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La Riviera può essere salvata?

Il giorno 11 marzo 1970 il quotidiano La Stampa dedica un'intera pagina al tema "La Riviera può essere salvata". Riproponiamo i diversi articoli pubblicati.

Costruiti in dieci anni circa 300 mila vani
Occorrono buoni piani regolatori e volontà di farli rispettare
Abbiamo scelto alcuni casi campione fra i tanti che documentano il cattivo uso della costa ligure, tappezzata da oltre trecentomila vani costruiti disordinatamente negli ultimi dieci anni su un tessuto già largamente compromesso fra il 1945 e il 1960. Soltanto 11 Comuni, di 52 interessati al turismo in Riviera, hanno un piano regolatore operante. Da Arenzano a Ventimiglia due Comuni hanno un piano regolatore valido e accettabile. Sedici lo hanno adottato, ma non è ancora definitivo; gli altri lo hanno in preparazione. schema 1
Sanremo
Bordighera
Imperia
Diano Marina
Alassio e Laigueglia
Ceriale
Spotorno
Rapallo Saltando a Levante, ecco uno dei «casi patologici» della Liguria. 61 mila vani costruiti dal dopoguerra (60 mila dal 1950, con punte massime fra il 1958 e il 1960), su una popolazione residente di 26.500 abitanti che in estate sale a oltre 50 mila. Difficile il computo del verde pubblico, in quanto si parla di 90 ettari includendo il campo del golf che ne misura 50 e che non è aperto al pubblico. Manca una piscina: il Comune sta costruendola su un'area prossima all'uscita dell'autostrada. Altra iniziativa comunale: il progetto per un nuovo porto turistico, ampio 7 ettari e mezzo, capace di ospitare 500 imbarcazioni. Sarebbe attesa un'iniziativa per l'impianto di depurazione delle fognature, oggi versate in mare utilizzando sistemi superati e manifestamente insufficienti ad assicurare acque pulite.
Sestri Levante L'aspetto tranquillo della parte della cittadina a immediato contatto con la spiaggia nasconde uno sviluppo edilizio massiccio, non regolato in modo soddisfacente dal piano regolatore del 1958. Secondo stime da considerare con cautela sarebbero stati costruiti oltre 100 mila vani dal dopoguerra, 19.982 dal 1960. Ben 8.618 sono in costruzione, e il piano regolatore ne consentirebbe altri 30 mila, benché la popolazione stabile sia di 20.907 unità (sale a 75 mila in piena estate). Modeste le dotazioni: non si conosce neppure la disponibilità di posti-auto, il verde pubblico arriva appena a 10 mila mq. (3500 in progetto). Vi sono campi da tennis, ma non piscine pubbliche. Sulla spiaggia la densità estiva è di un bagnante per metro quadrato (evidentemente non tutti vanno alla spiaggia nelle stesse ore). Il mare è più pulito che lungo la costa di levante vicina ai grandi centri abitati.

Il monte di Portofino: esempio discusso
Prof. Ing. Luigi Croce, Presidente Ente autonomo del monte di Portofino
Già tredici anni or sono la commissione amministrativa dell'Ente autonomo per il Monte di Portofino si era preoccupata della sistemazione definitiva del territorio, circa 1100 ettari, sottoposto alla giurisdizione dell'E.A.M.P. dalla legge istitutiva (20 giugno 1935, numero 1251). Era evidente, infatti, che la vecchia usanza delle decisioni prese caso per caso provocava disparità di trattamento e non consentiva di arrivare alla creazione dell'auspicato parco nazionale.
La severità dei limiti imposti alle nuove costruzioni e alle trasformazioni di quelle esistenti nei comuni di Portofino (interamente sottoposte alla schema 21 giurisdizione dell'E.A.M.P.), di Camogli e di Santa Margherita (per le parti del loro territorio comprese nei confini dell'Ente), ha avuto l'effetto a tutti noto: i danni sono stati limitatissimi, il monte non ha subito apprezzabili aggressioni, Portofino è praticamente un modello di conservazione, al pari di San Fruttuoso, di Punta Chiappa, di altre zone preziose per rarità di flora e di valori paesistici. Ma non si poteva continuare all'infinito respingendo i singoli progetti, approvando isolate iniziative sulle frange meno importanti.
Nel 1957 cominciò la nostra battaglia per dare all'intero territorio del monte di Portofino, da Camogli a Santa Margherita, un piano regolatore che stabilisse quali zone erano edificabili (entro i limiti dovuti), quali da conservare assolutamente inedificate, in vista del progettato parco del monte. Va ricordato che non tutto il territorio in questione è allo stato di natura: Portofino-mare rappresenta un nucleo strutturato da secoli, con frazioni rurali. Insediamenti antichi sono quelli di Paraggi e dintorni, di San Fruttuoso, di San Nicolò e di San Rocco (dalla parte di Camogli).
Oggi abbiamo tre piani per la zona più contesa, quella di Portofino: il piano regolatore generale dell'ente autonomo per il monte (tuttora in fase istruttoria), il piano paesistico della Soprintendenza, il piano regolatore del Comune. Il piano della Soprintendenza si preoccupa soltanto della parte paesistica e ambientale, quello del Comune segue direttive in parte legate a contingenze economiche, anche se in origine, per merito del suo progettista architetto Vietti, rispondeva a esigenze di rigorosa tutela. Il nostro piano per l'intero territorio del monte, infine, è stato oggetto di critiche che hanno preso corpo in numerose «osservazioni», oggi sotto esame.
Alcune «osservazioni», comprese quelle di «Italia Nostra», tendono a limitare ancor più l'edificabilità. Personalmente ritengo che il nostro piano dovrebbe consentire, con opportuni vincoli, il completamento delle attrezzature turistiche sulla frangia del parco previsto, escludendo la disseminazione di edifici anche minimi. In altre parole, consenso a pochi alberghi (ad esempio, ricostruzione di quello esistente a Portofino Vetta), divieto per le ville e i «complessi» di edifici. Il resto del territorio dovrebbe essere destinato a parco nazionale. I suoi valori eccezionali sono noti e non ripeto l'illustrazione.
Resta aperta la delicata questione della strada del Fondaco, progettata dal comune di Portofino per collegare il capoluogo con le località collinari di San Sebastiano e del Prato. Si potrebbe intanto ottenere per gli abitanti delle zone disagiate il permesso di passaggio sulla strada privata esistente. Gli interessi degli abitanti disagiati, circa un centinaio, sono legittimi. Ma non devono essere utilizzati, in mancanza di un preciso vincolo per l'uso dei terreni, per mascherare il tentativo di ripetere operazioni che hanno tanto danneggiato il resto della Riviera, e che segnerebbero il tramonto di Portofino.

