Radio e Scienza per tutti – settembre 1936
Molti dei nostri lettori si saranno spesse volte posta la domanda come sia nata la strada e come sia venuta man mano trasformandosi sino a presentarsi, come la
vediamo oggi, coi suoi perfetti rettifili, con le sue curve rigorosamente calcolate, con la sua superficie ricoperta di uno strato protettore che la rende atta al
traffico veloce, ben alberata e curata in ogni particolare.
Guidato dal suo istinto, l'uomo primitivo sentì impellente la necessità di allontanarsi dal proprio nucleo, di vagare per procurarsi gli elementi necessari alla
propria esistenza, di migrare per cercare in altre contrade più favorevoli condizioni di vita, di muoversi, spinto dalla sua stessa natura, che crea il bisogno di
conoscere e di indagare. Sorse così, molto semplicemente la strada, non già la strada com'è intesa oggi, ampia e ben levigata, ma una semplice traccia ricavata tra
la fitta vegetazione o attraverso la distesa dei piani o lungo l'erta ripida del monte; è nel percorso di questi vaghi e capricciosi sentieri che i nostri più
antichi antenati stabilirono le loro prime comunicazioni, iniziarono e praticarono gli scambi commerciali e andarono alla conquista della terra; ed è lungo di essi,
che si stabilì l'unione di masse enormi di uomini, che dovevano più tardi costituire i popoli.
Per quanto i primi elementi sicuri per stabilire l'evoluzione della strada risalgano solo all'epoca greca e a quella romana, rimane ormai assodato che nel
periodo pre-romano e pre-ellenico le comunicazioni terrestri fra i diversi nuclei abitati erano stabilite attraverso una rete di camminamenti tracciati nel suolo
dall'incessante passaggio di uomini e di animali, vie che molto brevemente erano denominate «piste» e che rappresentano lo stato embrionale della strada
moderna.
Un concetto del modo come si sian venute creando e trasformando queste primitive vie di comunicazione si può avere pensando ai nostri sentieri, che solcano in
ogni senso la pianura e la montagna e che rappresentano le utilissime propaggini del nostro complesso sistema stradale, i vasi sanguigni, che portano la vita in
ogni più remoto angolo della terra.
Il concetto di strada a fondo artificiale, ossia costruita a bello studio e con determinate regole, pare non fosse del tutto sconosciuto ai più antichi popoli,
che si limitavano a crearle nei dintorni della zona abitata, come starebbero a testimoniare alcuni interessantissimi avanzi e come può dedursi dagli stessi storici
romani; ma la vera via di comunicazione, come spontanea manifestazione di relazioni fra genti più o meno lontane, era la pista, sorta per particolari condizioni o
necessità, senza che nessuno ne avesse studiato lo sviluppo o il tracciato.
Indecisa e vagante nella pianura, meno capricciosa in montagna, dove gli ostacoli naturali determinavano percorsi obbligati, a volte ben marcata e incassata nel
terreno, altre tenue e quasi invisibile a un occhio non ben addestrato, permetteva un traffico lento e difficile, costituito solo di uomini e di animali da soma.
Queste piste erano sprovviste di qualsiasi opera d'arte, ciò che obbligava spesso a cambiare itinerario per improvvisi franamenti, allagamenti, o per eccessivo
logorio della sua sede; i fiumi venivano attraversati a guadi o con mezzi del tutto primitivi, e gli ostacoli naturali aggirati compiendo dei percorsi lunghissimi;
il fondo era di terra naturale, il che provocava con la pioggia, la formazione di vasti pantani e sotto il sole di densi strati di finissima polvere. Pur tuttavia
è su queste primitive vie che si sono spostate nell'antichità masse enormi di uomini, alla conquista della terra; è su di esse che si sono svolti i traffici
commerciali, che si sono sviluppati i vincoli di fratellanza fra le genti.
Col progredire della civiltà e con l'introduzione di nuovi mezzi di trasporto, la pista viene allargata, viene fornita di opere che la mantengano atta al
traffico, viene provvista di ponti più resistenti; segue un tracciato meno capriccioso, tale da consentire il traffico anche ai rudimentali veicoli; viene in breve
trasformandosi in una mulattiera e carreggiabile a fondo naturale; secondo Strabone furono gli Etruschi, i Cartaginesi e gli Egiziani a compiere la trasformazione
dei sentieri in strade: a gradi le piste furono fornite di canali laterali, le pendenze vennero addolcite, furono resi facili i passaggi in zone paludose, furono
costruite le prime opere d'arte (viadotti, rilevati, ecc.).
Tutti i popoli hanno costruito in tutti i tempi strade di questo genere, ma le notizie frammentarie e vaghe lasciateci dai più antichi scrittori su questo
argomento impediscono di formarci su di esse un concetto chiaro.
Notizie più sicure si hanno sulle strade greche, che rappresentano un notevole progresso sulle primordiali piste. La rete stradale greca non era molto estesa,
limitandosi ad alcune arterie a carattere commerciale-strategico nell'Attica, nella Laconia e nella Macedonia, e ad alcune vie sacre destinate a rendere agevoli i
pellegrinaggi ai più famosi templi: queste strade carrozzabili erano provviste di manufatti e, nei terreni cedevoli, erano rafforzate da massicciate in ghiaia o
lastroni, mentre nella roccia erano solcate da scanalature, che, sembra, dovessero servire di guida ai veicoli. Ma nel complesso le strade dell'antica Grecia erano
in gran parte destinate al someggio e quindi del tipo pista.
