Testata Gazzetta
    Pezzi di storia

Viaggiatori nel Levante ligure (2)

Extracts of the Journals and Correspondence
di Mary Berry (1763-1852, scrittrice inglese)

lunedì 7 giugno 1784. Lasciata Pisa abbiamo attraversato il Serchio in barca. Tra Sarzanna e Lerici attraversamento di un altro fiume in una piccola barca Berry scomoda. Era festa e sulla riva del fiume, all'ombra di festoni di viti appesi tra un albero e l'altro, c'era un gruppo di contadini che ballavano al suono di un violino e di un tamburello. Sembra affascinante e la scena intorno era davvero così. Mi avvicinai ai ballerini, sperando di vedere quella felicità e allegria in tutti i loro movimenti, quella bellezza e grazia nelle loro persone, che si dice si incontri solo nelle danze dei contadini, e al cui confronto le nostre gioie nelle sale da ballo sono fredde e insulse; ma la realtà, la vera realtà, con la sua ampia visione, distrugge troppo spesso ogni allegra immagine che si è formata nella mia immaginazione. Se in una sala da ballo non si trovano la vera bellezza e la genuina allegria, sono sicura che non esistevano nemmeno tra questi contadini: erano per la maggior parte vecchi e molto semplici e ballavano con una tale monotonia e serietà che si sarebbe pensato che stessero celebrando giochi funebri.
Arrivati a Lerici: è un paese povero a ridosso del mare, abitato da marinai di feluche. Arrivammo in un momento sfortunato, perché c'erano pochissime feluche: molte erano state portate a Tolone col re di Svezia. Dopo qualche difficoltà, abbiamo ne abbiamo contrattate due piccole per otto zecchini; ogni barca aveva cinque rematori, ma erano troppo piccole per essere comode. Quella in cui eravamo tutti seduti poteva trasportare appena il corpo della carrozza messo di traverso; il treno della carrozza era nell'altra, con uno dei domestici. Salpammo prima delle 8 di sera; soffrimmo tutta la notte, anche se c'era solo un vento moderato.
martedì 8 Sbarcati a Genova verso le 10: le nostre barche avevano problemi di navigazione. La sera feci una breve passeggiata in paese; i palazzi mi sembravano magnifici, anche dopo aver visto quelli di Roma.
[in occasione di un altro viaggio]
martedì 9 settembre 1817. Il tempo era bello, così si decise di partire da Genova questa sera. Diverse persone vennero a vederci imbarcare. Verso le sette siamo saliti a bordo noi due, Viviani, la signora Botto e sua figlia - alla quale avevamo offerto un passaggio nella nostra feluca - Harrot, Adeline e Pepino salirono a bordo. Le carrozze erano ben sistemate in mezzo alla nave, in modo che potessimo facilmente entrare nella carrozza e sotto la tenda c'erano due materassi, sui quali potevano sdraiarsi quattro o cinque persone, cosa che facemmo tutte noi donne. La luce del giorno ci fu solo finché non uscimmo dal porto; non c'era luna, ma solo per meno di quattro ore non potevamo vedere l'ora dei nostri orologi. L'aria era deliziosa; pochissimo vento, solo piccole ventate nel passare le gole delle montagne, lungo le quali scorrevano piccoli fiumi.
