Giornale storico e letterario della Liguria – gen/feb/mar 1903
Il Doge Giacomo Durazzo, avuto contezza del prossimo arrivo di Don Giovanni, mandò ad avvisare i patrizi Paolo e Luca de Fornari, Pier Maria e Battista Promontorio, Anfreone Sauli, Luca e Giovanni Grillo, Stefano e Giovanni Pallavicino, Giovanni e Gregorio Usodimare, Agostino e Battista Spinola, Alessandro e Gregorio Imperiale, Gerolamo e Stefano Doria, Paolo e Lazaro Grimaldi, Lorenzo e Francesco Negrone, Paolo Battista e Gerolamo Interiano, Gaspare e Stefano de Franchi. E ad essi scriveva la seguente il Cancelliere della Serenissima:
Signori. Aspettandosi hora per hora il Ser.mo Don Gio. d'Austria sempre che sentirete sonare la campana grossa vi ritroverete in palazzo con le vostre cavalcature per far compagnia alli doi Ill.mi collegi per ricevere sua Altezza e questo di ordine di sua Eccellenza et Ill.mi Signori. Di casa a di 25 aprile 15741.
Le maggiori gentilezze dovevano usarsi al fratello di Filippo II, e ai rappresentanti della Spagna in Genova, né ci faccia meraviglia se ad istanza
dell'ambasciatore Sancho de Padilla il 28 aprile i Procuratori della Repubblica davano ordine ai Protettori di S. Giorgio di non percepire alcun diritto sulla
merce, spettante al marchese di Riamonte, governatore di Milano, e il 30 aprile chiedevano la stessa esenzione per la merce spettante a Don Michele de Moncada, che
facea parte del consiglio del re2.
Ad incontrare Don Giovanni presso la spiaggia di Fassolo andarono il doge Durazzo e i patrizi, di cui sopra, e l'incontro festante fornì al pittore Tavarone il
soggetto di uno dei quadri, che, come ho detto, ammirasi nell'atrio del nostro Municipio. La restituzione della visita al doge con la relativa presentazione delle
credenziali di Filippo II forma il soggetto di un altro dei quadri.
Il giorno 29 aprile il Senato scriveva al protonotaro Sauli, ambasciatore a Madrid: «Il Signor Don Giovan d'Austria venne alla Spezza li 25 di questo et
heri giunse a Portofino, hoggi poi ha fatto la sua entrata qui di dove dovrà partirsi per Milano. Se gli e fatto quell'accoglienza et quelle dimostrationi che
habbiamo potuto, le quali sono più secondo le forze che conforme al desiderio nostro. Sua Altezza ci ha fatto buonissima faccia et è alloggiato a casa del Signor
Gio. Andrea al solito»3.
Un Diario prezioso, visto da Marcello Staglieno in casa Lomellini, e di cui s'ignora la fine, raccontava gli amori di Don Giovanni a Genova e come egli,
invaghitosi perdutamente di una certa Galletta, dovette pagare a caro prezzo le grazie e i favori di lei. La signora Galletta è nominata in una lettera,
scritta il 4 maggio del 1574 a Gio. Andrea Doria con queste parole: «la senora Galeta por tan hermosa che merezza ciento y tantos servidores que los tantos le
bastaran si no fueran muchos, pero si lo fueran le sobraran cierto»4.
L'augurio dei cento cicisbei partiva da un cuore esulcerato, tanto è vero che, ponendo la data alla lettera, Don Giovanni imprecava al mese di maggio, più
brutto per lui: «De Genova a 4 de mayo el mayo mas mal gastado que he tenido ni tendre tan presto si ya no signe otro tras deste de 1574». Lo stesso
giorno Don Giovanni rilasciava un certificato autografo in lingua spagnola, nel quale dichiarava che era di sua proprietà una quantità di oro filato, pervenutogli
da Firenze, sicché l'indomani il Senato comunicava ai Protettori di S. Giorgio l'ordine seguente:
MDLXXIIII die V Maii
Ambo Illustrissima Collegia etc. ad calculos mandaverunt requirendum esse prestantissimum officium Sancti Georgii ut mandet expediri absque solutione alicuius
drictus seu vectigalis capsietam unam cum quingentis usque in sexcentis ontiis auri filati quod est Serenissimi D. Don Ioannis de Austria. Item etiam unam carrociam
foderatam sete cum cohoperta corei que est prefati Serenissimi D. Don Ioannis.
