Testata Gazzetta
    Pezzi di storia

A guardia di due mari
di Salvator Gotta

Le vie d'Italia – gennaio 1938

foto 1 … il mare sconfinato e periglioso, insidiato – ove la rupe s'inabissa…

In quella specie d'istmo roccioso alto scosceso, ove la penisola di Portofino s'inserta al monte, v'ha una piccola chiesa dedicata a San Giorgio dai tempi della prima Crociata. Sta lassù, bianca e serena, a guardare i due mari: il mare sconfinato e periglioso, insidiato - ove la rupe s'inabissa - dai voraci verdoni, e il placido mare chiuso nel Porto dei Delfini. Quivi l'acqua s'insinua nell'ansa profonda, lambe le case del borgo pittoresco, ove la bellezza e la pace si fondono in perfetta armonia. Il piccolo porto, ricetto di panfili da crociera e da corsa, animato di gusci da svago e di barche pescherecce, persuade al quieto vivere felice.
Pare quasi impossibile che un breve istmo separi così nettamente i due opposti destini degli uomini: il rischio e la pace; e che basti doppiare uno sprone roccioso per passare, in pochi minuti, dalla faticata immensità degli spazi contesi, alla tranquilla intimità raccolta tra dolci monti ammantati di pini e d'ulivi, rallegrata da tante case e ville e bei giardini fioriti.

foto 2 … la chiesetta di San Giorgio sta lassù, da secoli,
a dominare le due mete, i due destini umani…

La chiesetta di San Giorgio sta lassù, da secoli, a dominare le due mete, i due destini umani, e serba un rito che credo sia unico al mondo: prima di partire per lunghi viaggi, i marinai di Portofino vogliono essere benedetti da San Giorgio. La campanella della chiesa suona a raccolta, invita i fedeli a salire sull'istmo scosceso. Il sacerdote trae dalla cripta l'urna contenente le reliquie del Santo, la pone sull'altare e, vestito dei sacri paramenti, intona l'inno del Martire Soldato: «Deus, tuorum militum». Quindi, reggendo alta tra le mani l'urna delle reliquie, esce sul sagrato, traccia con l'urna stessa un grande segno di croce verso il mare aperto, traccia un altro segno di croce verso il mare chiuso, benedice l'orizzonte che il marinaio sta per tentare e benedice il piccolo porto ove il marinaio vorrà un giorno tornare, santifica l'audacia e la pace, la fatica e il riposo, la conquista e la casa, l'ignoto e la certezza.
Questo rito è antichissimo; risale, come dissi, al tempo delle Crociate.

foto 3 … e il placido mare chiuso nel porto dei delfini…

Le popolazioni del litorale genovese furono tra le prime a partecipare, numerosissime, alle Crociate, tantoché si leggeva sulla pietra del Santo Sepolcro la frase præpotens Genuentium præsidium, a testimoniare quanto preponderante fosse la falange dei Crociati liguri.
I Portofinesi, gente tutta data alla marina e che nell'arte del navigare, come nella fede in Cristo, a nessuna è seconda, fornirono alla Repubblica ligure marinai e capitani eroi per le galee di Terrasanta. Di là essi portarono in patria la maggior parte del corpo di San Giorgio, il Martire Soldato fatto decapitare da Diocleziano in Nicomedia; considerato fin da que' tempi come il prototipo della sanità spirituale in corpore sano; milite di Roma e milite di Cristo, cavaliere di Dio; uccisore del drago; simbolo d'audacia e di giustizia, di forza e di purezza; armato di lancia, di spada e di teologali virtù.

foto 4 … il piccolo porto animato di gusci da svago…

Il culto di San Giorgio nell'epoca barbarica e poi nel medioevo, si diffuse in tutta la cristianità; le reliquie dell'Eroe Purissimo, dissepolte a Giaffa, furono contese in tutto l'orbe cattolico. Parte del capo, la punta della lancia e un brandello della bandiera vennero traslate da San Zaccaria papa nella chiesa di San Giorgio in Velabro a Roma; altra parte del capo fu dai Veneziani trasferita dall'isola Egina al monastero di San Giorgio Maggiore in Venezia (i Veneziani posseggono poi una parte di un braccio trasportata nella loro città dal monastero di San Giorgio di Fiore in Calabria); parte notevole d'un osso mascellare fu di Terrasanta recato in Brabanzìa nel 1608; San Germano vescovo di Parigi, tornando da Gerusalemme, portò una mano di San Giorgio, datagli dall'imperatore Giustiniano, e la collocò nella chiesa di San Vincenzo. Genova serba del suo Santo Patrono, nella chiesa ad esso intitolata, parte delle braccia e, nella cattedrale, parte d'una gamba e un piede chiusi in una statua d'argento.
Ma la maggior parte delle ossa che composero lo scheletro di San Giorgio sono, dal secolo undecimo, custodite sul monte di Portofino, a guardia dei due mari.