mercoledì 10. Ho lasciato il materasso prima delle quattro per guardare l'alba e vedere il sole sorgere. Tutto era bello e chiaro come ieri. Alle dieci facemmo colazione con le provviste fredde che avevamo con noi; ma cominciai a sentire mal di testa, peggiorato dal movimento del mare. A mezzogiorno ci fu brezza, ma non ero in condizione di vedere o di godermi qualcosa. Il Golfo della Spezia è uno dei colpi d'occhio più belli che si possano immaginare. …
[al ritorno da Roma, raggiunta Carrara]
martedì 28 aprile 1818 Alle nove eravamo nelle nostre portantine, coperte solo in alto. Harrot e Salvador erano a cavallo e un mulo con i nostri bagagli completava la carovana. Dopo cinque ore di marcia, senza concedere un momento di riposo ai nostri instancabili facchini, giungemmo a Borghetta, un borgo molto misero. I nostri facchini riposarono solo un quarto d'ora. In due ore da Borghetta raggiungemmo Corodono, dove abita un buon prete per il quale avevo una lettera dell'amico Viviani. Egli dà ospitalità a tutti coloro che gli vengono presentati almeno per ciò che ha da dare, che non è molto. Siamo arrivati senza aver mangiato nulla dalle otto, tranne un uovo sodo a Borghetta. Era solo e senza un fuoco acceso. Dopo aver chiamato la sua domestica e un'altra donna che lavorava nella vigna, è riuscito a prepararci una minestra con vermicelli e del pessimo formaggio, una cattiva frittata e due piccioni, uccisi dopo il nostro arrivo che non riuscirono a cucinare a sufficienza. Il dessert era eccezionale, con tutti i frutti della campagna: uva, pesche e fichi secchi, noci, nocciole e ottime mele. Questo fu servito dallo stesso buon sacerdote, assistito da suo fratello, dottore, che venne ad aiutarlo; ci diedero del latte fresco per il tè e un ottimo letto per me, con una specie di divano per Harrot nella stessa stanzetta. Agnese occupò la stanza del prete, che era piena di vecchie scarpe e vecchie mutande.
mercoledì 29 aprile Avemmo altro latte fresco della mucca del prete per la colazione del mattino e lasciammo il nostro alloggio a Corodono alle otto, dopo aver ringraziato nel modo migliore il sacerdote e il dottore, e dato al primo venticinque franchi per i suoi domestici, per il disturbo che avevamo causato. Siamo arrivati in tre ore a Braco, benché Braco si trovasse tra montagne incolte e pochissimo abitate. Durante le tre ore di viaggio abbiamo visto una sola capanna abitata. Dopo la stazione di posta a Braco (una casa isolata), inizia una lunga veloce discesa, in sentieri molto sassosi, troppo rovinata per meritare il nome di strada. Essa porta a una pianura dove si trova Sestie, nella piccola baia che porta il suo nome, e che, con lo sfondo di montagne pittoresche, è di straordinaria bellezza. Da Sestie a Chiavere la strada sulla riva del mare è eccellente; chi desidera riposarsi dalla cavalcata o dal movimento del trasporto in portantina compie questa parte del viaggio in carrozza presa a Sestie. Nulla può essere più bello, più popolato o più coltivato di tutta la costa da Sestie a Chiavere. La stessa Chiavere è una delle cittadine più belle.
giovedì 30 aprile Anche il tempo era perfetto; abbiamo lasciato Chiavere presto. Non c'è niente di più affascinante della strada da qui a Genova, a volte in riva al mare, a volte attraversando costeggiando le montagne ricoperta di olivi (che qui sono molto vecchi e di straordinaria bellezza), mais, viti e abitazioni, con i campanili delle chiese che fanno capolino in lontananza nei boschi che coprono i versanti scoscesi delle montagne; all'imboccatura di ogni piccola valle si vedono piccoli paesi o villaggi sul mare. A due miglia verso Nervi la nuova strada è già percorribile dalle carrozze. …
[al ritorno da un altro viaggio]
giovedì 12 maggio 1823 Eravamo in carrozza oggi alle cinque. Avevo sentito piovere molto dalle due del mattino. Pioveva ancora quando siamo partiti, e dovevamo guadare il letto del fiume Magra. La pioggia che era caduta e stava ancora cadendo aveva gonfiato il fiume, ma i contadini dicevano che potevamo passare e mezz'ora prima era passata la carrozza del conte di Sommariva. In effetti superammo molto bene il primo guado, con l'aiuto di un cavallo e di tre muli; ma la carrozza, benché guidata da un contadino, non aveva seguito il tracciato. Una ruota colpì una grossa pietra; i muli tirarono invano e caddero nell'acqua uno dopo l'altro. Noi stessi non eravamo lontani dal fiume quando Giuseppe, il nostro cocchiere, precipitò per aiutare un suo compagno. Alla fine spostarono la grossa pietra con l'aiuto delle nostre guide locali. Fortunatamente gli animali non erano riusciti a muovere la ruota, altrimenti il calesse si sarebbe ribaltato; alla fine siamo usciti tutti sani e salvi. Ma per molto tempo non ricordo di avere avuto tanto spavento. Il pensiero di guadare quel fiume mi innervosiva e rivedevo il momento in cui un cavallo dopo l'altro cadevano nella corrente e la guida fu gettata in acqua, e quando la carrozza non poteva muoversi, con la povera Harrot seduta dentro! Non aveva alcuna possibilità di uscire. Si è comportò con la calma e il coraggio che io non avrei avuto al suo posto. Attraversammo cinque volte quell'orrido fiume prima di giungere a Borghetto, ma gli altri guadi erano più larghi e con meno acqua.
venerdì 13 maggio Arrivati a Genova.