Il 6 maggio D. Giovanni lasciò il sontuoso palazzo di Fassolo ed il Senato con lettera del 9 in questo modo dava laconicamente la notizia all'ambasciatore genovese
di Madrid: «Il Signor Don Giovanni d'Austria si partì di qui zobbia che fu alli VI di questo et se li diedero tutte le comodità possibili, in modo che
crediamo che ne sia restato satisfatto». Nello stesso tempo coglievano l'occasione di avvisarlo che «heri poi venne l'ambasador Padiglia in Senato e ci
presentò Idiaquez in suo luogo al quale rinontiò il ministerio dell'ambaxada e lui prese licentia per doversi partire domani, anderemo gustando esso Idiaquez e dal
suo modo del procedere il quale vogliamo credere che debba esser con bona satisfatione vi daremo aviso come ci piaccia sopra il che non ci pare per hora potervi
affermare cosa alcuna»5. A salutare Don Giovanni in Genova erano venuti gli ambasciatori di Lucca, che la Serenissima con lettera
del 30 aprile, diretta agli anziani e confalonieri di Lucca, facea conoscere di «aver veduto et udito con molto giubilo»6.
Erano stati alloggiati nella casa del capitano Bendinello Saoli, già illustratosi alla battaglia di Lepanto, e il 5 maggio son notate L. 95 per due pranzi, offerti
a detti ambasciatori7. La mensa fu adorna di fiori e in essa non mancarono i capponi, i piccioni, i carcioffi, la trippara, i
piselli, le fragole, la lattuga con ravani per insalata, limoni, aranci, persicata, castagne, nocciuole etc. il tutto inaffiato con pinte di vino
amabile8. In Genova pure Don Giovanni apprese la morte di Cosimo de Medici, granduca di Toscana, (+ 21 aprile) comunicata dal figlio
Francesco per lettera del 24 aprile9, recata dal nunzio Gio. Vincenzo Vitelli, a condolersi della qual morte presso il novello granduca il
Senato il 5 maggio inviava il patrizio genovese Francesco Saoli10. Da pochi giorni era partito Don Giovanni e l'ambasciatore spagnolo
d'Idiaquez con supplica del 13 maggio pregava il Senato a concedere l'esenzione dei pubblici balzelli per il vino e altra merce della galea patrona di esso
principe11.
Durante il soggiorno di Don Giovanni in Lombardia, i Genovesi furono richiesti dallo stesso di un certo numero di galee12, onde il 24
maggio scrivevano all'ambasciatore di Spagna: «Si sono havute lettere da S. M. e dal Signore Don Gio. d'Austria per le quali ci han richiesto le nostre galee,
sopra il che ci siamo risoluti di compiacerli temperando però in modo la cosa che sua Maestà habbi per bene che per li XV di settembre possiano dette galere haver
licenza di ritornare acciocché conduchino le sete delli nostri cittadini»13. E lo stesso giorno trasmettevano a Pellegro Doria,
residente in Milano, una lettera «per il Serenissimo Don Gio. d'Austria con la quale gli diamo noticia che se gli consentono le galee della nostra Republica
per questa estade, come ci ha richiesti»14. Il 26 maggio il Senato scriveva di nuovo a Don Giovanni:
Ser.mo Signore. Conforme a quanto S. Maestà e V. Altezza ci han richiesto con lettere habbiamo risoluto accomodarli le nostre galere per giontarle con le sue a Messina o dove da Vostra Altezza ci sarà significato, fra tanto le anderemo preparando al meglio che delle nostre deboli forze si potrà e tutto che la strettezza del denaro nella quale la Republica nostra si ritrova ci persuada, anzi ci induca a necessaria risoluzione di ritirarsi dalla spesa, tutta via la molta voluntà di fare ogni servitio a S. M. e a V. A. non solamente ci revoca da questo pensiero ma partorisce in noi desiderio di haverne maggior numero per poterli far servitio di maggior rilievo, la supplichiamo adunque ad accettare la voluntà, dove non giungono le forze et insieme a dar ordine che almanco per li quindici di settembre siano dette galere licentiate accioché possiamo con esse a tempo debito levar di Messina qualche sete destinate per qui, le quali sono il mantenimento di tanto numero di persone del nostro stato che si vivono con l'industria di esse et insieme col nolito in parte allegerire la Republica della spesa che gli vien causata dal mantenimento di dette galere, et in ogni modo, si come non possono esserli di molto uso rispetto al numero che ve n'ha S.M. così non gli doverà esser di gran descomodo il mancarne. Nel resto pregheremo Iddio che siccome le sue imprese son giuste e pie, così le conduca al desiderato fine, ornandola di quelle maggiori glorie e trofei de quali son meritevoli le sue splendide ed illustri virtù. Di Genova alli XXVI di maggio 157415.
