Testata Gazzetta
    Pezzi di storia

Medici, medichesse, maestri di scuola ed altri benemeriti di Rapallo
nel secolo XV
di Arturo Ferretto

Giornale storico e letterario della Liguria - II 1901

Il dottore Stefano Rodrigo da Castro, portoghese, lettore nell'Università di Pisa, s'innoltrò un giorno piuttosto ad invettive, anziché a discrete censure filosofiche, contro il celebre medico rapallese Fortunio Liceti, oriundo di Recco, rimproverandolo di bestia Recchensis; questi mandò a Rapallo per la fede dipinto del suo battesimo, che gli fu trascritta dall'arciprete Gio. Battista Angeletti da Vezzano (1630-1666) e autenticata dal notaro Stefano Sartorio, cancelliere allora di Rapallo1, ed avutola compose l'opera Athos perfossus a mo' di dialogo contro il dottor Rodrigo. Sotto le spoglie d'Ulisse dice ch'egli è nato il 3 ottobre 1577 a due ore di notte in Rapallo, luogo che crea ingegni sottili.
L'autore delle settantasette e più opere, e che non a torto fu proclamato fenice degli ingegni e splendore dei filosofi, il medico che, laureatosi il 23 marzo 1600, fu lettore di logica in Pisa, Padova, Venezia e Bologna, dove morì il 17 maggio 1657, col postumo onore di un monumento al Prato della Valle, non avrebbe potuto far onore più bello alla terra, nella quale avea bevuto le prime aure di vita.
Forse nella sua mente, aperta come l'orizzonte, spaziavano i fasti più fulgidi e le miserande vicende della sua patria; ricordava la sua umile casetta, posta presso il ponte di S. Francesco, non lungi da quel maestoso castello, dall'ampie feritoie e dal ponte levatoio, fondato dalla famiglia Scarsella sui principi del secolo XIII, e i ricordi del passato lontano, glorioso per Rapallo, gli passavano innanzi, risorti dalla polvere di quell'oblio, che tutto ricopre, anche le cose più caramente dilette.
Rapallo creatrice d'ingegni sottili! E non a torto. Onde giustamente venne salutata coi noti versi virgiliani.
salve… tellus
Magna virum, tibi res antiquae laudis et artis

Se io dovessi registrare il nome di tutti gli uomini chiari dell'antica podesteria rapallese, i quali han diritto in qualche modo d'essere ricordati, cominciando dal secolo XIII sino all'età presente, formerei una lunghissima e non interrotta catena. Mi contenterò di alcune notizie, tratte da documenti, studiati di recente. Me ne saranno grati i miei concittadini, ai quali addito nomi ignoti, o negletti, e, salendo la corrente dei secoli, faccio conoscere come chiaro si rivelasse il genio rapallese in mezzo al patrimonio non isterile del medio evo. E incomincio da due donne, da due medichesse.
Tommaso Belgrano già si dolse di «quel pochissimo che ci è noto fin qui dell'antica farmacopea genovese; per modo che essa ne pur figura nei Documenti Storici spettanti alla Medicina, di cui l'illustre Corradi, per altre regioni d'Italia, raccolse una vera dovizia. E lo stesso dicasi rispetto alla biografia medica, la quale già adunata con amorevole diligenza da Giambattista Pescetto aspetta tuttavia un efficace e abbondante sussidio da chi voglia interrogare gli archivi e particolarmente le imbreviature dei nostri notari».
Nessuno storico, per quanto mi sappia, ha mai parlato di donne genovesi, che esercitassero pubblicamente l'arte di Galeno e di Esculapio. Il Bonino, dopo aver detto esser cosa da parecchi monumenti confermata che in Piemonte fin dai tempi remoti si trovassero donne insignite della facoltà di esercitare pubblicamente la Medicina e la Chirurgia, distinte col nome di Mediche, suffraga il suo asserto, riferendo il nome di una tale Giulietta, medica a Pinerolo nel 1220, ed accenna pure a quella Trotula di Salerno, che altri volle dei Trotti di Alessandria, alla quale si attribuiscono le due opere De morbis mulierum et eorum cura e De compositione Medicamentorum. Anche il Comune di Siena teneva ai suoi stipendi nel 1390 la medica Monna Mita. Ciò che vediamo in Piemonte e a Siena, costumavasi pure in Genova nel fiorire della Rinascenza.