Viaggio nella Liguria marittima - Vol.3° 1834
di Davide Bertolotti (1784-1860, scrittore italiano)

Lettera XCIX Idea generale della Riviera di Levante Bertolotti
… Al primo arco della spiaggia, collocato tra la punta di San Giuliano e la punta della Chiappa, succede, ad oriente di Capo di Monte, il secondo, più curvo, che forma il golfo Tigulio degli antichi. Esso, dalle rupi che coprono Portofino, s'allunga sino a Sestri di Levante. Chiavari locata nel mezzo n'è la capitale; Lavagna al fianco sinistro di Chiavari, Rapallo, assisa nel più interno del golfo, e Sestri posta in penisola all'altra estremità, ne sono le più riguardevoli terre marine1.
Questo secondo arco della spiaggia è tutto pittoresco all'estremo. Esso è montuoso sino a Chiavari, benché ornato di lietissime valli a Santa Margherita ed a Rapallo. A Chiavari, i monti si raunano indietro e fanno un anfiteatro di colli e di piano; indi ritornano sul dinanzi per tosto slontanarsi di poi, e rallegrare i dintorni di Sestri con ubertosa e gioconda pianura. Tutto il paese è abitato da un popolo tranquillo frugalissimo mite, dato alla navigazione all'agricoltura all'industria. …
Lettera C Da Genova a Rapallo
… varcando il bel ponte di Sori giunge a Recco la strada, sempre avendo a destra il mare che nel lucido suo specchio riflette que' colli ridenti. Ma l'inciampo de' monti che spignendosi assai innanzi ne' flutti, fanno lo scoglioso promontorio di Portofino, qui costrinsero l'architetto a dipartirla dal lido per condurla entro terra sul giogo. L'amatore de' bei prospetti e delle naturali bellezze sa grado all'erta ed alla china del monte della Ruta per la peregrina dovizia di giocondi prospetti che gli presentano e che vincono ogni arte del dire. Non però la strada valica il sommo giogo, ché troppo arduo sarebbe; anzi ne schiva l'asprezza maggiore col penetrare dentro la traforata rupe mercé di una lunga e spaziosa grotta che le mine e lo scalpello scavarono in linea diritta. Rivestite di mura sono le umide pareti del masso. Questa grotta piglia il nome di Ruta dal nome della montagna in cui è cavata2.
Chi all'uscire dall'orientale bocca dell'antro artefatto non si rivolge a guardare, perde una dilettazione visuale di cui forse nessun luogo al mondo può rendergliene per ristoro una consimile. Imperciocché dallo smisurato cannocchiale di quella rettilinea spelonca, torna infinitamente dilettoso il mirare in gran distanza e da grande altezza i cerulei campi del mare, e l'antica reina del Mediterraneo sedente in arco sul lido, e molta parte dell'orientale riviera, simile ad un continuato sobborgo della superba metropoli. Egli è questo, starei per dire, un portento dell'ottica, applicato ad un portento della natura e dell'industria. Ed avvertite che mentre ovunque altrove alla bellezza de' prospetti di Genova e delle Riviere detraggono alcun che la nudità ed aridezza delle soprane parti de' monti, nell'ammirabil diorama ond'io vi parlo non si scorge che quella porzion del paese che per vivacissima vegetazione, tramezzata da villaggi e da palagi, ride bellissima veramente e fortunata.