Oltre a ciò la Signoria genovese il 26 maggio facea buon viso alla dimanda dell'ambasciatore Idiaquez, il quale si raccomandava che i Protettori di S. Giorgio non riscuotessero somme per le 447 casse, ove erano 1000 archibugi, 300 corazze, 200 briglie per cavalli, armi e munizioni, il tutto spettante a re Filippo II, e proveniente da Milano16. Don Giovanni trovavasi allora a Vigevano, di dove il 15 e 31 maggio scriveva alla Serenissima insistendo sempre per l'armamento delle gelee, destinate a risarcire i danni fatti dai Turchi. Il 1° giugno scrivendo al doge di Genova deplorava la rissa, seguita in Sardegna tra la fanteria spagnuola e le genti delle galee di Marcello Doria, per cui, temendo che la vertenza potesse ostacolare i suoi propositi, il 2 giugno, trovandosi sempre a Vigevano, avvisava la Signoria genovese di prestare tutto il credito possibile all'ambasciatore Don Iuan de Idiaquez, colla speranza che avrebbero accondisceso alla sua domanda e a quella del re17, onde la Signoria il 7 giugno scriveva a Filippo II:
Sacra Regia Cattolica Maestà. Le galere della nostra Rep.ca le quali V. M. ci ha richiesto per servirsene insieme con le sue contro il forzo dell'armata turchesca, saranno pronte per inviarsi a Messina o altrove tutte le volte che ci sarà significato dal Ser.mo Signor Don Io. d'Austria, in conformità di quel che la Maestà V. ce n'ha scritto per le sue de 27 d'aprile e tutto che la strettezza del danaro nella quale si ritroviamo ci persuada anzi ci induca a necessaria risolutione di ritirarsi dalla spesa che ci vien causata dal mantener galere armate, tuttavia il desiderio ch'abbiamo di servire a V. Maestà ci revoca da ogni altro pensiero e sicome la volontà in noi è maggiore che le forze così siamo astretti a supplicarla come facciamo che habbi per bene di dar ordine che al manco per li XV di settembre siano licentiate dette galere quando si possi farlo senza molta discomodità del servitio di V. M. accioché possino a tempo debito levar da Messina le sete destinate per qui dalle quali riceve non piccolo sussidio una bona parte del nostro popolo; con che facendo fine basciamo le mani a V. M. pregando Nostro Signore Iddio che conceda prosperi successi alle sue giustissime imprese. Di Genova alli VII di giugno 157418.