A differenza dei Greci che non ebbero per le comunicazioni fra centro e centro grandi cure, i Romani attribuirono ad esse somma importanza e ne fecero strumento
del loro dominio, collegando non solo le più remote regioni di Europa ma anche quelle del mondo allora noto.
La rete delle strade al tempo dell'Impero era vastissima: per quanto i calcoli sieno difficili e contraddizioni esistano fra i dati forniti dai diversi storici,
si può calcolare che si estendesse per 140.000 km (certi asseriscono fosse di 300.000 altri di 80.000 km), con una densità uguale a quella dell'attuale rete
ferroviaria europea. La più antica di queste strade è la via Appia, la «regina viarum», che congiungeva Roma con Capua, e successivamente con Brindisi,
costruita nel 312 a. C. Seguirono, con l'andar dei secoli, la Flaminia, l'Aurelia, la Cassia, e tutte le altre dirette a collegare Roma con i più lontani centri
della penisola italiana, tutte eseguite ai tempi della repubblica.
Nel periodo dell'Impero, il sistema stradale italiano ben poche modifiche subì, mentre venne creandosi quella grandiosa rete di comunicazioni, che doveva
permettere di raggiungere da Roma ogni più remoto sito del più grande Impero del mondo. Uno sguardo alla cartina qui annessa dà un'idea di quel che Roma sotto
l'Impero ha saputo creare, di quell'azione di civilizzazione che si è manifestata attraverso le sue opere, le sue leggi, i suoi commerci, la sua cultura, e che si è
diffusa in regioni, che troppo facilmente dimenticano i vantaggi tratti dalla civiltà di Roma. Dalla capitale dell'Impero si poteva giungere per via di terra alle
Colonne d'Ercole (Stretto di Gibilterra), alla Gallia, alla Belgica sino alle foci del Reno, alla Dacia e alla Tracia sino a Bisanzio; nell'Asia le strade si
estesero sino alla Cappadocia (Sebastopoli), lambendo la Mesopotamia e giungendo sino al Nilo; nell'Africa settentrionale dal Nilo sino all'Atlantico correva una
meravigliosa strada, che oggi si sta ricostruendo
nella zona costiera della nostra Libia; ad essa veniva collegata la rete stradale della Numidia e della
Mauretania; in Europa, al di là della Manica, la rete stradale della Gallia continuava nella Britannia, fino ai monti della Caledonia (Scozia), estremo limite
settentrionale dell'Impero Romano.
Le strade romane avevano una larghezza variabilissima: quelle militari con la parte centrale «agger» larga m 4,80 circa, lastricata, selciata o
inghiaiata, destinata al traffico di carri o quadrupedi, e fiancheggiata da marciapiedi («margines»); le strade campestri di minore importanza con una
larghezza di m 2,40 circa, gli «actus» con 1,20 di larghezza, gli «itinera», i «semitæ» e i «calles» che
raggiungevano appena i 50 cm di larghezza. La costruzione solida e scrupolosa della strada in tutti i suoi elementi, permetteva di eliminare il continuo lavoro di
manutenzione difficilissimo per quei tempi, data l'estensione della rete, ed evitava qualsiasi interruzione di quel traffico che doveva far giungere la voce e il
volere dell'Urbe sino agli estremi limiti dell'Impero. La struttura della strada era formata da diversi strati di pietre di dimensioni decrescenti dal basso verso
l'alto (denominati «statumen», «ruderatio», «nucleus», «summa crusta») ed aveva uno spessore variante da un metro
fino a 1,5, ed in certi particolari casi fino a tre metri; la parte superiore - «summa crusta» - poteva essere formata da lastricato (silice
stratæ) o da inghiaiate (glarea stratæ); i singoli elementi di pietra erano collegati fra loro con malta di calce.
Se si pensa ai mezzi primitivi di cui si doveva fare uso e alle meravigliose opere d'arte compiute per superare ostacoli naturali, si rimane profondamente
ammirati: ponti altissimi ad arco (della luce fino a 36 metri), di cui taluni esistenti tuttora in ottime condizioni, viadotti, trincee, gallerie, muri di sostegno,
stanno a dimostrare a qual punto di abilità tecnica fossero giunti i Romani, e quale illuminata visione dell'importanza che assume la strada nella vita di un popolo
essi avessero.
Ma non solo nella costruzione si vede l'impronta di un'alta genialità, ma anche nell'organizzazione di tutti i servizi inerenti alla strada: dalle pietre
miliari, che, partendo da Roma, dovevano indicare la lunghezza del tronco stradale, alla organizzazione dei lavori di manutenzione affidati ai possessori di terre
confinanti con essa, dalla creazione degli itinerari (sotto forma di carte stradali o più spesso di elenchi di località disposte lungo una strada) alle disposizioni
legali per l'utenza, che fissavano il carico e le dimensioni dei veicoli e regolavano la circolazione, all'istituzione di un servizio postale lungo di esse,
servizio che rappresenta un vero capolavoro di organizzazione.
Noi oggi percorrendo in rapida corsa le nostre belle strade, unicamente trascinati dalla passione della velocità, talvolta dovremmo fermarci e pensare quale
somma di fatiche e di sacrifici sia costata la costruzione di esse, e inchinarci reverenti davanti a qualche modesto rudere testimonio di una potenza che si
rinnovella.