Il Sole 24 Ore – 1995 "Atlante storico dell'economia"
Storia del romantico clipper
Le barriere che ostacolavano il libero scambio tra Occidente e Oriente caddero una dopo l'altra, a cominciare dalla modifica dello statuto della Compagnia
Inglese delle Indie Orientali che deteneva il monopolio del traffico con l'Estremo Oriente: anche altre compagnie di navigazione, purché inglesi, potevano
commerciare in Estremo Oriente.
Pochi anni dopo, nel 1849, l'Inghilterra abrogò gli Atti di Navigazione aprendo le rotte commerciali dell'Oriente anche ad altre nazioni. Ma altri e più complessi
eventi influirono sulla navigazione come la scoperta dell'oro in California nel 1848, e in Australia nel 1851.
L'idea che la velocità delle navi dovesse essere aumentata stava guadagnando terreno: il tè si sarebbe avariato se il viaggio dalla Cina fosse durato troppo a
lungo. Ogni anno alla prima nave che dalla Cina ritornava in Europa con un carico di tè di nuovo raccolto spettava il ricco premio di un mercato avido e forse vi
era anche un compenso all'equipaggio. I costruttori americani si lanciarono nella sfida e idearono la nave ottimale, snella, leggera, veloce con alberi alti, quel
clipper che rimase come simbolo romantico dell'ultimo periodo delle navi a vela.
Ben presto l'Inghilterra imitò l'America e tra le due nazioni iniziò una vera e propria gara di costruzioni navali durata per dieci anni, tra il 1840 e il 1850.
Caratteristica di queste navi a vela fu uno scafo che privilegiava la velocità e si "slanciava" a prua e a poppa allungando sia il ponte che la chiglia.
L'alberatura era destinata a sopportare un gran numero di vele e si inclinava in modo accentuato verso la prua creando quella caratteristica che rimase a lungo
il segno distintivo dei clipper. Il clipper era di piccole dimensioni, generalmente di 700 tonnellate di stazza, adatto ai trasporti speciali. Un costo rilevante
era dato dalla presenza di un equipaggio numeroso che doveva manovrare le vele giorno e notte.
Agli inizi degli anni '60 il clipper americano cominciò a decadere perché aveva trovato nella ferrovia un temibile concorrente. Quelle navi che avevano
costituito la base della corsa all'oro in California, doppiando il Capo Horn tra New York e S. Francisco in cento giorni, erano destinate a una malinconica fine.
L'Inghilterra continuò a produrre clipper; i più noti, l'Ariel e il Sir Lancelot raramente venivano superati in mare aperto. I fusi maggiori dell'alberatura erano
in ferro, lo scafo misurava 60 metri di lunghezza e 16 di larghezza massima.
L'Ariel si inabissò nel 1872, durante un viaggio a Sydney, travolto dai venti forti che soffiavano nella zona. Il pericolo a cui andavano incontro i clipper era
quello dell'immersione della poppa per la loro linea "radente".
Il tramonto definitivo del clipper si ebbe con una ulteriore conquista tecnologica, l'apertura del Canale di Suez, che facilitava il passaggio da Occidente a
Oriente, ma solo alle navi a vapore.
L'opera di Fulton e il Clermont
Il vapore compie i primi passi
L'idea di usare la forza del vapore per azionare un'imbarcazione risale al 1690, quando un fisico francese, Denis Papin suggerì la costruzione di una nave a
vapore. La sua proposta venne sistematicamente ignorata: la società non era ancora pronta a rinunciare alla vela. Doveva passare un secolo prima che si affacciasse
di nuovo l'idea di una nave a vapore.
Nel 1783, Claude de Jouffroy d'Abbans, risalì la Saona, vicino a Lione con il Pyroscafe, lungo 40 metri e azionato da un motore alternativo che trasmetteva il
movimento a delle ruote a pale. Il veicolo era troppo ingombrante e pesante per essere una soluzione ai problemi di trasporto. Gli stessi limiti incontrò John Ficht
che inaugurava nel 1780 un servizio di merci e passeggeri sul fiume Delaware, negli Stati Uniti.
Gli ostacoli erano praticamente insormontabili nel lungo periodo. I macchinari occupavano un posto così grande, sottraendolo a merci e passeggeri, da rendere
poco remunerativo il viaggio.
Fu allora che, forte dell'esperienza altrui, Robert Fulton, ingegnere americano, individuò i fattori di fallimento dei suoi predecessori. Una nave a vapore doveva ottenere adeguati finanziamenti per la progettazione, basarsi su chiare cognizioni di ingegneria e avere un buon ritorno economico. Ottenne i finanziamenti da Robert Livingston, ministro americano in Francia, e iniziò, ancora prima di William Froude gli esperimenti con modellini. Fulton si servì di un modello di 1,20 m circa per trovare lo scafo che offrisse minore resistenza all'acqua. Nel 1807, il 17 agosto pilotò la prima nave a chiglia piatta che era mossa dalla forza del vapore. Il Clermont misurava 44 metri e compì il suo viaggio inaugurale sul fiume Hudson. Il successo fu immediato: le distanze si accorciavano come per incanto. Da Albany a New York il battello impiegò 32 ore all'andata e 30 al ritorno, contro le 94 ore di media di una nave a vela.
In questo modo Fulton aveva creato i presupposti per lo sfruttamento economico della sua invenzione. In pochissimo tempo ammortizzò le spese iniziali, e i Clermont
si moltiplicarono nel giro di qualche anno. La prossima tappa sarebbe stata l'attraversamento dell'Atlantico.
Furono anni densi di progetti e di costruzioni e nel 1819 la prima nave a vela, con motore a vapore ausiliario, il Savannah, attraversava l'Atlantico avendo
usato al pieno delle sue capacità, cioè per 85 ore, fino a completo esaurimento del combustibile, il motore a vapore. Nel 1838 due navi, il Sirius, 700 tonnellate,
e il Great Western, 1.300 tonnellate, attraversarono l'Atlantico senza mai issare una vela.