Il Senato continuava a favorire l'impresa di Don Giovanni, e il 22 giugno, ad istanza dell'ambasciatore, dichiarava esenti da qualsiasi tassa i 70 quintali di tonno, i 53 quintali di formaggio, i 160 barili di sardene, le 60 mezzarole di vino, i 12 barili di aceto e altra merce, che d'ordine di Filippo II e di Don Giovanni eran stati acquistati in riviera per la fanteria italiana, che dovea andare in Sardegna19. Don Giovanni, temendo che le discordie dei Genovesi e la venuta del Duca di Savoia a Savona, ivi giunto «a mutar aria per conto di sanità»20 non facessero naufragare le belle promesse, scrisse di nuovo da Milano il 27 giugno, ricordando la data parola21, tanto più che l'allestimento delle galee rendevasi più che mai necessario, giacché le notizie, che giungevano a riguardo dei Turchi, incutevano timore. Infatti il 5 luglio il doge informava il protonotaro Saoli, residente a Madrid, che «il correro di Napoli porta aviso che alli 19 di giugno l'armata turchesca partì da Zanto con 370 vascelli et è poi stata scoperta fra l'isola delle Stanfarie e Botronto che tirava alla volta di Barbaria»22. Don Giovanni, oltre un numero di galee, avea chiesto pure l'artiglieria, al che il Senato rispondeva:
Ser.mo Signore. Ancora che l'arteleria della quale si accomodò S. M. Cattolica sia molto necessaria alla città nostra per il poco numero che ve ne habbiamo tuttavia non si può manchar di compiacerne V. Altezza ancora quest'anno, come in suo nome ci ha richiesto Don Gio. de Idiaquez, ben la supplichiamo che sia servita di ordinare che ne sia fatta la consignatione alle nostre galere al ritorno da Messina accioché la possiamo conservare in servitio di S. M. Il dottor Naro de Puebla il quale fu inviato qui da V. Altezza si è spedito e noi gli habbiamo dato tutte le comodità che ci ha richiesto e si come conosciamo in V. Altezza quel zelo della giusticia che maggior si può, così la preghiamo a credere che dal canto nostro non si manchi a tutti li compimenti che si possono a fine che siano severamente castigati li insolenti e particolarmente per l'eccesso che seguì li giorni adietro al Molo contra quel spagnolo del qual ci ha trattato il detto Don Gio. non mancando noi tuttavia di proseguire li colpevoli in ogni maniera. Le fanterie italiane che hanno da passar nel nostro stato per navigare in Sardegna come il detto Don Gio. de Idiaquez in nome di V. A. ci ha richiesto potranno mettersi in viaggio per imbarcarsi qui nel nostro porto di questa città tutte le volte che saran pronte le navi o galere per riceverli né si mancherà per parte nostra di darli le comodità et li agiuti che si potranno le quali saran più secondo la qualità del paese che conforme al desiderio nostro et accioché se gli possi più facilmente provedere delli bisogni necessarii siamo d'opinione che sia meglio che V. A. comandi che siano inviati a parte a parte e non tutti in una volta. Guardi Nostro Signore la Ser.ma persona di V. A. et ce la conservi longamenti alli bisogni di tutta la cristianità. Di Genova alli VI luglio 157423.
1 Senato, Atti non spediti, Filza N. 191.
2 Lettere del Senato, Filza N. 187.
3 Corrispondenze di Spagna, Mazzo V; Litterarum, Reg. 72-1848, p. 15.
4 Lettere di D. Giovanni, cit., p. 59.
5 Corrispondenze di Spagna, Mazzo V; Litterarum, l. c ., p. 17.
6 Litterarum, Reg. 71-1847, p. 54.
7 Cartularium cit.
8 Finanze, Filza N. 45.
9 Notae ex foliatiis cit. , p. 37; Lettere di Principi, Mazzo XIX.
10 Litterarum cit., p. 36; Franzone cit. pp. 1982-1983.
11 Senato, Atti non spediti, Filza N. 191.
12 Con lettera del 22 giugno 1573 da Napoli Don Giovanni chiedeva ai Genovesi un numero di galee per il suo Re (Lettere di Principi,
Mazzo XVIII).
13 Corrispondenze di Spagna, Mazzo V; Litterarum, Reg. 72-1848, p. 18.
14 Litterarum c. s.
15 Litterarum, Reg. 72-1848, p. 19.
16 Lettere del Senato, Filza N. 187.
17 Lettere di Principi, Mazzo XVIII.
18 Litterarum, Reg. 72-1848, p. 21.
19 Lettere del Senato, Filza N. 175.
20 Il 18 giugno del 1574 venivano inviati ambasciatori a Savona Agostino Calvo e Nicolò Pallavicino (Franzoni, l. r., p. 1984;
Litterarum, Reg. 71-1847, p. 71).
21 Lettere di Principi, Mazzo XVIII.
22 Litterarum cit., p. 24.
23 Litterarum, Reg. 72-1848, p. 24 v.