La prima medichessa, che presento ai lettori, eccelleva sui primordi del secolo XV e chiamavasi Teodora Chichizola. La famiglia Chichizola, numerosa tuttora, trae le sue origini dal villaggio di Canevale della valle di Fontanabona. Valicate le creste dei monti, che a detta valle sono di barriera per non vedere Rapallo, scelse il suo nido nel villaggio di S. Ambrogio della Costa, di dove per diverse strade diramossi in Zoagli e Rapallo, sebbene un Guglielmo de Cuguxola nel febbraio del 1291 abitasse in Genova presso Lucoli, segno evidente che ad alcuni della famiglia non erano più bastate le ristrette cerchia delle patrie mura, ma aveano poste le tende in città, nel grande emporio del commercio, nella marmorea e superba capitale.
Zoagli, patria della nostra medichessa, apparteneva nel secolo XV al quartiere di Borzoli, che si estendeva da S. Pietro di Rovereto sino al fiume di Monti, e che coi quartieri di Amandolesio, Olivastro e Pescino formavano la podesteria di Rapallo. Zoagli contava allora 200 abitanti circa. La fortunata medichessa, sposa a Bertone Chichizola, veniva chiamata Divina da Zoagli. La sua arte salutare, esercitata in modo da far credere all'intervento della divinità, le avea forse meritato un simile appellativo.
La sua fama, i suoi medicamenti, la sua operosità, avevano varcata la chiostra delle colline, che a Rapallo fanno ghirlanda, e Genova stessa, non ostante il fiorente collegio dei medici insigni, dovea chiamarla per prestare i suoi utili servigi ad un gran personaggio, caduto ammalato, a Battista Montaldo. Battista, figlio del celebre doge Leonardo Montaldo, fu «anziano di Genova l'anno 1387; comandante di otto galere e sette navi genovesi in luogo di Ottobono Giustiniano, ammalatosi l'anno 1410; presidente in Livorno per la Repubblica di Genova l'anno 1412; degli ambasciatori mandati a trattar la pace con Fiorentini, e l'ottenne, indi fu spedito ambasciatore al Papa l'anno 1413». La pace coi Fiorentini fu stipulata in Lucca il 27 aprile del 1413. Il 29 dicembre del 1413 fu inviato dal genovese Comune a Lodi, ove in qualità di ambasciatore giurò fedeltà a Sigismondo, imperatore dei Romani. Giacendo egli infermo, chiese la medichessa Chichizola que erga ipsum operata est, e, guarito dal male, in contracambio del servigio resogli, volendo esternare la sua grande riconoscenza, supplicò i governatori del genovese Comune ad esentare dai pubblici balzelli la medichessa di Zoagli ed i suoi discendenti, tanto più che immuni dalle tasse erano tutti i medici per decreto, confermato il 25 settembre del 1385 dagli Ufficiali di Sanità. Il privilegio fu concesso, ma, non essendo stato inoltrato per il visto all'Ufficio di Moneta, dovea più tardi fornire un pretesto per essere annullato. Il 9 agosto del 1434 gli anziani del genovese Comune e Oldrado di Lampugnano, luogotenente in Genova per Filippo Maria Visconti, duca di Milano, signore di Genova e delle riviere, accolsero in udienza Benedetto Chichizola, ambasciatore del quartiere rapallese di Borzoli. Lamentavasi del privilegio largo ed eccezionale, concesso già alla medichessa Teodora, all'insaputa degli uomini di Rapallo e senza che fossero neppure interpellati, il quale ridondava in massimo danno del rapallese Comune, aggravato di tasse. I Rapallesi poi, memori non solo dell'incendio, che il 3 settembre del 1432 subirono i borghi di Zoagli, S. Margherita e Corte dalle 22 galee, che secondo i nostri annalisti vennero nel golfo di Rapallo, ma esausti altresì per il continuo cozzar delle parti, per l'incertezza del reggimento, per il malaugurato mutare dei governanti, che si succedevano in Genova e quindi in Rapallo, per la triste paretaria, che era allora il partito del color bianco e del colore nero, dominanti sulle piazze orientale e occidentale di Rapallo, non potevano darsi pace che i poveri fossero obbligati a pagare, ed i ricchi fossero esenti. Da ciò emerge che l'arte, esercitata dalla medichessa non gli era stata avara di un buon gruzzolo e che la sua famiglia non versava nelle ristrettezze, ma godeva di tale agiatezza da far invidia anche ai rappresentanti del Comune. L'ambasciatore linguacciuto, mal celando la sua acrimonia, aggiungeva per soprassello che i medicamenti di una simile donna non meritavano la vittoria di una franchigia, estensibile ai suoi discendenti, tanto più che la medichessa era morta.
