La lettura – luglio 1902
Da un articolo di Lucio Ambruzzi (1865-1952), nella "Natura ed Arte" del 15 maggio
A Montevideo [capitale dell'Uruguay] vi sono quasi centomila Italiani che non dimenticano la patria loro e ne danno la prova in tanti modi. Ricorrendo le
nostre feste nazionali, quella città sembra italiana, tante sono le bandiere tricolori esposte dovunque; e tutti sanno le ragguardevoli somme raccolte laggiù quando
qualche sciagura ha colpito il nostro paese. Ma il patriottismo di quei nostri fratelli ha un gran nemico: la lingua. Dopo pochi anni, gl'Italiani mediocremente
colti si trovano, sotto questo aspetto, spagnolizzati; che dire poi degli incolti! E la fratellanza dei due idiomi contribuisce a produrre un miscuglio
terribilmente comico. Infinite parole spagnuole, che suonano come voci italiane, significano tutt'altra cosa; per esempio: largo vuol dir lungo; vela,
candela; carta, lettera; rostro, viso; cara, faccia; burro, asino; manteca, burro; pasto, fieno; caldo, brodo;
corte, taglio; mesa (pronunzia messa), tavola; salir, uscire; balar, belare; trufa, tartufo; regazo, grembo;
bravo, cattivo; aceite, olio; tino, criterio; noche (pronunzia noce), notte; topo, talpa; calar, forare:
seso (pronunzia sesso), cervello; amo, padrone; loro, pappagallo; gota, goccia; apagar, spegnere; testimonio,
prova; monton, mucchio; viso, sottana; boya, gavitello; primo, cugino; bote, barchetta; bisoño, (pronunzia
bisogno), recluta, e via dicendo. Ne nasce un pasticcio, con l'aggravante che si dà facilmente terminazione spagnuola a parole italiane, e viceversa.
In tal modo si è venuta formando una lingua italocastigliana, che, quantunque non riconosciuta da nessuna accademia, possiede già, purtroppo, una letteratura.
- Prenda la vela, dice la padrona alla serva italiana da poco arrivata; e la serva s'affanna a cercar la vela per la casa, mentre la padrona ha voluto
dire. - Accenda la candela!
Viceversa una signorina italiana, accarezzando le manine d'un bambino, esclama: - Che belle manine di burro! E la mamma, troppo famigliarizzata col
miscuglio italo-spagnuolo, quasi se ne offende, credendo che abbiano chiamate zampette d'asino le mani del rampollo.
- Vamos a la mesa (messa) - dice la padrona di casa agli ospiti, i quali capiscono che bisogna andar in chiesa, mentre la zuppa è in tavola.
Una signorina aveva vinto un premio letterario, e un giovanotto esclamò, per esprimere il suo compiacimento:
- Siento que usted ha ganado el premio; - ma l'altra gli voltò le spalle con una smorfia, perché siento vuol dire: mi dispiace
Lo
stesso giovanotto, vittima dei disparates, disse ad una mitissima creatura: Usted es muy brava, volendo lodarla; mentre brava significa
cattiva; e ad un'altra signorina, molto bigotta, volendo significare che, con un certo vestito, sembrava molto più giovane, disse: «Usted me pariò una
niña». La signorina scappò come un'ossessa, avendo capito: «Ella mi partorì una bimba
».
Un saggio di questa lingua mista si trova nel seguente sonetto d un autore di vivace ingegno; il poeta finge che parli un padre di famiglia italiano, tenero
della lingua natale:
Mi dann'asco, caramba, certi tali
Che dispoi quattro dia che son gegati,
Voglion far da creoggi rematati
Ed ablano un idioma da animali.
Io, fra la crisa e tanti altri mali,
I termini italian non li ho olvidati,
E molti casi non mi son faltati
Di corregger quei burri madornali.
Sinimbargo al mio nigno ce l'ho detto:
«Muciaccio, si no apprendi l'italiano,
Ti mando sempre sin comére a letto.»
Che pu cia, cari miei! Paresse un Dante!
Ci ha un talento quell'icco di cristiano.
Che l'abla quasi come me, il tonante.
Il che vuol dire: «Mi fanno schifo, per bacco, certi tali - che dopo quattro giorni che sono arrivati - vogliono fare da creoli consumati - e parlano un
idioma da animali. - Io, fra la miseria e tanti altri mali - i termini italiani non li ho dimenticati - e non mi sono mancati molti casi - di correggere quegli
asini madornali. – Nonostante a mio figlio glie l'ho detto: - "Ragazzo, se non impari l'italiano - ti mando sempre a letto senza mangiare". - Peffare, cari miei!
Pare un Dante! - Ha un talento, quel figlio di cristiano – che quasi lo parla come me, il furfante!
»
E' ingiusto accusare di poco patriottismo quegli Italiani che perdono laggiù così miseramente la loro favella. Nell'aspra lotta per il pane è una necessità per
essi imparare lo spagnuolo; e non è meraviglia che dimentichino la lingua materna o la pasticcino come si è visto. Nelle famiglie agiate, se sono italiani entrambi
i genitori, i figli imparano a capire e talvolta a parlare il dialetto domestico; ma se è italiano solo il padre, egli deve rassegnarsi a parlare la lingua che la
madre ha insegnata alla prole. E, fra i poveri, la lingua nostra è più coltivata; perché questi mandano i figli alla scuola italiana sussidiata. Ma è sempre troppo
poco, e c'è una sola speranza: nel comitato della Dante Alighieri, il quale da quattro anni lavora e prepara un programma. La colonia italiana dell'Uruguay
risponderà al suo appello, perché del patriottismo ce n'è d'avanzo. Oltre ad un giornale politico quotidiano: L'Italia del Plata, si pubblica laggiù anche un
periodico letterario: L'Ausonia - lusso che si concede solo la colonia nostra.