Il 31 maggio 1797 cade la Repubblica aristocratica di Genova guidata dal doge Giacomo Maria Brignole; il 14 giugno nasce la Repubblica Ligure democratica, a
seguito dell'intervento del generale Napoleone Bonaparte nel corso della Campagna d'Italia. La Repubblica, vassalla della Francia, cesserà con l'annessione al Primo
Impero francese nel 1805.
Riportiamo di seguito l'Introduzione contenuta nel N.1 della Gazzetta Nazionale Genovese del 17 giugno 1797 (Anno primo della libertà).
Una Società di Patrioti Genovesi imprende a scrivere un foglio periodico di Novelle Patrie, e di pubblica instruzione, sotto il titolo di Gazzetta Nazionale
Genovese. E' troppo giusto, che i bravi Cittadini, che hanno prese le armi in questi giorni felici per liberare la Patria, prendano ancora la penna per
istruirla, e diffondere i loro lumi, per quanto è possibile, sopra tutta la Nazione. Sono finiti, lode al Cielo! i tempi avari, e i costumi crudeli, nemici della
libertà e della luce, quando la mano di uno Scrittore, legata come il suo piede da una catena di ferro, non poteva ardire di rendersi utile, e scrivere la verità, e
illuminare il Popolo. Un Governo di chimere, e di fumo doveva ben temere di essere dissipato da qualunque soffio di aura libera, e penetrato, e sconvolto da
qualunque lume; e non poteva presumere di rendersi rispettabile che nel bujo dell'ignoranza, e nell'abbiezione della schiavitù.
Come ha mai potuto il bravo Popolo Genovese cadere in tanta cecità, e in tanto obbrobrio per piegarsi a credere di buona fede, che i Cittadini, che compongono
la nostra Società fossero divisi naturalmente in padroni, ed in schiavi; che altri fossero nati per dominare, ed altri per servire; che il sangue che si chiama
illustre, e il cognome che si chiama nobile avessero una virtù ingenita, una magia segreta, che rendesse i tali Cittadini privilegiati, e distinti sopra tutti gli
altri, e i soli illuminati, i soli virtuosi, i soli atti a governare esclusivamente, e imperare per proprio diritto sopra l'intiera Nazione Genovese! Come ha mai
potuto credere, che il Santuario delle Leggi, il Simulacro della Giustizia, il Tempio della felicità Nazionale, i Ministri del bene pubblico, le loro funzioni, i
loro riti, tutto dovesse essere involto in una nube misteriosa, e impenetrabile, e chiuso allo sguardo, e all'accesso del Corpo della Nazione, cui appartiene, che
sostenta sopra il suo dorso questo solenne Edificio, e ha raccolti, e depositati in esso tutti i diritti, e le fortune, e le speranze de suoi Cittadini? Come ha mai
potuto credere, che fosse possibile di dare un Governo alla Nazione, e alterarlo, e cambiarlo, senza il voto pronunziato, e legittimo; e dettarle delle leggi
arcane, senza che ne sapesse la ragione, né l'oggetto; e levare delle contribuzioni non motivate, e arbitrarie; e disporre del suo tesoro, del suo Territorio, e di
tutta la Nazione medesima, come di una proprietà assoluta de' pochi individui, che la governano, e non di tutti gli individui, che la compongono? In quale cecità,
in quale obbrobrio siete vissuti finora, o Cittadini Genovesi!
E' comparsa finalmente sul nostro orizzonte la Libertà. Una mano invincibile l'ha condotta in Italia, sulle tracce della Vittoria; e ha fatto brillare ai nostri
occhi, in tutto il suo fulgore, il sacro fuoco, che la circonda. Una scintilla di questo fuoco ha destato un incendio ne' nostri petti di antica tempra
Repubblicana, e siamo risorti, siamo liberi, e rigenerati in un giorno. Ah finalmente!