Lo stesso giorno il governatore e gli anziani ingiunsero al podestà di Rapallo di far venire a Genova Bertone Chichizola, vedovo della medichessa, o il loro figlio Giacomo, insieme con un ambasciatore della Comunità di Rapallo. Giacomo Chichizola il 7 settembre del 1434 si presentò al governatore e al consiglio degli anziani, i quali in legittimo numero congregati, esaminata la supplica dell'ambasciatore del quartiere di Borzoli, e l'immunità concessa, priva però dell'assenso dell'Ufficio di Moneta, decretarono che Bertone Chichizola e i suoi discendenti dovessero pagare le avarie e le altre tasse dal giorno della morte della medichessa Teodora. Lo stesso giorno al podestà di Rapallo venivano trasmesse le deliberazioni prese.
I discendenti della medichessa non cessarono però dall'essere benevisi dai governatori di Genova, tanto è vero che il 6 maggio del 1455 il doge Pietro Campofregoso ordinava che Giacomo Chichizola da Zoagli e suo figlio Antonio non fossero né molestati, né aggravati di balzelli.

La seconda medichessa, che presento ai lettori è di Rapallo, la terra cospicua, dove allora agli ulivi si alternavano gli aranci. Rapallo vantava nella metà del secolo XV i suoi 800 abitanti, secondo troviamo scritto dall'umanista Jacopo Bracelli, cancelliere del genovese Comune, il quale nella villa di Cerisola passò buona parte dell'estate del 1458, come emerge da una sua lettera del 21 agosto, scritta ex Cerasola villa Rapalli. In detta villa erasi rifugiato per timore della peste ed era tornato in Genova il 5 ottobre del 1458.
Il Comune di Rapallo tenne sin dal secolo XIII ai suoi stipendi un medico, ora rapallese, ora forestiero. Sin dai tempi remoti medicina e spezieria venivano esercitate dai monaci, che nella pacifica abitazione del chiostro trovavano luogo opportuno ad operare pel bene dei sofferenti. I più antichi medici adunque mossero dal monastero di S. Fruttuoso di Capodimonte, primo faro della civiltà rapallese. Nel 1216 si ha ricordo di Maestro Alberto medico e notaro in Rapallo.
Profondo conoscitore di medicina fu il rapallese notaio Giovanni de Amandolesio, il quale rogava a mezzo il dugento, e che «ci tramandò a sua volta le formole per arrestare il sangue colante dalle narici, per partorire felicemente, per cessare le emoraggie etc.». Nei suoi atti, che conservansi all'Archivio di Stato, trovasi uno schizzerello od embrione di ventaglio a mo' di banderuola, segnato a penna con questi esametri:
 Mota meo flatu plusquam lupus oris hiatu
 Mordax pellit oves fugo muscas tollo calores.
