L'amore per la propria città si può manifestare in molti modi: Renato Dirodi ne ha scelto uno per niente originale che tuttavia è diventato unico per la passione e
la competenza che vi ha dedicato.
La sua raccolta di cartoline, o meglio "immagini", è ineguagliabile perché corredata da notizie storiche, testimonianze raccolte, ricordi personali che ne fanno
uno scrigno di luoghi, fatti e persone.
Da anni, prima con il suo sito "Foto di Santa" poi con i social "Le foto di Santa Margherita" e "Gruppo di Le foto di Santa Margherita", ha messo a
disposizione di tutti questo suo patrimonio di grande importanza storica e documentaria.
Siamo convinti dell'importanza della memoria e degli sforzi che dobbiamo compiere per conservarla e trasmetterla, per cui approfittiamo della disponibilità di
Renato e pubblichiamo questo percorso nello spazio e nel tempo.
La Gazzetta di Santa
Madonna della Lettera (66)
In occasione della festa della Madonna della Lettera del 1839 fece visita alla parrocchia Padre Ugo Bassi.
Invitato dal suo amico Canonico Gerolamo Larco nativo di Corte il Barnabita venne il 28 di luglio e fece una di quelle sue prediche tutte affetto e passione,
dettò un inno alla Madonna e se ne partì due giorni dopo, lasciando scolpita la sua immagine nel cuore del popolo.
Partecipò in seguito ai moti rivoluzionari del 1848 e alla repubblica Romana, alla caduta della quale fuggì assieme a Garibaldi e altri verso Venezia, ma cadde
prigioniero degli austriaci che lo fucilarono senza processo.
A N. S. DELLA SACRA LETTERA
Inno del Padre Ugo Bassi
Vergine bella d'acque lontane
Colla procella venisti qui.
Dove ridente siede Messina
Te un prepotente moto rapì.
Colla tempesta nuotasti assai
La faccia onesta volando il mar.
Quando l'aurora, chetato il nembo,
Il cielo indora, e il sole appar,
Coll'onda quieta qui t'appressasti,
E cara e lieta luce ne uscì.
Corse la gente a quella preda,
Il cuore ardente dicea così:
Che è mai quel caro color purpureo
Che per l'amaro flutto sen vien?
E' un bambolino, pieno di grazia,
Gruppo divino, simbol d'amor,
E quella mano stringe un tesoro
Che mai invano non parla al cuor.
Essa è Maria, l'hanno veduta,
Quale alta dia viaggiando in mar.
E' di Messina la gran Signora
E quella lettera non puote errar.
Poi si sentiva di là un lamento
Di gente priva d'alto tesor.
Ma il maggior duolo era un Imago,
Che da quel suolo, nel mar piombò.
Poi come intese che qui è nuotata,
Gioia riprese, si consolò.
Ma è l'Imago di quel tesoro,
Che fece pago dei buoni il cuor.
E i Messinesi un'ambasciata
Mandano accesi di puro amor.
A Lei, di Dio Madre Sovrana,
Con voto pio, dier la città,
E nell'amabile Lettera aulente,
Graziosa, affabile, che quel nome ha,
«Son Maria Vergine» Ella vis scrisse,
«Son quella Vergine, che partorì,
Prendo la destra fede sincera
Di fé maestra sarò ogni dì».
Disse: Non cadde suo santo detto;
Di guerra accadde grave furor.
Il Saracino tenne Sicilia,
Ma il paladino venne Rugger.
Egli a Messina piglia la riva
E già ruina il turco fier.
Ma da quel faro venne il valore,
Che il turco avaro fece perir.
Venne il colera nero e terribile,
Quella bufera tutti ingoiò.
Solo in Messina un non fu tocco,
L'altra ruina qui non entrò.
Già liberata l'isola bella
E consolata torna a fiorir.
O porgitrice di tanta lettera,
O beatrice di tutti i cuor.
Perché venisti a queste spiaggie
E ci rapisti in santo amor,
Questi difendi, siccome quelli,
E questi rendi tuoi detti ognor.
Che dal delitto, scrivi, si guardino,
Tuo onore afflitto fa il peccator
Che il poverello sopra la croce
Non sia rubello sperando ognor
Che il ricco forte non calchi il debole,
L'ore son corte viene il Signor.
A me tu scrivi, Vergine Santa,
Che il faro arrivi puro e fedel
Sotto altri soli canti tue lodi
E dopo voli a te nel ciel