: il nostro cuore si dilata, e si solleva, e batte con libertà; i nostri
occhi sono aperti, e sereni, e non hanno più bisogno di comporsi in guardatura servile, e timorosa; la nostra mente può ardire di pensare, e ragionare; la nostra
bocca può ardire di parlare; la nostra mano può ardire di scrivere; e ci possiamo comunicare liberamente le nostre idee, e consigliare, e ammaestrare a vicenda.
Quale legge tiranna, quale politica infame ha potuto interdire al Popolo di sapere i suoi diritti, di conoscere i suoi interessi, di ragionare, di parlare!
Sentite dunque, o Cittadini Genovesi, sentite le grandi verità, che la Natura ha scolpito nel nostro cuore, la Religione ha proclamato, la tirannia ha cercato
di soffocare, e la Ragione ha fatto risorgere: sentite!
SIAMO TUTTI EGUALI: non vi è né primo, né ultimo nelle Società; il sangue, i cognomi, i titoli sono chimere; le esenzioni, e i privilegi sono usurpazioni; non
vi è né Nobile, né Ignobile, né condizione, né grado, né distinzione; non vi è che un solo nome per tutti, siamo tutti Cittadini, e tutti Popolo.
IL SOLO POPOLO E' SOVRANO: e come il mondo intiero appartiene al Genere umano, e alla Collezione universale degli uomini, che Iddio ha creato; così la Nazione
intiera appartiene alla massa totale degli individui, che esistono, e vivono in quella Nazione. Essi sono i soli Padroni di adottare quella forma di Governo, che
meglio stimano, e credono più confacente al bene di tutti, e variarla, e cambiarla col loro voto legittimo. Dipende da essi il confidare l'amministrazione di questo
Governo a i Cittadini, che giudicano più saggi, e illuminati, e qualunque Cittadino può aspirare a questo onore; e i Cittadini prescelti non governano in nome, e
per vantaggio proprio, ma in nome, e per vantaggio del Popolo; e sono suoi Ministri, e Procuratori, e sempre obbligati a render conto della loro amministrazione, e
riformarla, e rinunziarla a seconda della volontà legittima del Popolo, in cui risiede perpetuamente assoluta, e indivisa, e inalienabile la Sovranità.
SIAMO TUTTI LIBERI; e padroni di noi medesimi, e non soggetti al dominio e alla volontà di nessuno. Siamo soggetti alle leggi, e alle sole leggi, e tutti
soggetti egualmente alle Leggi medesime, perché conducono al bene comune, e non vietano, e non prescrivono che quel che nuoce, e giova al Popolo; e sono regole
necessarie di vita, che ci siamo prescritte da noi medesimi, per il vantaggio di tutti, e per fare o non fare agli altri, quel che vogliamo che essi facciano o non
facciano a noi, che è la sola maniera possibile di essere tutti liberi egualmente. Nel Governo de' Tiranni siamo schiavi, perché la loro volontà è la legge, e non
il bene comune; perché quella legge giova ad essi, e non al Popolo; perché essi non l'osservano, e la fanno osservare dagli altri; perché tolgono alla Giustizia la
bilancia dell'Uguaglianza, e la benda dell'imparzialità, e fanno servire la sua spada a minacciare, e ferire a dritto, e a rovescio il Popolo infelice.
Queste solenni verità, che annunziamo in compendio a i Cittadini Genovesi in questo primo foglio della nostra Gazzetta Nazionale, saranno sviluppate
distintamente, e analizzate con frutto, e addattate all'intelligenza di tutti ne' fogli successivi, che saranno consecrati principalmente all'instruzione del
Pubblico, in questi oggetti importantissimi di Libertà, di Uguaglianza, e di sistema di Governo Repubblicano. Scuotiamo altamente la face luminosa della ragione per
tutto il territorio della Nazione Genovese, e spargiamone le scintille sopra il Popolo, e dirigiamole principalmente sopra l'Artigiano e il Contadino e il più
volgare operajo. Facciamo sentire a questi nostri Fratelli, degradati indegnamente nell'antico regime alla classe de' bruti, facciamo loro sentire, che essi pure
sono uomini, e sono eguali a tutti gli altri Cittadini, e cari alla Patria, e benedetti dal Cielo, che prepara ad essi principalmente in un sistema più giusto, e
benefico il sollievo, il conforto, e la prosperità.