Oberto de Spignano, famiglia che ebbe già culla a S. Michele di Pagana, esercitava la medicina nella nostra Rapallo, secondo si rileva da un atto del 24 gennaio 1268. Nel 1285 era medico condotto Raimondo Pichenotto, nativo di Zerega su quel di Cicagna. Il suo nome appare in un certificato, rilasciato a favore di un certo Galvano de Prina, il quale, essendo affetto da una fistola nella gamba sinistra, veniva esentato da qualsiasi avaria. I figli del medico Pichenotto Gabriele e Raimondino nel 1312 esercitavano l'arte farmaceutica nella località di Pozzarello. Il 16 marzo del 1287 Guglielmo, medico e chirurgo in Rapallo, figlio del qm. Enrico da Vercelli, pure medico e chirurgo, sposa la figlia di Giacomo Salinero. Il 23 aprile dello stesso anno maestro Lazzaro esercita la medicina in Rapallo. Il 20 gennaio del 1288 Nicolò Fieschi dei conti di Rapallo prometteva dare soldi 50 a maestro Bianco da Millesimo, chirurgo in Rapallo, avendo medicato nella tibia sinistra il figlio Ambrosino. Il 2 marzo del 1288 il nostro chirurgo riceveva soldi 50 da Rainaldino da Leivi, promettendo di guarirlo d'una fistola, che il paziente avea nella coscia sinistra. Se però prima dell'agosto non era perfetta la guarigione, il dottore doveva restituire i soldi ricevuti. Maestro Alberto de Ravaxiis da Reggio il 12 agosto del 1312 è medico in Rapallo. Il rapallese Benvenuto de Prina il 10 giugno del 1340 era medico in patria, come pure il 2 aprile del 1343 maestro Benvenuto da Parma esercita la medicina in Rapallo. Altri medici rapallesi distinguevansi altrove. Maestro Gabriele da Rapallo il 30 dicembre del 1306 esercita la chirurgia in Genova. Dal 27 marzo del 1310 al 4 novembre del 1337 si ha notizia di maestro Rollando, figlio di Filippo Pelliciaio da Rapallo, chirurgo in Genova, e abitante in fondo al vicolo del Cetrone non lungi da S. Donato. Il 4 luglio del 1342 acconciava il figlio Bartolomeo ad apprendere l'arte dello speziale. Il rapallese maestro Paolo, figlio di Nicolò Patuccio, è medico in Genova; lo ricordano due atti del 29 agosto 1313 e 22 giugno 1325. Il 4 giugno del 1331 insieme col medico Cristoforo de Amico da Portofino2 e col medico Tommaso Costa da Santa Margherita fa parte del collegio dei medici di Genova.
Bella manifestazione di affetto diedero sui primordi del secolo XV i Rapallesi ad un loro concittadino, che in Rapallo avea prestato i suoi salutari servizi durante la peste, che afflisse Genova e le due riviere, già turbate dallo scisma d'occidente, che per la venuta dell'antipapa Pietro da Luna, anche in Rapallo continuava a fare proseliti. Il 13 aprile del 1407 più di due terze parti degli uomini della podesteria rapallese, la quale comprendeva quello spazio, che si presenta quale aperto ventaglio da Portofino a Rovereto, si radunavano, previo il suono della campana e il robusto vociare del cintraco o banditore, nella chiesa plebana dei SS. Gervasio e Protasio, e, alla presenza del podestà Bernabò de Lisorio, dichiaravanofranco dalle avarie il flebotomo rapallese Giovanni Maino, perché durante l'infermità passata avea curato molti infermi, senza percepire emolumento alcuno, tanto più che consideravano «essere necessario avere un tale individuo che curi gli infermi, essendo detto Giovanni pratico nell'arte sua et curialis in medicando pauperes personas.
Altri medici dovevano prestare la loro opera nei tre ospedali di Rapallo. Primo e più antico era l'ospedale di S. Cristoforo di Pozzarello. Volevasi intraprendere un lungo viaggio ed avere un felice ritorno? Bastava aver guardato, in partendo, le gigantesche forme di S. Cristoforo, dipinte sopra il muro dell'ospedale, a lui sacro, situato presso il ponte romano, che faceva capo non lungi dall'elegante palazzo dei fratelli Pendola. L'attuale giardino dell'Hôtel Prandoni, sede un giorno prediletta degli Spinola e poi dei Serra, era il cimitero del vetusto ospedale, che avea due reparti, uno per gli uomini e l'altro per le donne. Il 7 giugno del 1210 Rubaldo Galletta lasciava L. 13 hospitali novo de Rapallo ubi stant domine. L'ospedale apparteneva ai quattro canonici della pieve, ai quali spettava il diritto dell'elezione dell'ospitaliero e dell'ospitaliera, preposti al governo di esso. Il 23 novembre del 1406 Pileo de Marini,arcivescovo di Genova, accordava il giuspatronato di detto ospedale al nobile Odoardo della Torre e il 21 giugno del 1462 Paolo Campofregoso, altro arcivescovo, confermava detto giuspatronato a Francesco della Torre3, nipote di Odoardo, annullando in pari tempo la cessione, fattane da Nicolò della Torre, fratello di Francesco, ai disciplinanti dell'Oratorio dei Bianchi. Altro ospedale era quello di S. Antonio abate, in parte sede dell'attuale Municipio e la cui chiesuola funge da teatro. Fu eretto con decreto del 15 novembre 1451, emanato da Giacomo Imperiale, arcivescovo di Genova.
