Financial Times – 6 ottobre 2023
E' una delle città più belle d'Europa eppure non la visita quasi nessuno, ma le cose stanno per cambiare.
La prima cosa, ma non l'ultima, che mi ha abbagliato a Genova era nascosta all'interno del complesso monastico di Sant'Ignazio del XVII secolo. In un refettorio che rimbombava, erano disposte su tavoli di legno una dozzina circa di pergamene. C'erano trattati in latino e arabo maiorchino, e un enorme decreto di epoca ottomana coronato con il sigillo del sultano in oro splendente; un altro portava la firma di un papa del XII secolo. Già questo abbastanza straordinario, ma prima che me ne andassi mi furono mostrate altre stanze nelle quali erano accuratamente accantonati e rilegati con corde migliaia di altri documenti simili; mi è stato detto che, messi in fila, sarebbero stati lunghi circa 40 km. E' tra gli archivi più importanti d'Europa "e la maggior parte della gente non ha idea che esista", dice Marco Bucci, sindaco della città.
Genova – con una popolazione di poco meno di 815.000 abitanti, porto commerciale più grande d'Italia (o il secondo, a seconda dei parametri) e capoluogo della regione Liguria – ha una storia di potenza militare, primato economico e ricchezza sconcertante. Custodisce un patrimonio di cui l'archivio è solo una piccola parte; ci sono chiese che rivaleggiano con quelle di Napoli, accanto a palazzi aristocratici che si confrontano, in magnificenza e numero, con quelli di Roma.
Ma, mentre gode ancora di un enorme peso marittimo-commerciale e ha ospitato alcuni recenti eventi di spicco (Expo 1992, Capitale Europea della Cultura 2004), Genova sembra non comparire in modo significativo nell'agenda dei giramondo. E' ancora qualcosa come un luogo segreto. "Trent'anni fa nessuno [nel governo civico] aveva la visione che questa città costituisse una destinazione turistica", continua Bucci. "L'obiettivo era di una città industriale. Ma Genova è una lente incredibile sulla cultura italiana, una finestra unica".
Incuneata in una stretta pianura costiera tra il Mediterraneo e l'Appennino ligure, Genova, come tutti i buoni porti, è un condensato di culture, lingue e influssi.
Lo splendore regna sulla dritta Via Garibaldi, sede di molti dei Palazzi dei Rolli, i palazzi del XVI e XVII secolo costruiti dalla classe nobile della Repubblica,
luoghi in cui ricevere, impressionare e concludere grandi affari con dignitari provenienti da tutto il mondo allora conosciuto.
Tuttavia scendi nei vicoli che uniscono insieme il labirintico centro storico e la simmetria scompare. Conosciuti colloquialmente come carrugi,
questi canyon ombreggiati, dove la luce color limone della Riviera illumina solo le parti più alte, sembrano andare ovunque e da nessuna parte; alcuni sono così
stretti che mentre cammini puoi quasi sfiorare le pareti su entrambi i lati con le dita. Nell'aria fluttuano vaghi profumi di focaccia fresca, caffè e incenso, su
una base di odore di mare.
Fermati e guarda in alto, potresti ritrovarti a fissare una grande facciata mimetizzata dalla ristrettezza della via, con affreschi decorativi che svaniscono e rivelano l'antica prosperità. Oppure potresti intravvedere al primo piano una sala con il soffitto riccamente stuccato che splende. O ancora fermati di fronte alla porta di una chiesa modesta, oltre la quale potrebbero esserci opere di Rubens, van Dyck o Orazio Gentileschi: le superstar della loro epoca che furono attirate a Genova dal mecenatismo delle famiglie fondatrici, i Grimaldi, Doria, Cattaneo, Pallavicino, Durazzo, Spinola e altri che amministrarono la Repubblica e i fondi del Sacro Romano Impero durante l'epoca d'oro di Genova.
Ma "è una città che si nasconde dietro le facciate", dice Lorenzo Bagnara, titolare dell'emporio di design Via Garibaldi 12. "Questo negozio rispecchia un po' Genova. Probabilmente lo troverai solo se sei molto curioso o sai dove cercare." Situato su una rampa di scale sul retro del foyer di uno dei Palazzi dei Rolli, si estende su centinaia di metri quadrati del piano nobile. I suoi soffitti sono riccamente affrescati, le pareti e gli stipiti delle porte sono dorati o dipinti in delicato pistacchio, i suoi pavimenti in marmo monocromatico brillano: il tutto fa da sfondo a una esposizione autorevole di mobili, stoviglie, libri, opere d'arte, attrezzi da cucina e altro ancora.
