Il Sole-24Ore – 21 agosto 2023
Possibile chiamare in causa la Pa per avere risarcimenti e lo stop al rumore eccessivo - Va provato il nesso causale tra pregiudizio subito e azioni o omissioni
dell'ente
Il privato cittadino disturbato dai rumori provocati dall'incontrollata vita notturna sulle strade pubbliche può agire anche nei confronti del Comune per ottenere
tutela. Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza 14209 del 23 maggio scorso, ultima di una serie di pronunce di merito e anche di legittimità. In discussione
c'è infatti la lesione dei diritti alla salute e alla vita familiare e della proprietà, tutti beni costituzionalmente e convenzionalmente tutelati (articoli 32 e 42
Costituzione e articolo 8 Convenzione europea diritti dell'uomo).
Si sta parlando della "movida", fenomeno urbano e sociale caratterizzato da un'alta concentrazione di pubblici esercizi in una stessa strada, che diviene luogo
di ritrovo di avventori che sostano all'interno e in prossimità dei locali e producono un rumore costante e diffuso.
La materia è regolata dall'articolo 844 del Codice civile, che detta un principio generale per cui il proprietario non può impedire i rumori o le immissioni di
fumo e di odori derivanti dal fondo vicino se non superano la normale tollerabilità, avuto riguardo alle condizioni dei luoghi.
Le azioni
Resta ferma la responsabilità - anche penale - del gestore del locale, che ha l'obbligo giuridico di controllare che i comportamenti dei clienti non sfocino in
condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza (Cassazione, sentenza 20927/2015).
Anche il Comune, però, può essere chiamato a risarcire il danno causato dalla movida ai cittadini residenti nelle zone interessate. Infatti, la pubblica
amministrazione, al pari dei privati, è tenuta a osservare le regole tecniche e i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e il generale
principio in base al quale tutti sono tenuti a non ledere l'altrui sfera giuridica. In difetto, può scattare la condanna sia al risarcimento del danno (articoli
2043 e 2059 Codice civile) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive, sia a riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità.
Presupposto della condanna è un'indagine volta a stabilire se il Comune abbia posto in essere tutto quanto era in suo potere per ricondurre le immissioni rumorose
entro i limiti previsti per ciascuna zona, secondo la sua classificazione acustica e, in generale, per evitare o contenere gli altri effetti nocivi della movida
attraverso l'accertamento del nesso causale tra i danni patiti dai privati e le azioni o le omissioni del Comune secondo i canoni generali dettati dall'articolo
2043 del Codice civile (Tribunale di Torino, sentenza 1261 del 13 marzo 2021).
I risarcimenti
La domanda risarcitoria non investe scelte e atti amministrativi della pubblica amministrazione, quindi la giurisdizione sulla controversia spetta al giudice
ordinario e non al giudice amministrativo. La domanda, infatti, non determina alcun intervento del giudice ordinario di conformazione del potere pubblico e, dunque,
non esula dal perimetro dei limiti interni della giurisdizione, in quanto richiede solo la verifica della sussistenza o meno della responsabilità della Pa per aver
causato un danno ingiusto al privato.
Quanto alla tutela reale che il privato può ottenere, la domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il
giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l'attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei a eliminare la situazione
pregiudizievole. In altri termini, il limite di tollerabilità delle immissioni non ha carattere assoluto, ma è relativo alla situazione ambientale, variabile da
luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti (Cassazione, 20553/2017).