Il terzo ospedale, del quale scorgonsi tuttora le rovine, trovavasi nella parrocchia di S. Massimo, lunghesso la vecchia strada romana, che conduce a Bana e a Ruta. Dedicato a S. Lazzaro fu eretto per i lebbrosi nel 1468 da Giacomo Aste. Avea speciali statuti per l'accettazione degli ammalati. Il 18 maggio del 1484 l'arcivescovo Paolo Campofregoso accordava il giuspatronato di esso a Tommasino d'Aste, figlio di Giacomo e a Giovanni de Barbieri, benefattori e principali protettori. Altri ospedali sorgevano nel territorio della podesteria rapallese. Lungo la strada romana, che da Zoagli conduceva a S. Pietro di Rovereto, esisteva l'ospedale di S. Orsola e i valligiani ne additano tuttora il luogo. Da un atto del 10 dicembre 1513 si apprende che da tanto tempo era vacante. Presso il ponte di Zoagli sul quale passava l'antica strada romana esisteva l'ospedale di S. Giacinto. Infatti il 5 febbraio del 1412 prete Antonio Beretta da Cogorno lasciava un letto hospitali de Zoalio. Il 10 agosto del 1295 la munifica donna Isabella de Spignano fondava un ospedale a Portofino, ancora esistente nel 1556.
Rapallo, che avea dato adunque un grande contingente di medici, non doveva esserci avaro di una medichessa. Il nome è taciuto, ma l'esistenza è certa. Il 14 maggio del 1438 Tommaso da Campofregoso, doge per la terza volta, scriveva al podestà di Rapallo, di far venire in Genova la medichessa di Rapallo, ad istanza del parente Benedetto da Campofregoso, che trovavasi infermo. Nello stesso tempo inviava un salvacondotto, durevole due mesi, nel quale la medichessa è chiamata pure vaticinatrix; essa non poteva quindi essere arrestata, giacché con decreto del 19 febbraio 1438 erano state concesse le rappresaglie contro gli uomini di Rapallo e del suo distretto, confermate poi il 21 febbraio 1439.
Il Petrarca nelle sue lettere osserva che i medici de' suoi tempi correvano dietro agli studi dell'alchimia e dell'astrologia stessa, dalla quale traevano i vaticini. Allorché nel 1435 il prode Biagio Assereto, oriundo rapallese, cancelliere del genovese Comune, pose il piede sulla flottiglia, inviata in soccorso di Gaeta, e della quale avea il supremo comando, una folgore fece staccare una pietra del campanile di S. Ambrogio, onde «Quilico Franco dei Sacchi medico e dotto in astrologia affirmava con efficaci ragioni secondo che patisce quell'arte, che la pietra marmorea significava che il capitano dell'armata inimica doveva esser menato prigione con l'armata sua in Genova». Medichessa e astrologa era pure la nostra rapallese. Scorgendo le rughe della mano del Campofregoso gli avrà adunque predetto non solo la sua buona ed infausta sorte o, secondo il costume invalso, gli avrà dato a bere l'acqua di rosmarino, reputata come la panacea universale, giacché «vale a tutte le infermità», ma chiamata d'urgenza da un illustre personaggio qual fu il doge Tommaso Campofregoso, che tanta parte ha nel movimento letterario della sua epoca, qual benemerito promotore della cultura dell'Umanesimo, e quale cortese mecenate degli studiosi, avrà pure prodigato i tesori della sua scienza vera, acquistata collo studio, e non frutto della sola superstizione e della profonda conoscenza di malie, incantesimi e di altre scienze occulte.
