La Stampa – 18 gennaio 2005
I selvatici diventano «metropolitani»: le cronache offrono decine di esempi
Boulevards come vallate, grattacieli come rupi di montagna: in un territorio sempre più «consumato» come quello italiano, con una densità di circa 200
umani per chilometro quadrato, sono tanti gli animali selvatici che imparano a convivere con la città.
E' un bene, da un lato, perché porta un tocco di natura nella «giungla d'asfalto» (a volte è un segnale di miglioramento dei parametri ambientali); un male, se si pensa alle sempre più gravi carenze nel territorio circostante, non più adatto alla loro vita.
La tendenza è riscontrabile in tutte le metropoli occidentali, gli avvistamenti frequenti. Cinghiali e lupi, in periferia: pochi giorni fa un giovane lupo è stato investito ed ucciso all'estrema periferia di Roma, sulla via Tuscolana, a meno di venti chilometri in linea d'aria da una fermata della Metropolitana. Probabilmente era in fase di «dispersione» (cercava nuovi territori), arrivava dai vicini monti Lepini; una volpe, dicono nella sede del Wwf di Roma, tutte le mattine si avvicina ad un bar di periferia sperando di rimediare qualcosa tra i rifiuti. Parecchie sue «sorelle» si sono acclimatate bene negli spazi verdi di molte città italiane, dicono gli esperti. Sempre a Roma, c'è un gabbiano reale che fa quotidianamente il bagno in una fontana del centro. Lo splendido Arione cinerino nidifica nel parco urbano torinese del Meisino, mentre un raro trampoliere si è «accasato» vicino all'aeroporto di Firenze. Il falco pellegrino, spiegano gli esperti della Lipu, la Lega per la protezione degli uccelli, si è adattato bene in città come Napoli, Roma, Milano e Torino: «Ormai trova più semplice fare il nido sul Pirellone di Milano, sulla Mole di Torino o sul Colosseo di Roma che nelle scogliere di Capo Caccia», dicono provocatoriamente.
Sono i volatili, in effetti, a scegliere con più frequenza di soggiornare nei centri storici. A Genova si contano 207 specie di uccelli, a Cagliari 176, a Torino 173, a Venezia 152, a Napoli 149, a Livorno 138, a Roma 136, a Milano 114. Il caso del falco pellegrino è eclatante, ma i buchi nei muri cittadini hanno anche richiamato uccelli come l'upupa, a corto di alberi centenari con annesse fessure nella corteccia, e le civette, particolarmente a loro agio sulle mura cinquecentesche di Lucca; i barbagianni, a quanto pare, hanno un debole per Siracusa. A Torino, sul Po, nell'inverno 1988-89 fu avvistato un pellicano; in collina, nel 1992, un'aquila reale. E capita di vedere il martin pescatore che plana da piazza Vittorio Veneto verso San Mauro (talvolta ai Murazzi). Il gheppio che nidifica volentieri sul Duomo e alla caserma Cernaia e le centinaia di Rondoni pallidi che nidificano a Palazzo Madama e nel campanile del Duomo sono spettacolo consueto.
Sui fiumi ci sono anatre, svassi, folaghe, ma in collina si moltiplicano mammiferi come tassi e ricci: «Una volta ho visto una volpe in mezzo agli svincoli della tangenziale di Torino, vicino all'Interporto», dice Paolo Maurino, ingegnere ambientale e curatore della scheda sugli animali in città per l'enciclopedia «Torino. Il grande libro della città» distribuita da «La Stampa». «Era probabilmente a caccia delle mini-lepri che vivono vicino ai fossi della zona, ai torrenti e rii che scendono dalla collina di Rivoli e di Avigliana. Un'altra volta un ermellino è sbucato dalla siepe che separava un corso cittadino molto trafficato: non credo fosse scappato da un allevamento».
Cosa cercano i nostri nuovi «concittadini»? «Cibo più abbondante - spiega Maurino - rifiuti e discariche sono un'attrazione irresistibile, clima o microclima più mite, soprattutto d'inverno, e luoghi migliori dove vivere e riprodursi. Molti predatori sfruttano anche l'"ingenuità" della fauna urbana: un piccione cittadino, per un falco, è una preda molto facile, perché poco abituata ad avere predatori naturali».
«Di ammali selvatici che ne sono tanti - spiega Maurino - spesso paradossalmente tanto vicini da passare inosservati, magari solo perché i loro orari sono
diversi dai nostri: come gli innocui pipistrelli». L'esperto consiglia, se incontriamo qualche selvatico, di non dargli da mangiare, altrimenti si crea in
loro dipendenza: se il cibo «artificiale» viene meno, l'animale non sa più come sopravvivere da solo.
Insomma, convivenza sì (e affetto, magari come Marcovaldo di Calvino, che disdegnava semafori e cartelloni pubblicitari ma cui non sfuggiva un funghetto uno che
crescesse fra le aiuole) e assoluto rispetto. D'altra parte, nessuno degli animali citati è pericoloso. Nemmeno il lupo, per il quale conviene ripetere quello che
dicono gli esperti: nonostante credenze popolari dure a morire non attacca l'uomo a meno che non sia ferito e debba difendersi, o sia una femmina che protegge i
piccoli. Ma questo vale per qualsiasi animale, dagli elefanti ai gabbiani. Il più delle volte il lupo gira alla larga dagli umani, perché sa che ha tutto da
rimetterci.
Anche l'orso è meno pericoloso di quanto si creda: in un paese del parco d'Abruzzo la gente aspettava ogni sera un'orsa, che saltato un muretto rubava frutta
in un orto. Una notte l'animale è entrato in una cantina per rubare i formaggi e una vecchietta se l'è trovato davanti. L'orsa è scappata a zampe levate, la nonna
anche: impossibile sapere quale delle due fosse più spaventata.