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    Pezzi di storia

La Madonna e la Festa delle Rose a Santa Margherita Ligure
di Arturo Ferretto

Il Mare – 11 maggio 1912

Se i vecchi Sammargheritesi nei lunghi viaggi della Toscana, della Lombardia, e del Piemonte, erano assaliti da raffiche rabbiose di vento, e loro sbatteva santino brutalmente sul volto un'ala di pioggia fredda e pungente; se pallidi e tremanti sulle tolde delle loro coralline e delle loro tartane scrutavano le nubi, che si affollavano sul loro capo; se da lungi scorgevano le triremi e le fuste del rais Dragut e dei corsari algerini, che quali sparvieri, sitibondi di preda, aguzzavano gli artigli sulle nostre piaggie, sentivano un'immensa carezza, che blandiva il loro spirito ed una voce lusinghiera, che sollevava i loro cuori alla speranza, quando chiamavano in loro soccorso la Madonna della Rosa.
Si armavano di coraggio, bevevano a sorsi il sole, che irrompeva trionfale, e col pensiero nostalgico del patrio campanile diventavano eroi.
Subentrava la bonaccia ed i corsari fuggivano, vuota stringendo la terribil ugna.

Nel libro eterno della mente possono i Sammargaritesi d'oggi chiamare a raccolta e passare in rassegna i ricordi, ripiegando cupidi su quel passato, che sempre sprizza le sue scintille di seduzione; possono indugiare con gioia nella successione diuturna dei dì, che furono, quando gli antenati di Pescino, capitaneati dal capo del consiglio, che chiamavasi, il sei della Comunità, curvavano la fronte rugosa al bacio di quella statua prodigiosa; quando si fusero i cannoni dell'attuale castello per fondere le campane, perché gli strumenti di guerra costrutti per tener lontano dal lido il turco invasore, servissero ad annunciare la pace melodiosa; quando l'unica chiesa del borgo, sacra alla Vergine d'Antiochia, sorgeva in pietra nera quadrata, rivolta col coro all'oriente ed all'ombra dei fronzuti olmi secolari; quando infine i patrizi genovesi - come oggi i forestieri - avean scelto il borgo come soggiorno prediletto estivo.
Passarono tante generazioni di Ambrosi, di Banchero, di Del Bene, di Bertollo, di Bruno, di Contardo, di Costa, di Costaguta, di Debernardi, di Figari, di Florita, di Gemelli, di Giovo, di Larco, di Luxardo, di Ottaggio, di Pino, di Quaquaro, di Rainusso, di Roccatagliata, di Roisecco, di Schiattino, di Verdura, di Vinelli; passarono guelfi e ghibellini, che imporporarono di sangue fraterno lo contrade del Bagnaresso (ora Gaêa) del Borgonovo e del Molo; passò l'orgogliosa figura di Branca Doria, confinato dall'Alighieri nel bagno di Cocito, e che sulla fine del secolo XIII aveva una casa con portico sulla piazza della chiesa; passarono i Veneti, che misero a ferro ed a fuoco i nostri paesi e le nostre spiaggie; passarono illustri personaggi, ed eserciti, imperatori, cardinali e regine; si sfasciarono antenne e cordami; nel mare dell'oblio naufragarono odii, che parevano eterni, ma la chiesa di Santa Margherita, eretta forse sopra un tempio pagano, più volte rifatta, risorse sempre più gagliarda dalle sue rovine, e la statua di N. S. della Rosa, nelle vicende fluttuanti di gioie e di dolori, ebbe continuamente a maggio il suo trono adorno di rose.
Il simulacro ligneo della Madonna è antichissimo. E' tarlato talmente da dover giudicare che il tarlo abbia impiegato parecchi secoli a ridurlo in quello stato.
Chi vi batte col polpastrello o coll'unghia del dito sente come il suono della cartapecora.
Quella forma ovale del volto, quelli occhi a mandorla non dicono abbastanza chiaro che ci troviamo in presenza di una Madonna orientale, e per giunta di quelle che si veneravano fin dai primi secoli del Cristianesimo?
Ne apparisce la rassomiglianza con quella di Oropa, che vuolsi del IV secolo, e con quella di Loreto, che si attribuisce a S. Luca.
La vidi da vicino insieme coll'amico carissimo Cav. L. Augusto Cervetto: peritissimo nel giudicare tal genere di lavori, fu portato a conchiudere che la statua è delle più antiche che abbiamo in Liguria.
I paesi del golfo offrono dunque un buon materiale per la storia artistica della nostra Liguria.
La festa che si svolse, sempre prima del 1774, al giorno quattro di maggio, presso l'antico simulacro di N. S. della Rosa, attrae la nostra attenzione.
Le rose nel giorno sacro alla Madonna venivano e vengono tutt'ora benedette e conservate nelle famiglie.
Questa pia usanza un'altra ne richiama alla memoria.
La chiesa del Pantheon di Roma, a proposito dell'uso dei fiori, è menzionata dal canonico Benedetto nell'antica descrizione del cerimoniale pontificio, stesa nella prima metà del secolo XII. A quel tempo la festa del giorno 13 maggio era già stata trasferita alla domenica avanti la festa della Pentecoste, e già era chiamata la distribuzione delle rose Dominica de Rosa; e oggi ancora secondo il calendario, in detta domenica, i Canonici del Pantheon, finito il coro, ricevono in dono delle rose, residuo venerando della vetustissima usanza, che a sua volta avea radice nell'antichità classica.
Del resto si può credere che al tempo di papa Bonifacio (608-615) lo spargere dello rose nel Pantheon dei Martiri non fosse disgiunto da un simbolo di martirio. Il colore rosso e il profumo della rosa nell'antica arte cristiana e nella liturgia già furono sovente presi come immagine del sangue sparso dai martiri di Cristo e della gloriosa mercede celeste.
E Siccardo di Cremona (+ 12l5) ricorda un'altra festa delle rose in Roma, quella della Domenica Laetare in cui il papa portava una rosa come simbolo della gloria celeste e dice «Questo fiore è il simbolo di quel fiore spirituale il cui rosso appartiene nel patire e l'olezzo della gloria della risurrezione», parole che nel secolo XII risuonano come una limpida eco dell'antica idea cristiana, che dedicava la rosa a onore dei martiri.
La festa adunque che il 4 maggio si faceva a Santa Margherita può avere una lontana analogia con quelle che si facevano a Roma.
Il trionfo delle rose presso una vecchia statua, proclamata la più antica in Liguria, non è nato ieri, e può fornire materia di altre osservazioni.

