Testata Gazzetta
    Pezzi di storia

Lo sappiamo il genovese?
di Marisa De Barbieri

Gens ligustica in orbe – n.2/2006

A le comme a föa da gatta möa, d'insciù comò in sciä tö:a.1
E cioè si ritorna alla questione primaria: la conosciamo la nostra lingua? vintage
Badate, non solo per dimostrare deferenza alla nostra terra, ma proprio per esprimersi, per dire quello che siamo o sentiamo o vogliamo.
Riesce un'altra lingua che fino a cinquanta anni fa è stata estranea alla quasi totalità della popolazione ad esprimere i più riservati sentimenti, le sfumature più celate, gli atteggiamenti più particolari? Insomma se uno ha un scciûppon de fotta2 non è proprio che è irato o contrariato o immalinconito; è che in quel momento vorrebbe prendere il mondo per il collo e strozzarlo, e poi magari gli passa.
Fa tenerezza il piccolo che si rigoela3 nel letto, si gira, si rigira, se la gode di stare nelle sue coperte, nel suo cantuccio nascosto; ma se la madre lo tira su, è costretto a svegliarsi del tutto, a venire a contatto con la realtà e non gli piace, è infastidito e scontroso: quante parole per dire semplicemente che è rouzo4. Ma se si fa prendere da veri capricci, se fa il monello e il dispettoso, allora decisamente è un battuso5. Un insieme di modi di essere sono condensati in una parola, impossibile da riferirsi ad una sola parola italiana.
A volte, invece, il genovese entra nelle sfumature e ad esempio per dire di uno che è intorpidito o rattrappito usa ben tre aggettivi, che non sono propriamente sinonimi, fra l'uno e l'altro c'è quel poco che fa la differenza che solo un genovese sente e cioè: abbessïo, abötiö, abbrensuïo6. Se poi a qualcuno venisse in mente di usare un sistema educativo oggi tanto negletto e vituperato, quanto ieri present comune e cioè un ceffone, avrebbe a scelta i termini mascà, scciaffo, lerfòn, pattòn7, o come diceva mio nonno: due diè in sci lerfi.
Le parole ve le butto li un po' abbretio8, come chi, abbrascôu, arraffa de strangouscion9 di qua e di la nell'immensa tavola imbandita della nostra lingua. E la tavola altrettanto imbandita della vita ci dà altre infinite immagini: c'è il bardasciamme cu va a axillà10, c'è la regattonn-a ca reduggia strofoggi11, c'è o massaccan co stramoa o mapëzo12, c'è o pescôu co sguggia in scio lepogo do scheûggio e o l'inversa o banastrin de loasi, de bûddegasse e laxerti13; c'è o lattonè stiggio comme na stacchetta co dindann-a in scia drita in stagnon pin de bronzin14; e c'è a scia Çillo pinn-a de sciäto ma no de sciti ca perde e sinse depuis ca le arrestà vidua15, ma che per chiedere "ha sete" dice: "Voscia, scio Russci scia la sê?"16.
E se o schêuggio è lo scoglio del mare al femminile a schêuggia che cos'è? Ve lo dico io: il siero del latte.
E baggio chi è, un giocatore? No, è solo il rospo. E chi "no poei scricchì17" che problema ha? E che cosa sono o doggio18 e a cioenda19? E trovereste mai in italiano un termine per definire la frutta péia20?
Cari amici, vi fuma il cervello e vi si incrociano gli occhi perché non vi raccapezzate? State reggagii, cian ciannin se fœto Zena21. E anche voi con un po' di buona volontà potrete riappropriarvi della vostra lingua.
E a proposito di Genova vedete un po' cosa dice nel suo libro "La mossa del cavallo" lo scrittore Andrea Camilleri:
"Zena lontann-a fra i monti scùi e a marinn-a, tägnâ de feugo ch'a trema pösâ in sce l'äia do mâ"22.
Non male per un Siciliano.


* Traduzione eseguita al meglio: si sollecitano eventuali correzioni
1 "E' come la favola della gatta nera, dal cassettone sul tavolo". Si riferisce a una filastrocca genovese con gioco di parole, che inizia con una gatta che salta da tutte le parti.
2 Scoppio di collera
3 Rotola
4 Di malumore
5 Birboncello
6 Intorpidito, mogio, lento
7 Schiaffo, pacca
8 A bizzeffe
9 Ingordo, acchiappa da strozzarsi
10 Ragazzino che scherza
11 Fruttivendola che incarta frutta acerba
12 Muratore che maneggia l'ascia
13 Pescatore che scivola sul viscido dello scoglio e rovescia il cesto di spigole, di pesci pescatrice e sgombri
14 Idraulico magro come un chiodo che dondola sulla destra una brocca piena di rubinetti
15 La signora Silenziosa piena di chiasso ma non di posto che rimasta vedova ha gli abiti laceri
16 Vossignoria, signor Russci ha sete?
17 Non riesci a crescere?
18 Doppio [boccale], antica misura genovese di vino
19 Siepe
20 Frutta guasta
21 tranquilli, pian pianino si è fatta Genova
22 Genova lontana fra i monti tenebrosi e il mare, ragnatela di fuoco che vibra sospesa nell'aria del mare

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