Giornale storico e letterario della Liguria – gen/feb/mar 1903
Nell'atrio del palazzo Municipale di Genova dal 1851 fan bella mostra cinque affreschi, dovuti al pennello di Lazzaro Tavarone, i quali, dice l'Alizeri, «non
sorprendono è vero per grandezza d'operati e per espressione di gagliardi affetti, che tanto possono sulla fortuna d'un dipinto; ma fermano gli occhi del dotto
colla evidenza, colla spontaneità, col distacco delle singole figure, onde pare che gli si muovano incontro, né vi mancan dei pregi di quella varietà che parrebbe
al tutto impossibile in siffatta eguaglianza di temi. S'aggiunge un colorito nitido, brioso e fresco, una ricchezza d'abbigliamenti, una pompa d'accessorii e un
accordo ne' fondi che io non so se maggiore illusione possano avere gli occhi, mentre il cuore se ne parte digiuno». Gli affreschi trovavansi nella volta
superiore d'una sala del palazzo prima dei Grimaldi-Durazzo, poi dei Lomellino e in ultimo di Antonio Villa nella salita S. Bartolomeo1.
Uno degli affreschi rappresenta il doge che va ad incontrar D. Giovanni al suo arrivo in Genova nel 1574; l'altro rappresenta D. Giovanni che rende la visita al
doge nel suo palazzo; «soggetto nuovo» esclama l'Alizeri, «che io non so in quale altro luogo o privato o pubblico si trattasse mai, e che piace
il trovar quivi, benché altamente dispiaccia la memoria dei fatti».
L'argomento adunque che io prendo a trattare, di cui tacciono i nostri annalisti, è l'illustrazione storica dei due affreschi in discorso, che il Frascheri
desiderava messi in onore, giacché «non solo verrebbero computati fra i bei lavori di Lazzaro, ma eziandio fra i monumenti che interessano la storia ed i
costumi patrii».
La prima notizia d' un probabile arrivo di Don Giovanni d'Austria in Genova fu recata dal cardinal Pacheco2, e dal Duca
d'Alva3, i quali trovavansi ancora in Genova il 26 febbraio 1574, ossequiati tra gli altri da Paolo Gigli, ambasciatore di
Lucca4.
La Serenissima desiderava ardentemente questa visita, giacché erano ancora pendenti certe questioni, ventilate per la divisione del bottino, fatto alla battaglia di
Lepanto Infatti in un memoriale, che il 4 febbraio del 1574 fu trasmesso a Madrid si esponeva: «Si fa intendere a V. Cattolica Maestà per parte della Rep. di
Genova tanto a lei devotissima come l'anno del 71 avendo il giorno della vittoria contra Turchi tre soe galee mandate sotto il governo dell'Ill.mo Sig. Ettore
Spinola combattuto come ognun sa e come ne constano le fedi del Sig. Don Gio. d'Austria preso tre galee e diportati tanto valentemente come si convenea al stendardo
sotto 'l quale si militava, e perché in quella giornata foron prese molte galee con loro artigliarie et armamenti così molti schiavi di riscatto, per cui si
supplica la Maestà Vostra sia servita conforme alla divotione che detta Republica le porta comandare che per quelli più brevi termini possibili sia per giustizia
data la parte sua a essa Republica così delli schiffi come de schiavi de riscatto e di più l'artigliarie prese con dette tre galee sì come hanno havuto li agenti
delle sue Serenità Duca di Venetia e Duca di Savoia, il che facendo reputerà a grazia signalata e gliene restarà come perpetuo
obligo»5.
Era allora Doge della Serenissima il patrizio Giacomo Grimaldi-Durazzo, (eletto il 17 Ottobre 1573), uomo per la sua bontà e dolcezza di costumi universalmente
grato. Questi, presa visura di una lettera scritta da Napoli il 2 marzo 1574 a Gio. Antonio Fabiano, e conoscendosi da essa «que se intiende de quel Signor
Don Iuan se parteria para Ispania dentro de 15 dias»6, elesse ambasciatori Cristoforo de Fornari, Stefano de Franchi, Stefano
Pallavicino e Stefano Lomellino, dando ad essi la seguente istruzione:
Duce Governatori e Procuratori etc.
