e provvederà il Comune a farlo proseguire
sino al Santuario di Nozarego - mentre l'altro serpeggia verso il basso in modo da servire tutti gli appezzamenti, i quali son tracciati in maniera che ciascuno
abbia una fronte sul nastro stradale, così come ognuno ha assicurata la libera veduta del seducentissimo panorama.
Vedete che tutto è stato studiato, vagliato, predisposto con esperto talento organizzativo, per cui è facile presagire, al quartiere che sta maturando, una
prospera sorte. Santa Margherita vanterà con esso una gemma di più, nel serto che già la rende così fulgida ed attraente.
[U. T.]
Io vo vagando su queste strade tutt'ora vergini e su queste prode ancora un po' sconvolte dal lavorio dei costruttori e nelle quali pur s'intravede l'embrione
del nuovissimo quartiere. Lo immagino fiorito di villette e di giardini e, sì, mi figuro di avere il mio bel nido quassù, sullo spalto più elevato, o là, a
cavaliere del bivio, come sospeso sulla lieve china. Che amabile vita vi menerei, l'anima in pace, gli occhi imbevuti di visioni estasianti ! Non mi piacerebbe una
villa troppo sfarzosa. No. Una cosina comoda, con un portichetto e un terrazzo, magari una veranda e se ci sta, una torricella per illudermi di possedere un piccolo
maniero. Intorno un po' di alberi per aver dell'ombra, un po' d'aiuole per aver dei fiori e, perché no?, un pezzetto d' orto per averne le verdure. Oh, potermela
godere da Natale a Pasqua, ch'è l'epoca favorita perché in città fa freddo, e poi da Pasqua a Natale ch'è pure l'epoca assai opportuna perché in città fa caldo!
Che ci farei ? Ci vuol poco a capirlo: bagni d'estate e passeggiate d'inverno. Il mare è lì ai miei piedi, il paese è a due passi. Non ho che da scendere a
Corte per trovarmi in porto, o per piegare verso il cuore di Santa Margherita a comprarmi il tabacco e il giornale, a prendere un gelato, a salutare i conoscenti,
e, via per la strada che lievemente sale a rasentare la Villa Spinola a San Michele di Pagana, vorrei dare una capatina a quell'altra perla del golfo, a quella che
anzi chiamano addirittura la Regina del Tigullio; mi capite bene, a Rapallo, tanto vicina che non occorre davvero scomodar l'automobile, mentre è un gusto andarci
bel bello a piedi.
Se ho da dirla schietta, io preferisco sempre, quando appena posso, camminare con le mie gambe, ma non nego che sia piacevole anche il farsi ninnare con un
veicolo, e, in tal caso, meglio la vecchia carrozza che se ne va lemme lemme al trotto del cavalluccio e mi lascia contemplare a tutt'agio il paesaggio. Che c'è di
più bello, io vi domando, della strada di Portofino che si snoda lungo il mare e ad ogni tratto vi scopre uno scenario nuovo, un profilo di promontori, uno scorcio
di costiera, uno spicchio di golfo? E io piglio da quella parte e vo sereno fantasticando. - A mezza via m'arresta quello scampolo di fiordo ch'è Paraggi, così
minuscolo, così gentile, con le poche case sulla spiaggetta breve e l'acqua turchina tra le sponde a picco. E' forse questo il gioiello della Riviera, e capisco
come qualcuno abbia tentato di accaparrarselo con l'esca di un falso castello, ma in verità non c'è riuscito ed io sarei quasi certo d'aver miglior giuoco con una
semplice capanna di legno. Di sicuro ci si starebbe meglio.
Che il luogo sia molto bello me lo confermano i frati, che se ne intendono: i frati, voglio dire, della Cervara, che lì sul poggio, fuor dei piedi da tutti quanti, ma in tal positura da dominare un largo squarcio di terra e di mare, hanno piantato quel loro convento divenuto famoso per la sosta involontaria che vi fece Re Francesco I, prigioniero dopo la dura sconfitta di Pavia, ed anche per le visite di Andrea Doria, di un principe che poi divenne imperatore, Massimiliano d'Austria, di cardinali che poi divennero papi, e insomma di molti illustri personaggi, tutti del sesso forte, essendo il gentil sesso bandito dal sacro recinto, ove mai nessuna donna poté penetrare, tranne, a quel che sembra, Caterina da Siena, per l'ottima, sebbene postuma ragione, ch'era una santa. - Ancora un pezzettino di strada ed ecco Portofino, o, per esser precisi, Portofino a mare, l'antico Porto Delfino, pittoresco paese di pescatori, che si tien sotto l'ala del suo boscoso promontorio e allinea le sue casette variopinte intorno al porticciuolo. Nulla ha turbato sinora la suadente armonia del rustico borgo, se non qualche villa pretenziosa sulla punta di S. Giorgio, ma la vita segue pur anco il suo quieto ritmo patriarcale e par che a scandire il lento trascorrere del tempo s'adoprino i fuselli delle donne che fabbricano pizzi al tombolo, o i remi degli uomini che se la passeggiano in barca.
Anch'io, se il mare è calmo, amo navigare in un prudente cabotaggio, girando attorno allo sperone e costeggiando la grigia muraglia che s'immerge nelle acque
profonde, sin che v'incontro un pertugio e m'insinuo in una calanchetta che fa pensare a un misterioso speco. Qui, solitario, romito, come sperduto fuori dei
confini del mondo noto, s'annida San Fruttuoso, minuscolo paesino che custodisce la veneranda e suggestiva Badia del sepolcreto dei Doria, i più vecchi della casata
guerriera, gli avi del glorioso ammiraglio che dorme a Genova in San Matteo. A San Fruttuoso si può arrivare anche per via di terra, ma il giro è lungo e malagevole
parecchio, su e giù per i sentieri della montagna: quell'enorme massiccio che meglio si scala salendo da San Lorenzo della Costa e da Ruta, donde si perviene alla
vetta di Portofino, guarnita di sontuosi alberghi. Da Ruta è poi facile e dilettoso inoltrarsi sull'opposto versante del promontorio e visitare San Nicolò e
scendere a Camogli, caratteristico paese di marinai. Ma allora non è più una passeggiata da sorbirsi a piedi, a meno di essere camminatori per la pelle, e una buona
carrozza o una robusta automobile non disonora nessuno e fa contenti i vetturini e i conducenti.
Del resto, non c'è motivo di dar fondo in un giorno alla collana degli itinerari. La persona di giudizio se li centellina, per gustarli un po' alla volta. Io
oggi vado in un posto, domani in un altro. Faccio a dosi ragionevoli la mia cura d'aria e di sole, d'azzurro e di panorami, e in capo a poche ore son di ritorno al
centro d'irradiazione del mio turismo festaiolo; rivedo Santa Margherita, risalgo al mio quartiere, rientro nel mio guscio e se ne ho voglia ci schiaccio un
sonnellino. Poi sapete che fo? Pacifico in panciolle, la pipa in bocca, mi siedo sulla terrazza e m'incanto a guardare in giro su questo golfo divino che si stende
sotto i miei occhi, e dico a me stesso che val la pena di vivere quando si dispone d'un paradiso come questo e quando la vita si può assaporarla così.
1 Nel 1973 la Villa e il parco saranno acquistati dal Comune di Santa Margherita Ligure, che ne promosse il restauro (1995).