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    Pezzi di storia

Don Giovanni d'Austria a Portofino,
alla badia della Cervara e a Genova nel 1574 (4/4)
di Arturo Ferretto

Giornale storico e letterario della Liguria – gen/feb/mar 1903

(precedente)

Si avvicinava nel frattempo il ritorno di Don Giovanni a Genova. Il 18 luglio Gerolamo Giustiniani commissario a Gavi, scriveva che tra Voltaggio, Gavi e circostanze non si potevano mettere insieme 20 muli per trasportare i bagagli di S. Altezza, la cui partenza era prossima come aveva appreso da un gentiluomo di S. A., col quale la sera innanzi avea pernottato a Busalla1. Infatti il 27 luglio da Milano Don Giovanni avvisava Gio. Andrea Doria che l'indomani si sarebbe trovato a Piacenza2. Causa dell'improvvisa partenza fu pure certo idilio amoroso che la Serenissima di Genova, non prevedendo gli effetti, andava tessendo col nuovo re di Francia Enrico III. Il 6 luglio questi scriveva da Cremona al Doge di Genova, raccomandandogli «certa expeditione»3 che non riuscii a chiarire. Il 7 la Signoria genovese si congratulava col re «per essere stato chiamato dall'altissimo Dio ad un regno tanto nobile e tanto grande» dichiarando che «il desiderio di servirla è infinito»4. Come se ciò non fosse bastato, l'8 veniva spedito Agostino Spinola in Venezia ambasciatore al re «offrendo a S. M. il transito per il nostro dominio… offrendoli tutto quel che possiamo di comodità e per terra e per mare»5. Il 24 il re da Venezia ringraziava il Doge e i Senatori genovesi per le congratulazioni fattegli del suo avvenimento alla corona di Francia6. Queste carezze del figlio di Caterina de Medici, e presso la cui corte vivea ancora Scipione Fieschi, il fratello del triste eroe della congiura, non doveano tornar gradite a Don Giovanni d'Austria, che vedea in tal modo posta una barriera insormontabile ai suoi disegni. Pensò adunque di lasciar Milano. Il doge Giacomo Durazzo e i Senatori della Serenissima delegarono a riceverlo ai Giovi i patrizi Matteo Gentile e Gio. Giacomo Imperiale.
Altre disposizioni venivano prese il 27 luglio dal Senato il quale avvisava ventotto tra i migliori cittadini colla seguente circolare:

Le Signorie vostre insieme con altri sono state elette per andare ad incontrare il Ser.mo Don Gio. d'Austria sino a S. Francesco della Chiapetta, perciò quando sentiranno la campana grossa del consiglio si riduranno insieme e perché li Magnifici Luca Giustiniano et Gio. Battista Pallavicino doi delle S. V. sono li maggiori di età, doveranno li detti doi haver particolar cura di rivedersi insieme et dar ordine acioché in tempo segua l'effetto7.

Il 29 luglio ad altri cinquantotto veniva comunicato il seguente decreto:

Le Signorie vostre sono state elette per far compagnia alli doi Ill.mi collegi il giorno che anderanno incontra al Ser.mo Don Giovanni d 'Austria, per ciò saranno contenti quando sentiranno la campana grossa di consiglio pubblico ritrovarsi a palazzo con le loro cavalcature per andarli8.

Il giorno 31 luglio Don Giovanni, col seguito di numerosi cavalieri attraverso Bolzaneto, Rivarolo, Sampierdarena e giunse a Genova, ospitato di bel nuovo nel palazzo Doria a Fassolo.
Lo stesso giorno si scriveva ai nobili Bartolomeo Cicala, Paolo Vincenzo Lomellino, Nicolò Fieschi, Paolo Giustiniani e Agostino de Franchi:

L'Ill.me Signorie Vostre saranno contente di ritrovarsi hoggi doppo pranzo a hore venti in Palazzo per poter andar a visitare lo Ser.mo Signor Don Gio. e questo d'ordine di S. Eccellenza e dei due Ill.mi Signori di Palazzo. In Cancelleria del Mag.co Antonio Giustiniano9.

L'indomani 1° di agosto il doge emanava il seguente proclama:

Duce etc. Dovendosi condurre certi spagnuoli prigioni di verso il stato di Milano nel dominio nostro per ordine del Ser.mo Don Gioan d'Austria sotto la cura di Consalvo Riveres et Cristoforo Rosez ci è parso per buon rispetto accompagnarli con queste nostre in virtù delle quali comandiamo a tutti li giusdicenti ufficiali e sudditi nostri in qualsivogli logo del nostro dominio dove capiterano detti prigioni le dieno alli detti Consalvo e Cristoforo e suoi uomini ogni aiuto e comodità possibile acciocché possino condurli sicuramente…10.