Perch'io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami
Sì nol direi che mai s'immaginasse:
Ma creder puossi, e di veder si brami
.3
Scende la strada per facili ravvolgimenti dall'alto, rasenta la chiesa di San Lorenzo della Costa, ove è un trittico di Luca d'Olanda, scopre il fiorentissimo golfo di Santa Margherita e la villa Centurione che magnifica impera sopra una tranquilla, verdissima, piacevolissima valle, e giù si dichina a Rapallo, antica e popolosa terra in riva del mare4.
Ma converrà che meco torniate a Recco, per rivenire a Rapallo, solcando la cheta marina.
Lettera CI Da Recco a Rapallo per mare - Parte prima
Recco, la Ricina della tavola Peutingheriana, è terra conspicua e mercatantesca. Qualche buon dipinto ha la nobil sua chiesa.
Da Recco una breve gita vi conduce a Camogli ch'è quel borgo che da Genova scorgete biancheggiar ultimo sul lido orientale a sinistra delle rupi di Portofino, cerulee in lontano. Camogli rende l'immagine di ciò ch'era la Liguria ne' floridi suoi dì del Dugento, allora quando nel modo stesso che già tanto fu dire un Romano e dire un guerriero, tanto era dire un Ligure e dire un uomo di mare.
Tutti gli uomini indistintamente qui sono marinaj, e sono agricoltori al cessare delle faccende marinaresche5. Cento grossi bastimenti da carico appartengono ad un porto che non ne può ricevere dieci6. Gli arditi loro capitani affrontano le tempeste dell'Atlantico e varcano gl'immensi spazj del Pacifico, con la stessa intrepidezza ed accortezza con che sanno evitare gli scogli del Mediterraneo. Ma spezialmente e' rivolgon ora le prore a quei lidi ove il santo Cavaliere in atto di trafiggere il mostro marino, e l'Agnello con lo stendardo, simbolica figura del gran protettore di Genova, erano scolpiti sulle torri di Soldaja e di Caffa a testimonianza della Ligure dominazione nella terra de' Tartari. Perché la croce bianca in campo azzurro, antica impresa de' reali Sabaudi, è bandiera rispettata in tutta l'immensa estensione de' mari e tenuta per amicissima dal signore dell'Ellesponto e del Bosforo7.
Il villaggio di Camogli è fondato sopra un nudo ed angusto scoglio, rilevato di pochi metri dal mare. Le strettezze del luogo han fatto innalzare le case a sette od otto palchi. Il porto è angustissimo; tuttavia ben può dirsi che in esso fervet opus . Il martello del falegname e del fabbro ferrajo rimbomba del continuo sulle tavole delle navi, racconciate al ritorno de' viaggi. Qua uno rimpalma colla pece i legni mal sani, là un altro stende sulla poppa la verde vernice, annunziatrice della partenza vicina.
Una scalea di marmo bianco mette alla piazzetta ombreggiata da un antichissim'olmo dinanzi alla chiesa8. Dicono che questa chiesa sia fabbricata sui fondamenti d'una antichissima che già sorgeva in Camogli prima del 409. Essa risplende di preziosi marmi, di sontuosi arredi, di profuse dorature, di dipinti a fresco e ad olio, d'insigni scolture9.
L'aspetto di questa chiesa, induce a meditazione più ancora che a maraviglia. La doviziosissima Parigi non ne vanta una pari in ricchezza d'ornati, se non m'è la paragonante memoria infedele. I doni de' poveri marinaj la fecero così sontuosa. Una sesta parte del profitto de' viaggi navali vien da loro consacrata alla chiesa. La chiesa del suo villaggio è pel marinajo ligure la rappresentazione d'ogni suo affetto. Dalle coste della California o tra le nebbie del Mar Nero, egli sospira il giorno in cui potrà ringraziare la Vergine cui s'è raccomandato partendo, in quella chiesa ove riposano le ossa de' suoi maggiori, ove la vecchia sua madre sta pregando pel suo felice ritorno, ove il sacerdote benedisse la sua unione con la sposa che l'ama a fede e che l'ha fatto padre di cari figliuoli.
Durissima in fatto e piena di continui pericoli è la vita del marinajo. Egli
«Lasciata la mogliera e i figli,
Erme penétra e sconosciute arene:
D'ogni nube paventa, e mai non dorme
D'altissima paura il petto carco.