Ada Negri in un articolo, intitolato In montibus altis, parlando del Santuario di Oropa, scrisse che quando l'ignoranza fosse scomparsa e la sete del traffico fosse penetrata nelle catapecchie dei villaggi alpini, foggiando le anime nuove sull'agitata psiche moderna, il Santuario avrebbe perduto la sua ragione d'esistere, e sarebbe rimasto come la grande ruina, d'una poesia morta.
Mi sembra un'illusione fantasmagorica, per non dire una bugia.
Santa Margherita è diventata una cittadella industriosa per eccellenza ed ha fatto passi da gigante; non vi esiste ignoranza e la sete del traffico ha spinto e spinge altrove i suoi abitanti; la sua fortunata postura, il suo bel panorama ed il dolce clima hanno suggestionato i forestieri; le pendici e le spiaggie si son popolate di villini e di alberghi: vi palpita insomma la vita.
Non ostante però che sangue rinnovato pervada le arterie, c'è sempre l'aorta, che parte dal cuore, e che non muta, mentre la via larga ci sospinge.
Ieri Santa Margherita diede uno splendido esempio, con una nobile sottoscrizione per l'impresa libica; domani collo stesso entusiasmo scopre il palladio di memorie e di affetti, nascosto come un'ara antica tra gli sterpi ed i rovi.
La Madonna della Rosa, e quella d'Oropa, anche se anime nuove si foggiano sull'agitata psiche moderna, non rimarranno mai come ruine grandi di due morte poesie, perché le vecchie impronte nel cuore dei giovani ritornano piacevolmente come stormi di rondini in mezzo ad un raggio di solo primaverile.
Santa Margherita in maggio avrà sempre il trionfo delle sue rose!

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