L'Illustrazione italiana – 31 luglio 1887
La Boca
Al sud di Buenos-Aires, a sei o sette chilometri dal centro della città, lungo la riva di un canale chiamato del Riachuelo, si stende la Boca, un quartiere o
meglio un sobborgo vastissimo della popolazione. Sta diviso soltanto dalla città per un largo spazio di terreno, nel quale non vi sono ancora che poche case
sparpagliate: la comunicazione è comoda, facile, rapida, continua per tramway e per strade ferrate, eppure ha un carattere così diverso, così speciale che direbbesi
lontano cinquanta miglia. Molti, anche in Buenos-Aires, parlano della Boca come se parlassero di un'altra città, non di un quartiere che sta a due passi dalla gran
piazza Victoria.
Il contrasto procede dalla diversa architettura delle case, e più ancora dalla natura, dal carattere e dai costumi degli abitanti. Le case sono quasi tutte di
legno, d'un solo piano, fabbricate su palafitte come in Amsterdam, fra molte altre ragioni, anche perché la Boca si trova in un terreno alcuni metri più basso del
resto della città, due o tre soltanto sul livello delle acque del Plata; e lo straripamento del Riachuelo, che è un piccolo fiume canalizzato nello sbocco, l'ha
inondata più volte e forse l'avrebbe in parte distrutta senza quella speciale costruzione delle case.
Gli abitanti, poi, in numero di più ventimila con quelli dei sobborghi contigui di Barracas, son quasi tutti italiani, predominando fra essi i genovesi, cosa non
strana, se si tien conto che la Boca è finora il quartiere marinaro, il vero porto di Buenos-Aires,
I genovesi continuano bene le loro gloriose tradizioni marittime e provano dovunque che ancora conservano l'audacia e le qualità degli antichi. Le mutate
condizioni dei tempi non hanno mutata l'indole loro, che, in armonia coi nuovi progressi, si sviluppa e si palesa in una operosità ardita e instancabile. Il mare è
pel genovese ciò che lo strumento è pel musico, la solitudine pel poeta, la guerra pel militare: esercita su di lui una attrazione irresistibile, lo seduce
specialmente co' suoi furori e le sue minacce, che gli accendono il desiderio di mettere a prova le sua tempra virile. Anche la natura pare voler spingere al mare
il genovese, le montagne incalzano le popolazioni della Liguria, le stringono in una striscia di terra, formano una barriera alta e imponente come se volessero
impedirgli di volgersi indietro e allontanarsi dal mare; e come se ciò non bastasse, a quando a quando i terremoti, scuotendo e sovvertendo anche quel piccol tratto
di terra, pare vogliano indicare agli abitanti che la loro magione terrestre non è sicura, che il loro destino è il dominio delle acque.
La navigazione di cabotaggio nelle due rive del Plata è quasi tutta in mano di genovesi, che si fanno stimare in America, come in Europa, per le loro speciali
attitudini. Nella Boca, poi, sono come in casa propria, perché circondati dalle acque e dai bastimenti, in contatto incessante coi patriotti che arrivano e partono,
vivono in armonia colle loro inclinazioni, cioè con un piede in terra e un altro su di un legno.
Anche la popolazione riceve da loro un carattere speciale: le strade, le case, le botteghe, i costumi, il movimento, le foreste inestricabili dei navigli che si
accalcano nel canale formando immense ragnatele di corde, il puzzo di catrame, i gruppi numerosi di marinai e battellieri dai grossi stivali e dalle camicie di
flanella, che si riuniscono lungo il canale per discutere vivamente di affari marittimi, tutto, insomma, ha una certa aria della patria di Balilla.