Arde a l'estivo tempo, e benché d'acque
Sia d'ogni intorno cinto, indarno brama
Fresco rimedio a la focosa sete.
Da' colpi de la morte un picciol legno
Gli è frale scudo, e quel ch'è via più grave,
Rare fïiate avvien ch'ei ne riporte
Merce che sembri al gran travaglio eguale
».
E però più d'ogni altro, egli
«La mente inchina, e gli occhi e le parole
Umilmente rivolge ai sacri numi
Il cui sommo potere a i venti a l'onde
Né varj moti lor legge prescrive
».
Le donne qui non portano enormi pesi sul capo, né durano asprissime fatiche come in altri luoghi di questa Riviera. Regna anzi in tutti i volti quella serenità ch'è il prodotto di una modesta agiatezza, procacciata dall'economia e dal lavoro che trova mercede.
Il colle che sorge piegato in conca di sopra a Camogli, è un immenso frutteto, tutto sparso di pinti casini, non meno che di rusticani abituri.
A Camogli noleggiai una barchetta che mi trasportasse per mare alla badia di San Fruttuoso, ove troppo disagevole è il condursi dalla vetta del monte.
Lettera CII Da Recco a Rapallo per mare - Parte seconda
Prese la barchetta a costeggiare il monte, che tutto ha nome di Portofino. Da principio la rupe, per lo più sterile e scabra, tratto tratto allegrasi di boschetti di ulivi e di castagni, e verso la sua punta occidentale siede ancora a mezza pendice una villa, le cui mura dipinte risaltano di mezzo ai lecci, ai pini ed ai cipressi che la circondano10. Tosto di poi comincia ad apparir nuda e formidabile la breccia (poudingue poligenico) che forma il nocciolo principale del monte.
Dico formidabile perché questa durissima pietra contra la quale sembra che invano il mare cruccioso combatta, si aderge di quinci in acuti ed orrendi scogli, ora incavati in ispelonche degno asilo degl'informi armenti marini, ora protesi con aspra fronte in sull'onda. E quando le salse acque si posano placidissime nel Seno di Santa Margherita o sul lido di Recco, rauchi ancora fremono i flutti intorno al Capo di Monte, terror del nocchiero. Chi è vago di ricopiare dal vero gli scogli, mal troverebbe altrove esemplari che meglio uniscano la maestà e lo spavento. Ed al piè di quei grigi, ora torreggianti ora squarciati e sempre dirotti balzi, ed alla bocca appunto di quelle tetre ed immense caverne in cui spumeggiando ingolfasi il fiotto, egli può, senza togliersi dal vero, collocare un navicello attaccato con funi a' due opposti lati dello scoglio, e dentro al battello dipingere due o tre ragazzi in atto di pescare, mentre un altro di loro, ignudo e nell'acqua sino alla cintola, sta cercando i frutti marini, ove fa rabbrividire il pensiero che un uomo possa mettervi il piede ed osare di tenersi in equilibrio sopra lo sdrucciolevole masso.
Nel bel mezzo del promontorio di Portofino, o a dir più veramente nel mezzo della sua fronte riguardante a meriggio, apresi un picciol seno, ove il monte, non così ripido come i circostanti dirupi, soffre l'ornamento di qualche coltivazione. Ivi è la badia di S. Fruttuoso, posta certamente nel più romito luogo che l'uom possa ideare. Essa non appresentasi di botto allo sguardo; ma una torre quadra che vagamente si leva sulla pendice, dinunzia che quel luogo è abitato. Approda finalmente la barchetta al breve lido ove un rivo di limpidissim'acqua esce romoreggiando da una vasta sala sotterranea, e si perde nel mare, ricordando il verso ovidiano
Fons erat illimis, niveis argenteus undis.
La badia di San Fruttuoso è da secoli vedova de' monaci di San Benedetto che questo rupinoso deserto aveano trasmutato in ridente giardino. Forse dalle mani loro furono già piantate le palme (Phoenix dactylifera) che abbarbicate tra gli scogli vincono in grossezza ed altezza quante ne vanta da San Remo in poi la doppia Riviera. Questa coltivazione in mezzo agli orrori solinghi, l'arte con cui l'acqua è raccolta e distribuita in fontane, e l'antica forma del non vasto chiostro, sono tutto quanto ci ridice la pacifica loro dimora tra queste rupi che la natura avea voluto serbare inospiti, infeconde, inaccesse11.