Si noti pure che in Genova non facevano difetto medici di vaglia. Me ne informa una lettera del Bracelli, che il 4 ottobre del 1456, domandando consigli per una sua figliuola ammalata al genovese Giovanni Marabotto, medico in Bologna, soggiungeva: … non quia apud nos desint preclari medici et preter eos sunt etiam proxima nobis studia Papiensium. Benedetto Campofregoso, che ebbe bisogno della medichessa rapallese era figlio di quell'Abramo (fratello del doge Tommaso) che nel 1416 era stato eletto governatore di Corsica e che, secondo ci dicono gli annali di Giorgio Stella, nel settembre del 1426, radunato un manipolo di contadini di Rapallo e di altri luoghi, era entrato in Genova ai danni dello stato milanese colle grida di Viva il Popolo e i Fregosi. Non potendo queste donne frequentare le Università, che allora erano in fiore, considerando che esercitavano con plauso la medicina, come la nostra Teodora Chichizola, è necessario ammettere che facessero studi privati sotto professori di grido, acquistando poi il titolo di dottoresse dai governatori delle città, o da non pochi di quei marchesi, conti palatini, che godevano pure del privilegio di crear notari e legittimare bastardi. Infatti nel 1475 figura in Milano come medichessa fixica et ciroyca et doctorata per litteras ducales la nobile magistra Antonia de Genua de Campogrando moglie di Cristoforo de Padulio, abitante in Santa Maria della Chiusa. Da un atto del 26 maggio 1475 risulta aver essa conosciuto ex inspcctione urine unius brentatoris illum in extremis laborari ex una magna impostematione. Gli studi di questa medichessa m'inducono a credere che fosse allieva del più famoso dei chirurghi d'allora, di Maestro Battista da Rapallo, celebre litotomo nel 1473 ed inventore del grande apparecchio per l'estrazione delle pietre dalla vescica, che professò la chirurgia in Genova e poi in Saluzzo «homo scienziato et experientissimo nella cirurgia… et nell'arte del sanare le piaghe et d'extrahere da le ferite non solo tutte le malignitadi et li pezzi degli corpi feritori, ma etiamdio dalle intime viscere le pietre dentro generate et abscondite con li suoi finissimi instrumenti ad oportuno locho et cum angelica dexteritate aperte». Questo dotto rapallese trasmise i tesori delle sue scientifiche dovizie a quel Giovanni da Vigo, medico di papa Giulio II, nato in Rapallo verso il 1460, a cui il Municipio rapallese nel 1846 innalzò un monumento.
Coetaneo dei due suaccennati fu il rapallese Benedetto Canevale. Il 5 agosto del 1467 l'Ufficio di Sanità in Genova, scriveva Magistro Benedicto de Canevali artium et medicine scolari in Rapallo, e, lodandolo per il suo buon animo verso la repubblica, lo chiamava in Genova, minacciata dalla peste. Il 5 gennaio del 1473 riceveva ampio mandato dai maggiorenti di Rapallo di aprire una sottoscrizione per innalzare un campanile a fianco della chiesa di S. Stefano e che dovesse servire per tutta la Comunità e per tutti gli uomini utriusque coloris, fossero più guelfi che ghibellini, prova evidente che si cercava con un'opera pubblica affratellare insieme i discordi. Il 3 giugno del 1480 il doge e gli anziani di Genova ordinavano venisse esaminato e aggregato al collegio dei dottori, del quale faceva ancora parte il 23 maggio del 1496. Il secolo XV non era ancor tramontato e Rapallo si compiaceva degli allori, che raccoglieva un altro suo figlio, Francesco Multedo, chirurgo in Genova, ove lo troviamo ancora ne 1508. I Rapallesi ormai pigliavano animo e ben sentivano di sé, concorrendo sempre meglio cogli studi alla gara nobile e degna degli avi, che avean lasciato esempi gloriosi. E si levarono a egregi fatti e ad imprese lodevoli.