La Boca è nei giorni di festa il passeggio prediletto della bassa popolazione italiana di
Buenos-Aires, specialmente quando c'è ancorato qualche nostro vapore transoceanico, dei pochi che si arrischiano a entrare nel canale, il cui fondo offre non poche
difficoltà pei grossi piroscafi. Numerose famiglie, colle loro nidiate di bimbi prendono d'assalto i treni, invadono i tramway, corrono dove sta il vapore,
s'affollano e s'ammontano su per la scala e passano ore intiere a bordo guardando le macchine, la prua, la poppa, le cucine, i camerini di prima e seconda classe,
gli innumerabili letti dei passeggeri di terza, comunicandosi mutuamente i ricordi che in quell'istante s'affacciano alla loro mente, citando i casi che occorsero
e le sofferenze che patirono in quello stesso o in un altro vapore nel viaggio da Genova all'America, osservando tutto, fermandosi su ogni cosa, viaggiando colla
rapidità istantanea del pensiero dall'Italia all'America e dall'America all'Italia, tutti allegri, loquaci, espansivi più del solito, perché quel vapore testé
arrivato dai patri lidi, pare porti qualche cosa, un saluto, un ricordo, un po' d'aria dell'Italia lontana.
In quei giorni la Boca offre un aspetto animatissimo. La fotografia che vi mando ne dà una piccola idea. Qui la gente che s'accalca per salire sul vapore
facendo equilibri sui tavoloni che ne danno l'accesso; là i passeggianti che si confondono in una mescolanza strana e cosmopolitica di tipi, di fogge e di colori;
sull'acqua le lance che traghettano gruppi di persone all'altra riva del canale, che è un luogo di ricreazione, i fischi dei vaporetti che rimorchiano i bastimenti
a vela, i canti dei marinai, il fumo delle povere cucine delle barche fondate nel canale; in terra, gli accenti d'ogni lingua e dei dialetti d'Italia che si
incrociano in tutte le direzioni, i battellieri tarchiati e robusti che offrono i loro servizi, i tramway, i carri, le vetture che passano accanto ai vapori, una
rinnovazione incessante, famiglie d'ogni paese, che formano uno spettacolo allegro, nel quale la vita di terra e la vita di mare si rasentano come in una gran festa
di alleanza, di fraternità e di pace.
Colla costruzione del nuovo porto, la Boca rimarrà chiusa fra due porti, il vecchio, cioè l'attuale del Riachuelo, ed il nuovo. Crescerà in importanza, si
svilupperà ancora più rapidamente, miglioreranno le sue condizioni igieniche ora abbastanza deplorevoli per mancanza d'acqua potabile e di cloache, e i genovesi
staranno ancor meglio nel loro elemento.
La Piazza della Victoria
E' la gran piazza più centrale di Buenos-Aires, come la piazza del Duomo lo è in Milano, quella di San Marco in Venezia, quella del Sol in Madrid: centrale per
l'importanza e il moto della vita cittadina, ma non per la sua posizione, perché si trova in un estremo della città.
La piazza è vastissima, come del resto sono quasi tutte le altre di Buenos-Aires, la Constitucion, 11 settembre, General Savalle, ecc. Esteticamente non offre
attrattive speciali, sebbene la sua posizione sia bellissima e la circondino alcuni buoni edifizi, principale fra tutti il palazzo governativo che si stacca
isolato in un dei lati, vicino al fiume; esiste, però, un vasto progetto d'ornato che la trasformerà lentamente. Ora ha un aspetto un po' derelitto colla sua
vastità appena interrotta da due piccoli monumenti, che lasciano abbastanza a desiderare come tali, e da una doppia fila di palme dai tronchi lunghi, esili, nudi
come pali di telegrafo, e dalle foglie a lame, che paiono grossi pennacchi di soldati di cavalleria.
Nella fotografia che pure vi mando si vede circa la metà della piazza limitata a destra da alcuni vecchi edifizi con portici, e di fronte, dal palazzo
governativo, dietro il quale si stende e si perde nell'orizzonte la superficie tranquilla delle acque solcate da mille bastimenti. Col nuovo porto, nondimeno,
guadagnandosi al fiume circa un chilometro, sorgeranno più in là nuove strade e nuovi palazzi.
Nella piazza della Victoria, o 25 di Maggio come si chiama ufficialmente, sì concentra la parte più importante del moto, della vita cittadina; non è centrale, ma è
centralizzante.