La chiesa ristorata dal principe Andrea Doria nel 16° secolo, poi da un altro Doria commendatario più tardi, non esibisce che mura squallidamente intonicate e mute all'immaginazione. Nel 17° e nel 18° secolo la smania di coprire con calcina ogni vestigio dell'antica veneranda architettura, prevalse sì fattamente, che i moderni atterratori de' templi assai men danno apportarono ai monumenti sacri12.
In faccia all'ingresso della torre quadra, cade un filo d'acqua dentro una specie d'abbeveratojo. Potreste voi immaginarvi quest'abbeveratojo che sia? Egli è un sarcofago di marmo, scolpito in alto rilievo, lavoro greco-romano. Non sene vede che un lato, ed a questo eziandio fanno velo il sedimento che vi lascia l'acqua, ed il muschio. Ma lo scalpello ne ha foggiato tutto il contorno, ed è opera diligentemente finita, doveste anche chiamarla una copia.
Ma insigne per gli avelli de' Doria è spezialmente la badia di San Fruttuoso. Più bel sepolcreto dei tempi di mezzo non è giunto insino a' dì nostri. Una camera bislunga nella parte inferiore del chiostro, contiene le marmoree arche in cui riposano le ceneri de' prodi di questa famiglia appartenenti al secolo decimoterzo.
Sopra i sarcofagi regna una serie di archi acuti, fatti di marmo a fasce bianche e nere, e ciascun arco è impostato sopra dodici colonnette di marmo bianco. Le inscrizioni in gotico carattere hanno la semplicità di quel secolo13.
Questo magnifico sepolcreto è lasciato ire in rovina. Troppo severo però sarebbe il ripetere in questo proposito la greca sentenza: «Chi trascura la gloria degli antenati, tacitamente confessa di non esser nato per emularli.»
Il risuscitatore de' monumenti del medio evo, l'incomparabile Migliara, ha disegnato il sepolcreto de' Doria nella badia di San Fruttuoso. Speriamo che il suo pennello, operatore di portenti, farà conoscere all'Italia questo asilo delle ceneri di una famiglia che per più secoli fu madre d'eroi, ma il cui astro parve tramontare colla morte del magnanimo Andrea14.
La stessa barchetta mi condusse a Portofino, alla Cervara, a Santa Margherita, a San Michele, a Rapallo.
Il promontorio di S. Fruttuoso, ossia Capo di Monte, accoglie nel mancino suo lato dentro anguste fauci le onde, ed a questa maniera fa un porto. Il quale addimandasi Portofino, nome derivato per corruzione da Portus Delphini: ché così lo chiamavan gli antichi, perché qui
Mostrano ad or ad or guizzando il curvo
Dorso i lievi delfin.

Le tresche del vispo delfino,
- «cui del vicin nembo
Fama non dubbio accorgimento diede
E pietà quasi umana e senso al canto
»,
è piacevole scena a chi per la prima volta naviga ne' nostri mari. Guizzano pure i tonni, ma in foggia diversa. E delfini e tonni maggiormente abbondavano in queste acque altre volte: resta almeno memoria che le due tonnare, che sono una di qua l'altra di là da Capo di Monte, s'allegravano di assai più copiosa pescagione in tempi non ancora lontani. - Vedute di dolce bellezza si schierano innanzi agli occhi dall'alto de' monti di Portofino15.
La Cervara, già Sylvaria per le opache sue selve, antico ed ora deserto monastero de' Benedittini, rammenta un'illustre sventura16. Francesco I.° rotto a Pavia, dalla rocca di Pizzighettone ove era stato chiuso venne condotto a Genova dal viceré Lanoja cui erasi arreso e da Genova trasportato nel monastero della Cervara, ove stette alcuni giorni aspettando le proprie galee che vuote di Francesi ed armate dagli Spagnuoli doveano trasferirlo nei porti della Catalogna. Chi può dipignere i sensi che agitavano in questa devota solitudine il petto del real prigioniero, il quale perdeva la libertà secretamente offertagli dal duca di Borbone e dal Pescara, per la chimerica speranza di trovare in Carlo V un vincitor generoso?17
Nella chiesa di San Michele, tra Santa Margherita e Rapallo, eravi un quadro rappresentante il Crocifisso con tre Santi, opera insigne del Vandik. Eravi, perché volendo ristorarlo, l'hanno sì guasto che ormai poco di pregio più serba.