Nel secolo XV le donne rapallesi diedero non solo un nobile contributo alle mediche discipline, ma anche alle liguri industrie dei tessuti e dei pizzi, che appunto in quei tempi raggiunsero il loro apogeo. Già il 27 settembre del 1214 Marchisio da Rapallo riceveva tanto oro filato per lire 9, che portava in Alessandria d'Egitto; il 28 maggio del 1242 Soliano de Pescino da Rapallo accordava la figlia Caterina causa adiscendi de arte taliandi et filandi aurum; il 30 gennaio del 1254 Giovanna da Rapallo prendeva al suo servizio una giovinetta, alla quale prometteva insegnare artem texendi oralia de seta; il 18 maggio del 1307 Giacomina da Rapallo riceveva lire 20 da Giacomo da Carignano, maestro di scuola, le quali impiegava in arte sua de operacione auri.
La prima industria dei fregi o merletti d'oro, d'argento e seta non era adunque estranea alle nostre rapallesi. A questi primitivi modelli, già fonte di lauti guadagni, vennero più tardi ad aggiungersi i modelli dei pizzi di Bruges, che già nel secolo XIV dovevano esportare i Genovesi per le loro grandi relazioni, che avevano colle Fiandre. Le donne rapallesi nel secolo XV gareggiavano nel confezionamento di queste trine di refe e di seta, per invenzione e per arte sommamente pregevoli e ricercate, ed alle quali davano ancora risalto l'oro e l'argento filato.

Affermava il Burckhardt, che prima dei tempi di Andrea D'Oria gli abitanti della riviera passavano in tutta Italia per nemici di qualsiasi coltura. Ma sì fatta opinione, desunta dal Valeriano e dal Menke, non vuolsi intendere per modo assoluto, e dagli studi recenti viene di molto attenuata. Rapallo ce ne porge una prova, poiché nel secolo XV oltre le industrie dei pizzi, dei velluti, dei saponi e dei coralli, degli aranci e dell'olio, oltre aver dato notevoli pittori4 e cartografi5, non fu estranea a quel movimento erudito, che correva ormai da un capo all'altro la penisola e pervadeva anche i centri minori.
Un pallido segno di coltura rapallese rintracciasi in quel Guglielmo, prevosto di S. Stefano di Rapallo (ora Oratorio dei Neri) e già monaco dei Benedettini di S. Fruttuoso di Capodimonte, che il 2 dicembre del 1209 facea testamento e lasciava a Giovanni, canonico di detta chiesa, un Lucano, colla facoltà di essere consultato da Ferrario, canonico della pieve di S. Gervasio… habeat licenciam operandi. E uomini dotti soggiornavano in quell'abazia. Il 2 ottobre del 1439 il doge Tommaso Campofregoso raccomandava al pontefice e all'arcivescovo di Firenze frate Rainerio da Pisa, virum satis litteratum che era stato tanti anni nel monastero di S. Fruttuoso, retto ora da un abate ormai vecchio, e lo proponeva per il governo dell'abazia.
Già nel secolo XIII, se non prima, si aprirono in Rapallo scuole di grammatica per opera di maestri, non più canonici, addetti alla pieve o all'antica parrocchia di S. Stefano, ma di laici od anche ecclesiastici indipendenti, che riscuotevano una tassa dai discepoli, ovvero ricevevano uno stipendio dal rapallese Comune. Infatti il 3 febbraio del 1282 trovo maestro Giovanni da Treviso, dottor di grammatica in Rapallo. In pari tempo altri soggetti notevoli della podesteria rapallese distribuivano in Genova il pane della scienza. Dal 27 maggio del 1298 al 16 marzo 1325 trovo ricordato maestro Rollando Pugnotto da S. Lorenzo di Rapallo, abitante in Genova nella contrada di Pellicieria e poi in Chiavica, e che faceva parte del fiorente collegio dei maestri di scuola. Il 4 luglio del 1304 il maestro Percivalle da Zoagli veniva accettato in Genova nel collegio dei maestri, del quale fa parte ancora il 20 luglio del 1329. Benemerito pure dell'istruzione è quel Bertolino Fieschi, canonico della pieve di Rapallo, il quale con testamento del 2 febbraio 1313 lasciava un cospicuo capitale, i cui redditi dovessero servire per un cappellano da nominarsi nella