Il 2 agosto la genovese signoria scriveva a Frate Tommaso Spinola dei cavalieri gerosolimitani, già eletto con decreto del 30 giugno generale delle galee della Republica:

Magnifico Molto R.do. Essendo noi stati richiesti dalla Maestà Cattolica di servirli per quest'estate con le nostre galere sotto l'auspicio dell'Ill.mo Sig. Don Gio. d'Austria, in quell'imprese et in quell'occorrenze, che da S. A. saran ordinate volentieri, e con ogni prontezza sì per sodisfare a noi stessi nel desiderio, che habbiamo di farli servicio sì per corrispondere in parte alli segnalati oblighi da S. Maestà riconosciamo, et acciò che il governo di dette galere riesca con la dovuta dignità e riputatione della nostra Republica et insieme partorisca quel servicio a S. Maestà che desideriamo et habbiamo appogiate sotto la sua cura, ben sicuri che con la sua prudenza et valore sostenirà questo peso con quel decoro e con quell'agevolezza che possiamo desiderarci.
Nel maneggio dunque e servigio delle galere nostre doverà in tutto governarsi secondo il volere e satisfatione di S. A., partendosi di qui seco e seguendolo poi ovunque anderà et in appresso e seguendo tutti gli ordini suoi a servicio di S. Maestà.
E quando cosa che non crediamo fossero le nostre galere gravate di far traffichi o passaggi di poca dignità e di molto risico si doverà modestamente farne risentimento da S. A., dalla quale siamo certi che s'ottenirà ogni comodo e favore, tuttavia come si sia si doverà conformarsi al suo volere.
Sarebbero molte cose de raccordarle intorno alla precedentia, tuttavia c'è parso tralasciarle appoggiando tutto questo carico alla sua prudenza, essendo certi che debba porgere ogni studio in conservare la dignità nostra.
Non mancheremo di raccordarli che siamo avisati dal nostro Ambasciatore che risiede in Spagna S. Maestà haverli detto di dar ordine a S. A. che debba licentiare le nostre galere per li 15 di settembre e però doverà stare avvertito in pigliare licenza tanto anticipatamente che possino le nostre galere arrivar a Messina in tempo di levar la sete della nation nostra, cosa di tanto sovenimento e così importante alla nostra città, e poi venirsene quanto prima, avvertendo nel ritorno di navigar sicuro e pigliar scorta di una o due fregate che possino scuoprire et assicurarne il viaggio. Di Genova alli 2 di agosto 157411.

Prima della partenza Don Giovanni fu complimentato dalla Serenissima secondo il costume d'un cospicuo regalo di zuccheri, frutta, cibarie, pollami, carni ed altre cose.
Con tutto questo ben di Dio, il giorno 8 agosto Don Giovanni diede le vele al vento colle tre galee della repubblica genovese, secondo si rileva dalla lettera 9 marzo 1575 in risposta al re di Spagna, il quale aveva chieste nuove galee: «Gli offeriamo le tre galere con che l'abbiamo servita quest'anno adietro, assicurandola perché per essere molto male ad ordine e per disgravare la Republica dalla spesa eravamo necessitati a disarmarle»12.
Il Senato genovese il 12 agosto 1574 scriveva al protonotaro Sauli, ambasciatore a Madrid, che «le galee alli 8 di questo sono partite di qui per Napoli col Ser.mo Don Ioan d'Austria»13, e il 13 a Giorgio Giorgi, ambasciatore a Vienna: «le nostre galere erano già partite col Ser.mo D. Gio. d'Austria alla volta di Sicilia con fantaria per le cose della Goletta e di Tunisi»14. Lo stesso giorno il Giorgi avvisava da Vienna: «hieri arrivò un correro da Firenze che porta solamente le scaramuccie fatte da Turchi alla Goletta et a Tunisi e che i Turchi habbino havuto il peggio per l'aviso ch'ebbe il Duca di Firenze»15.
La peggio non l'ebbero i Turchi. Il fatto è narrato in questo modo da uno storico contemporaneo: «In quest'anno 1574 sdegnato Selim imperatore de turchi che l'anno inanti Don Giovanni d'Austria havesse rimesso in Tunisi il Re dianzi scacciato da lui, mandò Sinan Bassa generale di sua armata a ricuperare quel regno et la Goletta il che gli riuscì felicemente sicché in 36 giorni fu Tunisi presa et espugnata la Goletta, nella quale si trovò infinità d'arme d'ogni sorte et di monicioni, con circa 400 pezzi d'artiglieria tra piccola e grossa che fu perdita inestimabile et fu biasimato di poco valore Don Pietro Porto Carrero che n'era governatore, et fu fatto prigione con altri rimasti vivi. Presa la Goletta fu combattuto il novo forte, fatto nello stagno, difeso per un pezzo valorosamente dal Serbellone et Italiani che v'erano dentro, ma essendo quel forte imperfetto, fatto di muraglia fresca et terrapieni deboli, mal atto perciò a resistere alla furia dell'artiglieria alla fine fu preso, con morte di molti valorosi capitani et soldati. Il Serbellone, fatto prigione con alquanti, fu condotto in Costantinopoli; quei forti furono spianati et in tal modo perdettero Spagnoli la Goletta, da lor tenuta 39 anni, da che l'imperatore Carlo V l'haveva conquistata»16. Il Bizaro aggiunge che i Turchi, armata una flottiglia di trecento triremi e biremi, il 13 luglio arrivano presso la Goletta, la prendono il 13 agosto. I nostri fanno una rocca, ma il 13 settembre viene presa d'assalto dai Turchi, i quali fecero prigioniero il capitano genovese Pagano Doria, che fu poi decapitato17.