Bagnara mi racconta che in questo stesso palazzo, un piano sopra, c'era una volta una sala da ballo il cui soffitto era interamente ricoperto di lapislazzuli
(purtroppo distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale): "Forse è arrogante dirlo, ma la prima volta che ho visto Versailles
non ero stupito
allo stesso modo".
Dice anche "i genovesi scoprono in continuazione la propria città". Ci sono carrugi che lui stesso ha incontrato per la prima volta solo di recente, la
sorpresa e l'audace contrasto sono sempre eccitanti. A differenza di Firenze, dove il patrimonio è gestito quasi troppo, o di Roma, dove gli eventi sono numerosi,
Genova richiede che tu scavi un po' per stupirti.
Detto questo, la città sembra essere nel mezzo di un rinnovamento non ufficiale. Bucci, che in precedenza è stato amministratore delegato della Eastman Kodak
Company, ha portato nei suoi ambiziosi progetti lo slancio di un uomo d'affari: grazie al suo incrollabile sostegno per un collegamento ferroviario ad alta velocità
tra Milano e Genova, nel 2026 le Ferrovie dello Stato ne lancerà uno di appena 50 minuti che probabilmente avrà implicazioni positive non solo per il turismo, ma
anche per la demografia della città.
Anche i privati cittadini stanno investendo in progetti per aumentare la visibilità globale. Carlo Clavarino – nobile genovese, presidente internazionale del colosso assicurativo Aon e Public Relations ad hoc – è uno dei più in vista tra loro. Probabilmente anche il più coinvolto: sparse per Palazzo Angelo Giovanni Spinola, la proprietà che possiede in Via Garibaldi, ci sono fotografie di lui con, tra gli altri, Jack Ma [cinese], co-fondatore e Stephen A. Schwarzman amministratore delegato di Blackstone, e la Regina Elisabetta II. Partì per Milano nel 1982 e non ritornò fino al 2017. "Stavo pranzando nel ristorante del Palazzo di Branci Doria con un amico, che mi disse che [il palazzo] era in vendita". "Ma quando ne parlai con mio fratello lui mi disse: 'Se sei seriamente interessato a un palazzo qui a Genova, vai a vedere [questo]. E' l'unico che valga la pena avere.'"
Sei anni e un restauro meticoloso dopo, Palazzo Spinola risplende, dai soffitti immacolati dell'atrio (gli affreschi originali furono dipinti da artisti italiani che furono poi sottratti dall'Escorial in Spagna) ai tavolini di bronzo disegnati da Osanna Visconti, nella sala blu, come è chiamato il salotto dell'ingresso. Clavarino chiese aiuto a Nicolò Castellini Baldissera per la progettazione delle camere da letto e di alcuni arredi; abbondano importanti pezzi d'antiquariato, tra i quali sedie settecentesche, ricoperte con un motivo leopardato, che un tempo appartenevano a Gianni e Marella Agnelli. Pitture decorative e trompe l'oeil – antiche tradizioni liguri – sono ovunque. In una delle 14 camere da letto il velluto rosso di un antico arazzo, consumato, è duplicato con vernice sulle pareti e sul soffitto. Ma il gioco di prestigio più impressionante è una porta nascosta nell'accogliente biblioteca di Clavarino: una boiserie intagliata che imita uno scaffale pieno di libri, che conduce all'unica camera da letto al primo piano.
Poi c'è l'arte. Nella sala da pranzo principale è appeso il ritratto a grandezza naturale di un nobile del Tintoretto; di fronte ce n'è un altro di Rubens ("Quello era di famiglia, in realtà"). Sulle pareti della sala blu figurano van Dyck e Antonio Maria Vassallo; all'ingresso della biblioteca c'è un Ritratto di signora di Rogier van der Weyden. Clavarino indica un imponente arazzo, sempre di Rubens, che sta per essere smontato e spedito in prestito a un museo di Mantova.
L'effetto è una magnificenza complessiva. Strategicamente questo è il punto: i Rolli – l'elenco cinquecentesco delle casate nobiliari che rappresentavano gli interessi della città – "si occupavano di affari", dice Clavarino. "Ed è quello che sto facendo qui." Ha già ospitato un importante ricevimento per 100 ospiti internazionali; su richiesta del sindaco, intratterrà nomi famosi e inviterà regolarmente i suoi amici e clienti. Recentemente ha tenuto qui la riunione del consiglio di amministrazione di Aon, organizzando tour privati e visite in giro per la città.