Santa Margherita, col vicino San Giacomo, è villaggio giocondamente collocato e con dintorni di tanta piacevolezza che a tutti i villaggi della Liguria forse lo anteporreste per fermarvi l'alloggio ne' bei giorni dell'anno. I marinaj di questo paese attendono di preferenza alla pesca de' coralli, onde ornate di votive offerte di coralli si mirano le lor nitide chiese
«Dove colui che scampo
Trovò da l'onde irate, i sacri voti
In memoria sospende, e la tabella
Ov'è l'istoria del passato danno.
»
Di questa pesca mi giova darvi contezza, avendovi ormai ricondotto a Rapallo per mare, come prima v'avea guidato per terra18.
Lettera CIII Pesca de' Coralli
[pubblicato dalla Gazzetta nel 2017]


1 La provincia di Chiavari va dal confine di S. Fruttuoso nel promontorio di Portofino sin di là dal confine di Moneglia. Gli spartimenti geografici qui indicati non corrispondono esattamente agli amministrativi, e di ciò basti aver fatto cenno.
2 La galleria Ruta ha di larghezza 6 metri, di altezza media 6 metri e ½, di lunghezza 74 metri.
3 Dante, Paradiso canto X.
4 Il prezioso trittico citato come di Luca d'Olanda, rappresenta le Nozze di Cana , il Martirio di Sant'Andrea, la Risurrezione di Lazzaro. Il Martirio del Santo titolare di quella chiesa è opera di Luca Cambiaso.
5 1400 marinaj sono inscritti nella matricola sopra una popolazione di 5400 anime.
6 Dicesi che un bastimento appartiene ad un porto, quando ne sono di quel porto il capitano ed i marinaj. Non mancano in Camogli i trafficanti agiati. Ma in generale i capitalisti ed i grandi negozianti hanno sede in Genova. Quindi tutto il commercio delle Riviere, tranne qualche parte dell'occidentale, si dee sempre riferire a Genova che n'è il centro.
Oltre le 100 e più navi da carico di Camogli, 50 barche de' suoi pescatori si spargono pel mar Tirreno a far la pesca delle acciughe che salano in quelle marine pel minor prezzo del sale.
7 L'Oderico correda le sue Lettere Ligustiche con 16 tavole incise de' monumenti genovesi nella Taurica, i disegni de' quali furono presentati a Caterina II, nel solenne ingresso che questa imperatrice delle Russie fece in Caffa, poscia ch'ella ebbe ottenuto colla pace la sovranità della Crimea, conquistata dalle sue armi. Sono questi monumenti per lo più marmi rappresentanti la Cioce rossa in campo d'argento, l'agnello con lo stendardo sormontato dalla Croce, simbolo di S. Gio. Batista patrono di Genova , San Giorgio a cavallo , e le armi gentilizie de' Consoli, Massari e Capitani genovesi nell'impero di Gazaria, che questo nome davano alla Taurica. Il più antico ha la data del 1352.
La colonia di Caffa non fu ceduta dalla Repubblica all'ufficio di S. Giorgio che nel 1453. Tuttavia l'immagine del vittorioso Cavaliere scolpita sui monumenti Tauro-Liguri dee riputarsi anteriore a quel tempo. Imperciocché i Genovesi aveano constituito San Giorgio per Gonfaloniere (Vexillifer) della loro città molto prima dell'instituzione del Banco di San Giorgio, quindi le tante immagini di questo Santo che si veggono intagliate sulle porte o nelle mura delle case di Genova.
8 Se l'Autore errasse talvolta nel nome degli alberi di mero ornamento, egli spera che nessuno vorrà dargliene carico. La mente può ritenere la differenza tra un cipresso ed un tiglio, ma per gli alberi di figura consimile sarebbe chiedere troppo, ove non si citano che per figurar le vedute.