Ci faremo un dovere di essere sobrj, e castigati nello scrivere, e la nostra penna proclama solennemente, sull'esempio del nostro Governo Provisorio, un
amnistia inviolabile in favore degli Ex-Nobili, anche di quelli che si sono resi male-meriti della Patria. Dovremo parlare qualche poco del loro sciagurato Governo,
che non possiamo sicuramente né lodare, né giustificare, né compatire; ma possiamo compatire, e dobbiamo risparmiare, e risparmieremo religiosamente le persone; e
non devono temere, i così detti Oligarchi, il menomo insulto personale della nostra penna.
Faciamo anzi presente al Pubblico, che una parte di questi Ex-Nobili ha molto contribuito e col senno, e colla mano alla nostra felice Rivoluzione, e ha molto
sofferto nel glorioso acquisto della Libertà, e merita la più solenne riconoscenza di tutta la Nazione Genovese. Altri di essi, per parlare di tutti, attaccati
tenacemente, e per principio, all'antico sistema stabilito, e spaventati forse dal pericolo di una riforma, hanno insistito e combattuto, con buona intenzione, per
la conservazione impossibile di un Governo moribondo; e si deve sperare, che essendo ora morto, e dannato per sempre, sapranno conoscere, e detestare i difetti, e
le usurpazioni, e gli orrori dell'antico regime, e applaudire alla ragionevolezza, a i vantaggi, alla necessità di un migliore ordine di cose, fondato sulle basi
eterne della Libertà, e dell'Eguaglianza; e avranno per il nuovo Governo, che sarà adottato dai Popolo, il medesimo zelo, e attaccamento, che hanno avuto, con tanta
cecità, per i loro deliri vergognosi, le chimere, ed il fumo, che si sono finalmente dileguati, e sono scomparsi per sempre dal nostro felice Orizzonte, rischiarato
da una bella aurora di Libertà.
Altri finalmente, abituati da lungo tempo, e invecchiati negli errori della loro infanzia, e sempre infanti, hanno caminato, con passo quadrupede, e il morione
sopra gli occhi, per la strada antica della loro inetta rotina, e sono ricorsi in tempo di luce, e a mezzo giorno, alli medesimi spaurachj infantili, che erano usi
a praticare con qualche successo nella notte più cupa dell'ignoranza. Dobbiamo essere tenuti a costoro di avere accelerato, co' i loro errori instruttivi, l'Epoca
fortunata della nostra Rigenerazione.
Nelli giorni più funesti, e perigliosi, e decisivi, che hanno preceduto la nostra liberazione si sono spiccati dal centro della rivoluzione Italiana de' foglj
utilissimi, scritti con felice ingegno, e patriotica energia, che attaccavano di fronte i nostri audaci Oligarchi, e disvelavano i loro atroci misteri, e mordevano,
con personali e giuste rampogne, l'ipocrisia, la prepotenza, la rapacità. Tali ostilità erano allora opportune e indispensabili, perché si trattava di combattere,
con tutte le armi possibili, in guerra offensiva, i nemici della nostra Libertà, minacciosi, e potenti, e malconosciuti dalla Nazione. E come è stato necessario di
metter mano a i fucili, e alle bajonette, per rovesciare il loro Trono, e liberare la Patria; così è stato necessario di impugnare una penna ostile e animosa, per
toglier loro di viso la maschera, ed esibirli in giro al Popolo in tutta la loro deformità.
Ora però che sono vinti e debellati, e prostrati ai piedi della Nazione vittoriosa, sono divenuti persone sacre, e inviolabili, e sono al coperto delle nostre
armi, come della nostra penna. Imitiamo in tutto, per quanto è possibile, il nostro Liberatore, che forse possiamo ardire di chiamare nostro Concittadino, che
quanto è fiero, e terribile contro i nemici armati, altrettanto è umano, e generoso co' i nemici vinti, e ravveduti, e porge loro, invece di catene, delle Leggi
saggie, e sublimi per la loro felicità.