Magnifici Ambasciatori nostri. Aspettandosi come sapete di Napoli il Ser.mo Don Iuan d'Austria habbiamo stimato che convenga alla nostra Republica inviare
ambasciatori ad incontrare S. Altezza in mare ne' confini della giurisdittione nostra. – Non entraremo a distinguervi li concetti e le parole onde haverete a
riceverlo et honorarlo essendo tutti insieme et ognun di voi tali che saperete corrispondere alla dignità e splendore della persona di S. Altezza et haver insieme
il dovuto riguardo alla dignità et riputatione nostra. Sodisfatto che harete a primi ufficii di riverenza e di crianza coperta che si sarà S. Altezza quando assai
tosto non vi accenni che vi copriate da voi stessi vi coprirete per fugire l'indegnità, rinovando però tal volta il scoprirvi e di novo assai presto ricoprirvi,
secondo che il ben nato animo vostro, il luogo, l'occasione et il risguardo della dignità vostra vi detteranno. - Il Magnifico Cristoforo de Fornari doverà essere
il primo a fare il personaggio con S. Altezza nel primo congresso in modo tale come è suo proprio che sì nelle parole come nei simbianti facci l'ufficio in maniera
che S. Altezza rimanga sodisfatto di quello honore et di quel ricevimento che gli è dovuto, e finito che haverà di parlare esso Magnifico Cristoforo potranno poi
gli altri tre di mano in mano secondo l'usato o soggiungere o confermare il detto. Fatto che harete li dovuti compimenti con S. Altezza doverete anco visitar quelli
personaggi d'importanza che vi saranno, facendoli allogiar in terra, quando vi scendino sodisfacendo a questi inferiori ufficii variatamente tutti insieme o parte
di voi secondo che, havuto risguardo alla dignità della republica, il giudicio vestro vi consiglierà. Doverete anco d'ogni aviso che haverete della venuta di S.
Altezza et del giungere che farà a Ligorna e di mano in mano della navigatione darcene aviso in tutta diligentia. Di Palazzo a VI di marzo
15747.
L'indomani il Senato indirizzava la seguente circolare a tutti i giusdicenti della riviera orientale:
Duce Governatori e Procuratori etc.
Aspettandosi di Napoli il Ser.mo Don Iuan d'Austria habbiamo eletto ambasciatori nostri li Magnifici Cristoforo Fornari, Stefano de Franchi, Stefano Pallavicino
e Stefano Lomellino per incontrar S. Altezza nelli confini della giurisdittione nostra e farli riverenza conforme a l'instruttione che gli habbiamo dato et acciò
che possino provedere al bisogno di tutto ciò che giudicheranno necessario per honorare et ricevere et accarezzare personaggio di tanta qualità in vigor di queste
nostre comandiamo a tutti li Capitani, Podestà o giusdicenti et altri qualsivogli ministri et officiali della riviera nostra del levante et a tutti li sudditi
nostri di quei luoghi che osservino li predetti ambasciatori nostri et li obedischino in ogni cosa che da loro sarà comandata per conto di detta legatione et
ricevimento di S. Altezza come dalla sua corte e comitiva in tutto e per tutto come fariano a noi stessi. Dal nostro Ducal palazzo alli VII di marzo
15748.
Don Sancho Padilla, cavaliere dell' ordine di Calatrava, che l'1 dicembre 1573 era stato nominato ambasciatore in Genova per Filippo II9,
nulla sapeva ancora dell'arrivo, e non ne parla nella lettera dell'8 marzo, che indirizzava al Senato per ottenere l'esenzione dalla gabella per alcuni barili di
vino scelto, che erano giunti in Genova dalla Spagna per il marchese d'Aiamonte, governator di Milano10.
Don Giovanni però si fece attendere indarno, onde il Senato il 9 marzo scriveva ai quattro ambasciatori:
Duce. Magnifici Ambasciatori. Perché si è inteso da Napoli che il Ser.mo Don Iuan d'Austria non è anchora partito e che la sua partenza si differirà qualche giorni volendo noi darvi manco discomodo che sia possibile vi ordiniamo che quanto più presto possiate ve ne ritorniate qui poiché il dimorare vestro costì non è più necessario e tanto eseguirete. Di Genova alli VIIII di marzo 157411.
La lettera veniva trasmessa lo stesso giorno ai giusdicenti della riviera orientale con una circolare di questo tenore:
Duce e Governatori della Rep. di Genova.
Desiderando che le alligate lettere pervenghino con ogni prestezza alli ambasciatori nostri che habbiamo inviato a ricevere il Ser.mo Don Iuan d'Austria nel
luogo nostro di Lerice perciò comandiamo alli giusdicenti nostri della riviera di Levante che di mano in mano mandino esse lettere con ogni prestezza tanto che
pervenghino nel detto luogo di Lerice senza alcuna intermissione et acciò si veda chi haverà usato negligentia ogni uno noterà sotto queste nostre l'hora della
ricevuta e l'ultimo poi ce lo doverà mandare. Di Palazzo alli VIIII di marzo 157412.
Contemporaneamente gli ambasciatori scrivevano da Portovenere al Senato:
Excellentissimo et Illustrissimi Patroni Osservantissimi.
Hier sera all'hore tre di notte giunsemo qui, nel qual luogo non habbiamo inteso nova niuna del Ser.mo Don Giovanni ancorché da Ligorna sii venuta la galera del
Signor Nicolò Doria senza saperne noticia alcuna, né mancheremo d'intenderne per tutti i luoghi nuova et di poi ne faremo avisati V. S. Ill.me le quali saranno
servite d'ordinarne quello in ciò gli parrà che occorra. Et a V. S. Ill.me humilmente baciamo le mani. Di Portovenere alli VIIII di marzo
157413.
Richiamati gli ambasciatori, altra nuova si sparse dell'arrivo di S. Altezza, onde l'11 marzo il Senato emanava quest'altro proclama:
Duce e Governatori della Republica di Genova.