foto 5 … la faticata immensità degli spazi contesi…

La chiesa è umile, quasi disadorna. Nella sagrestia, inevitabilmente deturpata dalla salsedine (in tempi di gravi procelle il mare sale fino a buttar spruzzi d'ondate entro i finestruoli) un'antica lapide ricorda come ivi giacciano le ossa dei Crocesignati che nel secolo undecimo resero alto onore al loro paese trasportando dalla Palestina le reliquie di San Giorgio. (Crucesignatorum Delphini Portus - qui sæculo XI - e Palestina transvectis - Georgii M. Cappadocensis reliquiis - patriam ditavere - hic ossa quiescunt).
Un'altra lapide, murata nella chiesa, attesta come la maggior parte del corpo del Santo sia ivi conservata e come la cappella primitiva sia stata rifatta nel 1154 dai pescatori di corallo del mare portofinese.
Le reliquie giacciono in un sacrario scavato nella pietra che è sotto l'altare. Quattro chiavistelli d'antichissima foggia, formanti una rozza croce, tengono chiuso il pesante coperchio; alzato questo, appare una cassetta rettangolare di velluto azzurro ricamato in argento, il cui vetro soprastante è fermato da due nastri rossi incrociati, fissati ai bordi della cassetta coi sigilli dei vescovi che autenticarono le reliquie di S. Giorgio.

foto 6 Il faro di Portofino

E' questa la cassetta che benedice i navigatori di Portofino; l'urna miracolosa cui, da quasi duemila anni, vengono rivolti i voti di migliaia e migliaia di marinai in pericolo su tutti i mari del mondo. E' il reliquiario prezioso che salvò i Portofinesi da pestilenze e carestie, come si legge nelle epigrafi murate nel Santuario e nelle carte chiuse in calcoteca serbata sotto l'urna nel cavo della roccia.

foto 7 … prima di partire per lunghi viaggi
i marinai di Portofino…

I salvati dalla peste del 1656 istituirono una cerimonia religiosa (approvata con breve di Pio VI quanto mai pittoresca. La seconda domenica di luglio, gli uomini del paese, a piedi scalzi, salgono al Santuario, ove il sacerdote espone il reliquiario e intona una preghiera, che il popolo canta in coro. Si forma quindi una processione che, discesa giù dal monte, si reca alla chiesa parrocchiale di Portofino, per i Vespri; quindi la processione percorre la via del mare lungo tutto il porto e risale al Santuario per viuzze anguste e pittoresche; le reliquie vengono allora richiuse sotto l'altare.

foto 8 … sotto i portici della piazza…
ove il marinaio vorrà un giorno ritornare…

Il corteo della gente marinara e soprattutto degli uomini dalle caratteristiche facce abbronzate, scalzi pei sentieri del colle e lungo le calate ingombre di reti e di sartie, il corteo che segue i gonfaloni storici, le enormi croci nere, il sacerdote in rossa mozzetta e il reliquiario alto sul porta-reliquie dorato, pesantissimo, recato a braccia da quattro portatori in cappa bianca, ha il fascino d'una mirabile composizione artistica, quale può essere pensata e rappresentata da un popolo di fede e di fantasia, capace di solennizzare le feste del suo spirito soltanto con forme di bellezza.
Come vorrei che un giorno si scrivesse un libro sui riti popolari in Italia! Ogni regione, quasi ogni borgo ne è ricco; ed è soprattutto per questi riti che sopravvive in forma evidente, ovunque bella, sempre artistica anche nelle sue più ingenue espressioni, la storia delle nostre virtù religiose e civili, attraverso i tanti secoli della italica gloria.

foto 9 … risale al Santuario per viuzze anguste e pittoresche…

Sul sagrato di San Giorgio a Portofino, lassù sulla roccia che divide due mari, fino al 1860, ogni cinque anni il popolo usava anche celebrare una sacra rappresentazione intorno al martirio del suo Santo Protettore. Ho letto questa che l'autore-poeta - tale Giuseppe Puccio da Chiavari - ha definito «tragedia» ed ha come personaggi nientemeno che l'imperatore Diocleziano, la sua consorte imperatrice Alessandra, San Giorgio, Maghi, Sacerdoti della Palestina e Angeli del Paradiso. Penso che non varrebbe la pena di ripristinare un tale «spettacolo all'aperto», dal momento che il popolo, supremo buongustaio, ha creduto di metterlo in disuso. No: sul sagrato di San Giorgio meglio giova salire e soffermarsi in solitudine, cercare in noi stessi il rapporto fra l'orizzonte che sconfina sul mare e il nostro spirito rinnovato. Noi Italiani d'oggi siamo gente che ancora vuole «vivere pericolosamente» non dissimili, per razza e per destino, da quei navigatori che nei tempi delle nostre migliori fortune cercarono la gloria in lontanissimi lidi. L'inquietudine operosa è lievito di potenza; e v'ha pure il Santo Soldato che la benedice. Benedica Egli anche i voti del ritorno; secondo il rito in uso da secoli a Portofino, gemma del mare italico.

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