I nostri annali non fanno cenno di questa venuta di Don Giovanni in Genova, mentre diffusamente parlano di quella dell'anno successivo, né se ne trova cenno alcuno nella illustrazione del Palazzo D'Oria a Fassolo18.
I Commentarii delle cose successe a' Genovesi dal 1572 sino al 1576 non parlano del bastardo celebre di Carlo V, e solo ricordano che Gian Andrea Doria «al principio d'ottobre (1574) chiamato dal Sig. Don Gio. d'Austria se ne ritornò in Sicilia»19.
Gian Andrea, immischiatosi nelle gravi contese fra nobiltà vecchia e nobiltà nuova, avea offerto il destro a Filippo II e a Don Giovanni di porre piede in quella Genova, che l'avolo Andrea Doria avea tenuta sempre chiusa. I due fratelli d'accordo con Gian Andrea faceano forse in modo di privar Genova di galee per trovarla povera e indifesa, qualora avessero in seguito tentato un colpo di stato a pro della Spagna. I Genovesi però s'accorgevano delle mene segrete e viveano in sospetto, né vollero più cedere il loro naviglio, che ormai andava in isfacelo. E quando il 2 agosto del 1574 Massimiliano II chiese da Vienna una sola galea per accompagnare Ser.mum Regis Hungariae et Archiducis Ernesti supremi camerarium Wolffgangum Rumpff in Vichlross fidelem, ambasciatore a Filippo II, il Senato rispondeva negativamente, del che con lettera del 9 settembre l'imperatore dei Romani facea le debite doglianze20.
Il colpo di stato, scongiurato nel 1574, fu posto in opera l'anno successivo, e allora il Doria, alla testa di Spagnoli assoldati, occupò Portovenere, la Spezia, assalì Portofino, Chiavari, Lavagna, Rapallo e Noli, con grave sospetto, osserva ben a ragione il Manfroni, che volesse consegnare le principali fortezze nelle mani del re Filippo21.


1 Lettere al Senato, 1572-1574, N. 99, p. 24 v.
2 Lettere di D. Giovanni cit., p. 64.
3 Notae ex Foliatiis cit.
4 Franzoni, l. c ., Tom. II, p. 1991; Litterarum, 71-1847, p. 82.
5 Franzoni, l. c ., p. 198 9; Litterarum cit., pp. 84-86.
6 Notae ex Foliatiis cit.
7 Senato, Atti non spediti, Filza N. 191.
8 Senato cit.
9 Senato cit.
10 Lettere del Senato, Filza N. 187.
11 Franzoni cit., p. 1987.
12 Litterarum, Reg. 72-1848, p. 47.
13 Corrispondenze di Spagna, Mazzo V; Litterarum, Reg. 72 - 1848, p. 27 v.
14 Litterarum, Reg. 71-1847, p. 100.
15 Corrispondenze di Vienna, Mazzo IX.
16 Giuseppe Cambiano Historico Discorso, in Mon. Hist. Patr., Scriptorum, Tom. I, col. 1193.
17 Senatus Populique Genuensis Historia, Antuerpiae 1579, p. 580.
18 Merli e Belgrano in Atti della Società Ligure di Stor. Patr., Vol. X.
19 Pubblicati per cura di Vincenzo Alizeri, Genova, Tip. Ferrando, 1838, p. 30.
20 Lettere di Principi, Mazzo 1.
21 C. Manfroni, Gian Andrea D'Oria in Rassegna Nazionale, Fascicolo 1 luglio 1901, p. 17.

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