Nuova Stampa Sera – 21 ottobre 1948
Se chiudeva un occhio, pareva che un bottone di madreperla si staccasse da un panciotto color tabacco -, hanno lasciato scritto di lui. Aveva insomma due begli
occhi chiari, mezzi da ciurmadore1 mezzi da fidanzato, ed il muso crepato dal sole come una pagnotta cotta mezz'ora fa.
Siccome una volta era stato in Francia, lo chiamavano nelle ville a insegnare i baciabassi2 e la
controdanza3 alle signorine. Quand'era tempo di buriana, era
lui che s'avventurava sul molo col bambù fra le mani ad accendere il faro di Santa Margherita. Alla festa della Madonna, portava il Cristo moro in salita e in
discesa, poi correva nel chiosco comunale a dirigere, in tubino, la combutta clamorosa dei flauti e dei fagotti. Tagliato ad armadio com'era, lo chiamavano a
comporre le liti; passava da amico delle guardie, sorvegliava le elezioni del sindaco, ed era il più frenetico nell'organizzare la giornata della «giovinezza
del remo», correndo per le case a raccogliere quegli oggetti strani - un feltro guarnito di pere, due fogli di carta da musica con su scritto a penna un
valzer inedito, un piegabaffi - che poi comparivano nella lotteria. Tutte belle cose, sante se vogliamo, ma non rendevano una lira.
La moglie, con quel campione di marito, non campava davvero di brodi di quaglia: le toccava stare gobba sul tombolo tutta la settimana, e poi la domenica
piantarsi sul lungomare, con la cesta del pizzi sulle ginocchia, per incantare gli inglesi. E magari quel benedetto le passava davanti, alto, risoluto, elegante,
gli occhi in un altro mondo, la bocca un poco storta, perché sì, alla fine dei conti, lo Schiappacasse soffriva. Soffriva che il suo paese (Santa Margherita Ligure,
tra Portofino e Pagana) non avesse alcun personaggio annidato tra le pagine delle enciclopedie. I paesani, testardi e birbanti, si erano arrampicati su tutti i
meridiani senza agitarsi troppo; a una certa ora, messe da parte quattro palanche, tiravano su la casa con l'orto vicino, e se ne stavano in panciolle sotto la
palma zitella, zitti come baccalà, col naso imbottito di tabacco.
Nessuna avventura in grande, nessun periglio, nessun miracolo aveva mai provocato l'estro per due righe di storia. Ci faceva una malattia, lo Schiappacasse; poi
un bel giorno ci fu qualcosa di nuovo, qualcosa che era meglio non fosse mai accaduto. Perché ora tutti dicono: «E' uno del paese della balena, è un pescatore
di quelli diritti» quando vedono un santamargheritese, uno dei nostri.
Ciabattona, tumida, indolente, col pettine dei fanoni terribile a fiore del muso, la balena lascia Portofino, zoppica da punta Chiappa fino alla Carrega, arriva di
fronte al molo vecchio inaugurando un sottile zampillo iridato. Sembra proprio una balia indomenicata a passeggio per un prato azzurro, con tanti monelli intorno, i
cefali litigiosi, le sogliole quaresimali, la minutaglia intrigante dei gamberetti e delle acciughe. Di Santa Margherita le piace il paesaggio assiepato di case
scarne e serene, i castellucci in punta di piedi tra i pinastri di Pagana, e la Cervara, nobile e candida, in mezzo alle cotogne. S'accuccia, la balena, all'ombra
del molo vecchio, e s'addormenta a modo suo.
Quelli di Santa Margherita che, tanto per dire, nascono tutti in mare e una barchetta gli fa da culla, non avevano mai visto una balena. Delfini trafelati e
bizzarri sì, e pescispada col naso di Pinocchio e gli occhi tenerini, e perfino pescecani infilati nel tenebroso cappuccio della loro confraternita capitavano di
tanto in tanto a riempire di scaracchi4 e di fremiti le acque del golfo. Ma fino al 1912, è storico, non s'era mai vista una balena
passeggiare per le acque di famiglia.
La novità chiama i maschi del paese intorno al faro. Cominciano a discutere tutt'assieme sugli umori dell'ospite inatteso, sulla quantità di olio, di ciccia e
di stecche che si potrebbero ereditare una volta che il bestione fosse bell'e morto e senza più fantasia.
Salta fuori lo Schiappacasse, cervello fino. Si agita, urla, aizza i parrocchiani; bisogna fare così e così: imbracare lo squalo con un canapo resistente e, una
volta che sia immobilizzato, fargli con il picco un buco nella schiena. Dentro il foro, nascondere una bella mina da cavatori. Fuoco alla miccia, e chi piglia
piglia, come a Carnevale quando si dà il colpo gobbo alla pentolaccia. I paesani, in fregola, applaudono; arriva la gomena, arriva la dinamite in un bauletto da
viaggi, arriva il volontario con il picco e gli occhi cattivi.
La balena, quando s'accorge che le stanno solleticando la pancia, soffia sussulta minaccia, si congeda in una maniera così clamorosa che pare sbatta dietro di
sé un'immensa porta a vetri, fracassandola. Un'iradiddio, tutti quanti a bagno. Nel trambusto, lo Schiappacasse sparisce alla maniera di Romolo, fra scintille e
manciate di stelle.
Subito la notizia si sparge per tutto il Golfo. I chiavaresi, dai loro poggioli, puntano i binocoli e dicono, dandosi del gomito: «Guardiamoceli un po',
questi domatori di squali!» Quelli delle parrocchie dell'Appennino, quando passano davanti al Dazio, gridano: «Abbiamo il latte per i pescatori di
balene!» e giù a ridere E cosa scrivono i camoggini sui loro brogliacci di bordo quando gettano l'ancora nelle acque di Santa Margherita? «Giorno tale,
alla fonda del Polo Nord».
I paesani sono furibondi, parlano di mandare in esilio la moglie dello Schiappacasse, responsabile di «aver mantenuto quel bel generino!». Dopo tre
giorni si riunisce il consiglio comunale, chi la vuole cotta chi cruda, e ora se le danno, ora se le danno. Ma ecco, al colmo della lite, salta fuori lo
Schiappacasse, proprio lui, col suo tubino a otto riflessi, ilare e fortissimo: tale quale Giona nelle Sacre Scritture, la balena lo aveva risputato. I picciotti,
che un momento prima gli avrebbero mangiato il fegato, ora s'ammucchiavano affascinati uno sopra l'altro, senza voce, senza respiro. Egli disse, nel silenzio
generale: «So cosa gli altri dicono di noi, ma ecco, li sfideremo tutti quanti! Dobbiamo mettere la balena nello stemma di Santa Margherita Ligure,
semplicemente», e s'avvicinò al tavolo del sindaco, e cominciò a disegnare sul protocollo del verbale un pescione nero col suo zampillo e tutti i denti, come
se ne vedono nelle oleografie del Polo Nord.
Ecco, la balena era lì, innocua a docilissima, della grandezza di una sardella, sul tavolo del consiglio comunale di Santa Margherita. Allora i compaesani
scoppiarono in un applauso, che avevano imparato dal loro demone come si fa a pescare senza alcun rischio e con la massima eleganza, il più presuntuoso di tutti i
pesci.
1 ingannatore
2 inchini
3 quadriglia
4 sputacchi