Non tutto è perduto
Mario Fazio
La Liguria è da riscoprire con amore - Le bellezze intatte delle colline

La Riviera ligure non è interamente compromessa, né cosi deturpata da non giustificare più alcuna iniziativa a sua difesa. Il vecchio luogo comune della costa ligure «perduta per sempre» è pericoloso perché utile a chi, in malafede, vuole mano libera per trarre il massimo guadagno dalle bellezze naturali che restano, sottraendole al godimento pubblico per farne oggetto di speculazione.
La Riviera è da riscoprire con amore, anche con la volontà di attuare finalmente impegni da tanti anni ripetuti e rimasti sulla carta: censimento delle bellezze naturali e dei monumenti, acquisizione di aree eccezionalmente importanti (comprese quelle che la Marina militare vende all'asta nel golfo della Spezia e altrove), con interventi dei comuni e, in futuro, della Regione; piani regolatori su scala intercomunale, e ancor più larga, per dare certezza alle destinazioni d'uso del territorio rimasto libero.
E' in preparazione, a cura dell'Ilres (Istituto ligure di ricerche economiche e sociali) un rilievo del territorio con indicazione delle zone integre, di quelle da vincolare a verde, di quelle destinate a insediamenti controllati. Altre ricerche sono in corso. La nostra cartina sintetizza alcune proposte, offrendole come temi di discussione. Un elenco delle bellezze naturali rimaste sarebbe lunghissimo. I Balzi Rossi con le caverne famose, i giardini di Grimaldi e della Mortola. Da Capo Berta a Capo Mele l'anfiteatro di colline coperte di ulivi si rinnova, si schiude per offrire il capolavoro di Cervo, i castelli di Andora, sconfinando poi in un seguito di pinete che si affacciano sul golfo di Laigueglia e di Alassio. L'isola Gallinara è intatta. A monte dell'Autostrada dei Fiori si rinnova la sorpresa per un paesaggio insospettato, ricco di ondulazioni verdi, di pinete, di rocce dolomitiche (eccezionali quelle del Finalese), con una tessitura di nuclei antichissimi, segnati dalla continuità di architetture spontanee, ben precise per volumi e disegni. E l'altopiano delle Manie, vastissima terrazza ondulata che arriva fino agli strapiombi di Capo Noli.
A levante la stessa costa genovese è ancor ricca di ampie fasce non compromesse. La tutela del monte di Portofino è ormai un fatto di importanza nazionale, con previsioni di un parco esteso al paesaggio sottomarino. La Riviera alle spalle della congestionata Rapallo, della deformata Chiavari, è un mare d'ulivi. Boschi dietro a Sestri Levante e poi verso Bonassola, Levanto, le Cinque Terre, per arrivare all'eleganza di Portovenere, delle Grazie, di Fiascherino e di Tellaro, sotto la mole verdissima di Montemarcello.
Il paesaggio della Riviera non è del tutto perduto. Va riconosciuto per una saggia opera che tenga conto della importanza avuta dall'uomo nel modellarlo attraverso i millenni, conservando con benefici aiuti le colture che lo caratterizzano, da quella dell'ulivo ai vigneti, agli orti. Il turismo ha portato una nuova economia che minaccia queste colture e provoca la necessità di nuovi insediamenti; saperli armonizzare col paesaggio, dove gli spazi lo consentono, è impegno di pianificatori seri. Oggi la situazione è più favorevole. La legge-ponte ha scoraggiato le lottizzazioni insensate, ha costretto molti comuni a darsi un piano. Migliora la sensibilità dell'opinione pubblica; si fa pressante la richiesta di spazi verdi e attrezzati. Forse il '70 può segnare una riscoperta, non letteraria, della Riviera che cerchiamo oltre le file di case.