"Avevo cominciato a sondare la gente" durante le cene, ricorda a colazione, seduto sotto una natura morta di fiori di Mario de' Fiori. "'Sei stato a Firenze?' 'Certamente!' 'E Venezia?' 'Ma si, 20 volte.' 'E Genova?' Silenzio. Niente." Il suo indignato stupore rispecchia quello di Bucci. "Genova era una potenza enorme; è stata una forza determinante nella storia del mondo. E nessuno lo sa."
Prendi la Fondazione Amici di Genova da lui costituita lo scorso anno. Il suo mandato: rilanciare il ruolo della città sulla scena mondiale attraverso progetti di restauro, eventi culturali, laboratorio di idee su istruzione e affari, e altro ancora. Ne fanno parte eminenti genovesi e fanno parte del consiglio di amministrazione numeri uno tra i quali Schwarzman di Blackstone, Kwan Yoon socio di BlueRun Ventures e Rolly Van Rappard, co-fondatore olandese e co-presidente della società di private equity CVC Capital Partners. La fondazione ha già finanziato il rinnovamento del progetto illuminotecnico di Palazzo Rosso, una casa museo a pochi passi da Palazzo Spinola – "una collezione incredibile, che nessuno va mai a vedere" – e della sagrestia della chiesa di San Siro.
Emanuela Brignone Cattaneo è anche Amica, in entrambi i sensi, di Genova. Nata a Parigi, per metà italiana e genovese per matrimonio, ha con la sua città adottiva una familiarità ferrea e apparentemente sconfinata. Conosce le sue cappelle nascoste e gli oscuri reliquiari, le sue migliori acciughe fritte e i migliori venditori di spezie, le sue viste panoramiche più ampie e chiare. Dall'estate 2023 è anche albergatrice. Palazzo Durazzo, una delle numerose proprietà storiche appartenenti alla famiglia di suo marito Giacomo Cattaneo Adorno, si trova in Via del Campo, costellata di palazzi aristocratici come Via Garibaldi. Si affaccia direttamente sul porto di Genova e sulla famosa sopraelevata, la strada sopraelevata che attraversa la città.
Dodici suite, ognuna assolutamente unica nello stile, occupano ora tre piani di Palazzo Durazzo insieme a un salone a doppia altezza e una sala colazione con vista sulla Biosfera progettata da Renzo Piano, il figlio prediletto di Genova. Architetto lei stessa (ha lavorato alla ristrutturazione del Museo d'Orsay con Gae Aulenti), Brignone Cattaneo ha curato il restauro; Cesare Barro, artista e designer residente tra Stati Uniti ed Europa, ha creato con lei i suoi interni stravaganti.
La pittura decorativa gioca un ruolo, così come i papiers peints cinesi di qualità museale, costumi antichi esposti ad arte, sculture africane, migliaia di conchiglie e coralli (provenienti da fonti sostenibili) e alcune apprezzate opere di arte contemporanea (i Cattaneo Adorno sono importanti collezionisti). Ci sono anche affreschi originali del XVII secolo di Domenico Parodi, un maestro della sua epoca: un soffitto raffigura chi ha dato il nome al palazzo, il doge Stefano Durazzo, come Nettuno; un altro rappresenta allegoricamente i quattro fiumi che delimitavano il territorio ligure.
Costruito nel 1624, Palazzo Durazzo divenne presto parte del sistema dei Rolli. "Quindi in un certo senso era già una sorta di albergo", dice Brignone Cattaneo. "Quando l'abbiamo restaurato – e ci sono voluti sette anni di interventi seri – abbiamo voluto riprendere questo tema per poter ospitare le persone in un modo molto speciale e tipico genovese".
L'hotel è uno dei più originali e belli che abbia visto aprire in Italia negli ultimi tempi: un'impressione amplificata dal vivido contrasto che i suoi interni sereni creano con la vita che si svolge nei carrugi sotto. "Sì!" dice felice Brignone Cattaneo.
"Questo edificio fa parte della città che è soprattutto il
porto: il mare è proprio lì, dall'altra parte; c'è il traffico quotidiano. La scommessa che abbiamo fatto qui, che a pensarci bene è coraggiosa" – guardandomi
attorno e calcolando la spesa concordo in silenzio – "è per chi ama il viaggio in tutte le sue sfaccettature, compresi i momenti di grande contrasto". Proprio come
lo è Genova stessa, storia, grinta, stupore e tutto il resto.