Perché di breve s'aspetta di verso Napoli il Ser.mo Don Giovanni d'Austria et desiderando noi che gli siano fatte tutte le specie d'honori e tutte le
dimostrattioni che vengono dovute a personaggio di tanta qualità, ci è parso inviar le presenti nella Riviera nostra di levante et ordinare come in virtù di queste
nostre ordiniamo a tutti li Capitani, Podestà e giusdicenti nostri di detta Riviera, che diano nelli loro luoghi opportuno ordine acciocché nell'arrivare che farà
S. Altezza luogo per luogo faccino quelle salve d'artiglierie che maggior si possono, secondo la qualità rispettivamente avvertendo ognuno a compir in modo che ogni
cosa si facci col debito tempo e che non habbino a darcene mala sodisfattione. In fede del che habbiamo comandato che sieno fatte le presenti segnate del nostro
sigillo e sottoscritte dal nostro infrascritto secretaro, le quali doveranno con ogni diligenza esser mandate da luogo a luogo tanto che prevenghino al podestà
nostro di Lerici il quale ce le doverà mandare con le sottoscrittioni di tutti li giusdicenti usando quella prestezza che maggior si può. Dal nostro Ducal Palazzo
alli 11 di marzo MDLXXIIII a hore 19 e mezzo.
Lo stesso giorno alle ore 23 le lettere furono presentate al podestà di Recco, a un'ora di notte al podestà di Rapallo, alle 3 al capitano di Chiavari, e di borgata
in borgata giunsero sino a Lerici14.
L'ambasceria mandata ad incontrare D. Giovanni costò all'erario della Repubblica lire 412, soldi 15 e denari 6.
1 Questi il 21 febbraio del 1851 (come da carteggio gentilmente comunicatomi dal Cav. Angelo Boscassi) avvisava il Municipio che mediante un'assai
modica indennità avrebbe ceduto gli affreschi in discorso, onde il Sindaco con lettera dell'8 marzo incaricava il pittore Giuseppe Frascheri di esaminare i dipinti,
dichiarati nella sua lettera di risposta «di meriti particolari onde aver posto fra i più preziosi
abbiamo gli esatti costumi, le foggie, gli
abbigliamenti e quasi direi il rituale delle principesche etichette sullo scorcio del secolo XVI
». Il 27 marzo del 1851 con privata scrittura il Sig.
G. B. Banchero, mediante il rimborso di L. 2630, si obbligava di staccare nella loro integrità le pitture di Lazzaro Tavarone, divise in cinque parti, ponendole in
quella località che gli sarebbe stata indicata.
2 Pietro Pacheco de Villena, spagnolo, creato cardinale del titolo di S. Balbina nel concistoro del 16 dicembre 1545. Il pontefice Gregorio XIII
con lettera del 16 ottobre 1574 raccomandava al granduca di Toscana il cardinale Pacheco, che tornava alla sua chiesa di Bourgos (Carte Strozziane, Firenze
1884, Vol. I., p. 157).
3 Ferdinando Alvaro di Toledo duca d'Alva. Il 17 febbraio del 1574 il Doge e i due governatori di palazzo ordinavano che si dessero quattro
scudi d'oro a Gregorio e ad Alessandro Imperiale inviati a ricevere ai confini verso Lombardia il duca d'Alva (Ordini di pagamento di Salarii di Stipendiati del
1574, Ms. al N . 238, Arch. di St. in Genova). Sotto la data poi del 3 marzo 1574 trovasi: Libre XVI, sol. XI et den. VI solute Marco Antonio de Grandis
candelerio in Fossatello pro pretio brandonorum quatuor cere albe in pondere Lib. 25.6 ab eo emptis alio die ex ordine magnificorum dominorum deputatorum ad
visitandum Ill.mum dominum Cardinalem Pachecum et Ecc.mum ducem Alve pro eis associandis cum erat in sero (Cartularium Impensae, Archivio di St. in Gen.,
Finanze An. 1574).
4 Litterarum, Reg. 71-1847, 72-1848 al 26 febbr., Archivio di St. in Gen.
5 Litterarum, Reg. 10-1967, Arch. c. s., e Litterarum, Reg. 72-18 48, p. 6.
6 Lettere al Senato, An. 1571-1574, Filza al N . 175, Arch. c. s.
7 Lettere del Senato, Filza dell'an. 1574, N . 188, Arch. cit.
8 Lettere cit., Fil. cit.; Agostino Franzone, Istruzioni ad ambasciatori, Vol. II, p. 1980, Ms. dell'Arch. cit.
9 Isidoro Carini, Gli Archivi e le Biblioteche della Spagna, Palermo 1884, p. 171.
10 Lettere al Senato, Filza dell'an. 1574, al N. 189, Arch. cit.
11 Lettere del Senato, l. c.
12 Lettere del Senato, l. c.
13 Lettere al Senato, Filza dell'anno 1574, N. 102, Arch. cit.
14 Lettere al Senato, Filza N. 188.