Il paesaggio sottomarino
Prof. Enrico Tortonese, Direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Genova
La scoperta del paesaggio sottomarino ligure richiede un corredo minimo di cognizioni, che sintetizzo al massimo. Il mar Ligure occidentale è più profondo. L'isobata di 500 m decorre assai vicino alla costa ed è ben presto seguita dai grandi avvallamenti: lo scandaglio denuncia 1000 m a soli 10 km da Capo Noli. Invece, a levante di Genova, la cosiddetta piattaforma continentale è molto sviluppata, tanto che per superare ì 1000 m di profondità dobbiamo allontanarci di ben 75 km da Viareggio. Diverse altre caratteristiche interessano gli oceanografi ma anche il profano: la temperatura nelle acque liguri superficiali oscilla annualmente fra 12°-13° in inverno, e 24°-25° in estate. La salinità: circa 3,8% nel Mar Ligure. Il dislivello di marea è modestissimo come in gran parte del Mediterraneo: non supera i 30 cm. Le correnti: prevalgono quelle in direzione est-ovest, parallelamente alla costa.
E' indispensabile considerare attentamente la fisonomia dei fondali, per ben comprenderne i caratteri faunistici e floristici. Classico ambiente a substrato duro è la scogliera, popolata da animali numerosi e spesso rivestita da alghe policrome.
Ambiente nettamente diverso è naturalmente quello delle sabbie, entro le quali si annidano pesci e invertebrati vari; là dove la sabbia è più o meno frammista a fango vegetano le posidonie, ossia quelle notissime erbe (non alghe!) dalle lunghe foglie nastriformi e lucenti. Anche lungo le coste liguri, le posidonie formano qua e là praterie di discreta estensione. Nelle zone litorali di tutti i mari si riscontra la fauna più ricca e varia, spesso associata a un'abbondante flora (alghe verdi, brune, rosse). Nel Mar Ligure si rilevano situazioni più favorevoli, e quindi un più spiccato interesse naturalistico, lungo la Riviera di levante, lontana dagli impianti industriali e dai conseguenti inquinamenti sul fondo e nell'acqua.
Le scogliere di San Fruttuoso, formate da puddinga oligocenica, strapiombano sul mare; le pareti giungono a una quarantina di metri di profondità. Sono disseminate di alghe, spugne, gorgonie, briozoi, molluschi; nelle grotte rosseggiano gli alberetti di corallo, a cui si accompagnano magnifiche stelle di mare e ricci dalle spine bianche e violette.
I vandali del corallo
Il promontorio di Portofino è un gioiello; le sue bellezze si celano anche sotto la superficie marina, ove non sfuggono a troppo frequenti vandalismi. Vorremmo che i fucili di chi cerca le superstiti cernie, o i martelli di chi saccheggia il corallo, fossero sostituiti da apparecchi fotografici; che la stupidità di certe devastazioni fosse compresa; che si smettesse di pensare al mare come a un vivaio di creature che si possono distruggere senza comprometterne la propagazione, e quindi l'esistenza.
Per la protezione della Natura anche sotto la superficie marina si mira attualmente a istituire «parchi sottomarini», paragonabili ai «parchi nazionali» di terraferma. Già si è prospettata la creazione di uno di essi proprio nella zona di Portofino, per quanto le difficoltà siano molte e comprensibili. Recentissima è l'iniziativa di un «parco della Meloria» presso Livorno, e vi sono buone prospettive per la sua realizzazione.
Col procedere verso il mare aperto, si incontra una fauna del tutto diversa. In superficie, cioè nell'ambiente pelagico, sciamano in immenso numero gli organismi del plancton; vegetali e animali microscopici, diafane meduse, salpe simili a bariletti gelatinosi… Quanto ai pesci, abbiamo anzitutto alcune specie interessanti per la pesca; fra esse è il pesce spada, che oggi i pescatori venuti dalla Sicilia catturano nel Mar Ligure con frequenza.
Tartarughe e delfini
Non mancano certo i grossi squali, ma in complesso sono scarsi e non è il caso di parlare di incombenti pericoli per l'incolumità dei bagnanti. Frequenti possiamo dire, invece, le tartarughe marine e i delfini. Trovano una giustificata eco nella cronaca le occasionali comparse di cetacei di dimensioni medie - come lo zifio (5 m) - o grandi, come le balenottere e i capodogli che di quando in quando si mostrano lungo le riviere.
Nelle zone profonde, l'aspetto del fondo non è uniforme. Nel Golfo Tigullio vi sono «isole» di madrepore, che a circa 200 m formano solidi polipai bianchi e calcarei, facili a danneggiare le reti. Nella stessa zona si trovano i celebri «fondi a scampi», dove vivono questi prelibati crostacei; si aggirano fra distese di esili gorgonie, le «Isidelle».

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