9 Nel Batisterio mirasi S. Giovanni in atto di versar l'acqua sul capo del Redentore. Un leggiadro angiolo sta riguardando. Questo gruppo fu scolpito dal Ravaschino in bellissimo marmo di Carrara. Bernardo e Francesco Schiaffino, valorosi benché ammanierati scultori, natii di Camogli, vi fecero la Madonna del Rosario con varie altre statue. Il lastrico della chiesa è tutto in marmo a scacchi.
10 Quella punta è detta della Chiappa. Il monte di Portofino, ove più si sporge in mare chiamasi Codimonte o Capo di monte.
11 «Ebbe i suoi principi questo sacro luogo dall'anno 259 per la miracolosa traslazione quivi seguita delle reliquie de' Ss. Fruttuoso, Augurio ed Eulogio, martirizzati quell'anno stesso in Tarragona: errando apertamente chi pose questa fondazione quasi mille anni dopo, cioè il Giustiniano e il Foglietta, come si prova per molte scritture in forma autentica. L'ebbero in appresso i Monaci Benedittini , ma passato poi in commenda, fu da essi col tempo abbandonato, e finalmente dalla Sede Apostolica concesso in jure-patronato al principe Doria.»
Saggi Cronolog. di Gen.
Tuttavia il Paganetti , miglior critico , dubita di quell'antichissima portentosa traslazione, e propende per collocarla nel 1256. Stor. EccL. della Lig.
12 Sotto gli scrostamenti di molte case di Genova si veggono le belle pietre scalpellate e talora anche i marmi che fasciavano l'edifizio. Ciò avviene anche in alcune antiche chiese di Lombardia, anzi di tutta Italia.
13 P. E. - I. S. Guilielmi Auria et ejus uxoris atque heredum.
14 Gli storici contemporanei o poco posteriori onorano ancora di altissime ed, a mio credere, soverchie lodi il principe Gio. Andrea «suo erede, dicono, non tanto del principato, degli Stati e della fortuna marittima, quanto dell'eroiche virtù e della carità verso la patria singolare… Morto lui, mancò nella casa de' Dorii il supremo impero delle cose marittime.» Capriata, Istorie.
15 Portofino fu già dipendenza della Badia di S. Fruttuoso. Giust. Tra i molti fatti d'arme avvenuti a Portofino, vedi negli Annali di Genova quello seguitovi nel 1527 , dal quale si chiarisce come le fazioni si spoglino d'ogni carità della patria. - A Capo di Monte, dinanzi alla chiesa di S. Fruttuoso, i Veneziani nel 1431 ruppero l'armata genovese prendendone 11 galee, insieme con la Capitana. «E Pietro Loredano usò in questa vittoria grandissima modestia, onorando e trattando umanamente il capitano genovese e gli altri prigioni, e liberò le ciurme senza prezzo alcuno.»
16 Fondò quel monastero nel 1324 Guido Scetten, arcivescovo di Genova.
17 Nella rotta di Pavia il re di Francia Francesco I, «dopo avere combattuto molto, ammazzatogli il cavallo, ed egli, benché leggiermente, ferito nel volto e nella mano, caduto in terra, fu preso da cinque soldati che non lo conoscevano: ma , sopravvenendo il Viceré (Lanoja), dandosi a conoscere, ed egli baciatogli con molta riverenza la mano , lo ricevé prigione in nome dell'Imperatore.» Guicc.
- La spada che il Re rimise al Lanoja in quell'otta, fu portata a Madrid e serbata fra le cose di maggior valuta. Nelle nozze di Carlo Emanuele I duca di Savoja con Caterina di Spagna, Filippo II diede in dono al Duca suo genero quell'istorica spada. Essa passava, convien dirlo, a mani non men valorose, e guidate da mente più vasta. Ma parve in quell'età presagio d'infauste venture , e gli ultimi giorni del Duca videro tristamente avverato il presagio.
18 L'Autore della Storia Letter. della Liguria accenna «l'urna cineraria di S. Margherita, ove sono scolpiti gli emblemi e gli attributi di Mitra e di Apollo; e il basso rilievo in marmo con greca epigrafe che si conserva in Rapallo presso il signor Francesco Molfino» e promette d'illustrarle.

© La Gazzetta di Santa