In essa si trovano i Ministeri, il Congresso, la Cattedrale, i Tribunali, la Dogana, la Borsa di commercio, il Municipio, la Direzione di polizia; ed a poca
distanza i Banchi, le officine dei giornali, le migliori botteghe, le strade meglio selciate, gli edifizi più grandiosi, i più importanti stabilimenti pubblici e
privati. Perciò dalla mattina alla sera, non nel centro certamente, perché vi sarebbe spazio per tutti, ma all'intorno, nei larghi marciapiedi e nello spazio
assegnato ai veicoli, la gente e le carrozze s'inseguono, s'incrociano, regna un movimento, una animazione straordinaria.
Le otto grandi strade che vi metton capo, Rivadaria, Victoria, Bolivar, San Martin, Defensa, Reconquista, Balcarce e 25 Maggio, vomitano incessantemente, come
torrenti impetuosi, ondate rumorose di popolo e di vetture, che si suddividono e sparpagliano in cento file, come battaglioni che si stendano in guerriglia. I
tramway e le carrozze si avvicinano e ammucchiano tanto che pare debbano urtarsi e triturarsi, e d'improvviso si separano ed allontanano con rapidità, come se
fuggissero spaventati.
La gente affaccendata che corre, i saluti allegri, le conversazioni animate dei gruppi, le grida di cuidado1 dei vetturini, i
canti discordi dei merciaiuoli ambulanti che proclamano a squarciagola la loro mercanzia, gli urli dei venditori di giornali, gli squilli di corno delle diligenze
formano a tutte le ore uno spettacolo allegro e variato. Là si preparano e organizzano le dimostrazioni, si passano le rassegne militari nelle grandi solennità, si
fanno le più splendide illuminazioni, si celebrano i fatti più importanti della vita cittadina o nazionale. In tali giorni, specialmente il 25 di
maggio2 e il 9 di luglio3, che sono i giorni delle grandi commemorazioni patriottiche, come succede in uguali
circostanze nelle piazze centrali delle grandi città europee, lo spettacolo è ancor più bello e imponente.
Le truppe, schierate in linea di battaglia o in formazione di colonna per compagnie, occupano lo spazio assegnato ai veicoli, e il resto della piazza, come vidi
ieri stesso, si riempie di una moltitudine compatta e impenetrabile di gente di tutti i paesi, predominando, com'è naturale, gli argentini e gli italiani. Sapendo
la composizione cosmopolitica della città, è facile immaginarsi, ma non di certo dire e descrivere, le sorprese che si ricevono, le fogge che si osservano, i tipi
che si vedono, le rarità che si sorprendono, le esclamazioni, le frasi, le parole che si odono, l'effetto che produce la mescolanza, la confusione di tante lingue e
dialetti diversi, ed a cui ben potrebbero applicarsi i noti versi di Dante nella porta dell'Inferno.
I balconi e le finestre di tutte le case all'intorno della piazza si riempiono di famiglie aristocratiche di matrone, e giovinette, di curiosi che stringono le
distanze, che spuntano per le terrazze e pei tetti, e paiono dar moto agli edifizi.
Poi, quando le truppe sfilano sotto le finestre del palazzo governativo, dove sta il presidente coi ministri, senatori, deputati ed alti dignitari, bisogna
udire le comparazioni strane, le critiche, gli elogi, le osservazioni che si fanno dagli italiani, francesi, tedeschi, spagnuoli, soprattutto dagli
ex-militari europei. Qua si ricordano i bersaglieri, là i zuavi, da un'altra parte gli ulani, più lungi i cacciatori, parole e frasi appassionate, che muoiono sulle
labbra aperte di chi le pronunzia, quando alle volte, al girare il capo, s'abbattono i suoi sguardi negli sguardi torvi e biechi d'una faccia minacciosa e
terribile, che esprimendo la collera dei sentimenti offesi, dimostra d'aver capito e dà ad intendere meglio che se gridasse:
- Badate a ciò che dite. Questa truppa è così buona e capace di morire come la vostra. Non abbiamo sangue di pecora noi. La patria, l'onore, il valore, qui si
apprezzano tanto almeno quanto in casa vostra.
1 attenzione
2 Rivoluzione del 1810
3 Dichiarazione d'indipendenza del 1816