cattedrale di Genova e che avesse l'obbligo di insegnare la grammatica e il canto ai fanciulli. Il 12 dicembre del 1325 Percivalle de Valle da Rapallo teneva scuola in Genova nella casa di Francesco de Franceschi, e più tardi un altro rapallese, il maestro Pietro de Prina, rivestiva l'ufficio di rettore del collegio dei maestri, dandocene contezza un atto del 28 novembre 1394. Il sammargaritese prete Antonio de Vialino il 20 luglio del 1452 reggeva le scuole nel suburbio di S Fruttuoso in Genova. Il 9 gennaio del 1486 parecchi maestri sacerdoti in Genova (tra i quali figurano i rapallesi Bernardo Maggiocco, Leone Barlaro, Pietro Figallo e Paolo Molfino) eleggono un procuratore per essere difesi contro i maestri laici. Curiosi sono i patti stipulati il 9 marzo del 1490 tra il notaio Giovanni Canessa e Andrea Piaggio, rappresentanti gli uomini di Rapallo, a riguardo d'una scuola, che volevano instituita a benefizio del paese. Si accordarono col rapallese notaro Domenico de Arzelleto e con prete Francesco Spina da Napoli, entrambi maestri di scuola. Il notaio, ricevuta la paga dai due rappresentanti del Comune si obbligava di dare per due anni consecutivi lire sei al mese a detto Francesco, percependo egli a sua volta soldi tre al mese da ciascun ragazzo, che frequentasse la scuola rapallese. Il 24 settembre del 1495 il prefato Arzelleto dava a pigione la sua casa al maestro Francesco de Lardonis da Compiano per lo spazio di due anni colla decorrenza del primo ottobre, cedendogli pure le panche e i banchi della scuola, obbligandosi a non insegnare la grammatica a nessun fanciullo rapallese. Il 3 marzo del 1491 è nominato il maestro Gregorio da Valdettaro, rettore delle scuole di Portofino, e il 1° novembre del 1496 il maestro Battista de Luminariis, rettore delle scuole di S. Margherita. Il 1° febbraio del 1501 il prefato Francesco Spina da Napoli, regens scholas in Burgo Rapalli riceveva L. 42 da Cosimo Schiattino come stipendio, in ragione di L. 6 al mese, avendo retto le scuole in S. Margherita dal 1° novembre 1491 sino al 20 giugno 1492. In Genova godeva stima e riputazione la scuola del sacerdote Lorenzo Borzese da Rapallo, cappellano della cattedrale genovese. Il 6 maggio del 1502 il maestro Cristoforo da Crovara gli cedeva la scuola con 50 ragazzi, posta nella contrada del Prione. Da questi maestri di grammatica rapallesi appresero i primi rudimenti i nostri medici prima di frequentare gli studi di Bologna, Pavia e di altre università.

Genova avea pure ricevuto nei secoli XIV e XV un'infinità di famiglie rapallesi, che nella volubile corsa del tempo non paghe più della coltivazione degli orti e delle vigne e della pesca, cui si erano date, s'ingagliardirono e da principi modesti salirono al fastigio dello splendore.
Da S. Quirico di Assereto nella seconda decade del secoloXIV si partiva ad esercitare l'arte del cancelliere nella curia di Recco il notaio Simone Assereto, bisavolo del celebre Biagio, il noto vincitore della battaglia di Ponza.
Da S. Pietro di Novella, e precisamente dal castello della Banca, si recava a Genova la famiglia Banca (e un Paolo Banca di Rapallo fu nel 1369 ambasciatore al Soldano d'Egitto), che entrata nei Giustiniani si onora di Mons. Agostino Giustiniani, vescovo di Nebbio in Corsica, principe degli Annalisti genovesi. Domenico Pastine da Rapallo moriva nella città di Famagosta di Cipro nel 1411, lasciando a pro del genovese Comune un discreto peculio. La sua statua, eretta nell'atrio del palazzo di S. Giorgio in Genova, reca fra le mani la leggenda: «Ciascuno studii fare simili servitù alla patria». Battista di Simone da Rapallo, prevosto di S. Maria delle Vigne negli anni 1421-1423 è nunzio del pontefice Martino V e collettore delle decime, dovute alla camera apostolica.
Il rapallese Lorenzo Morello nel 1439 arciprete di Recco e dal 4 maggio 1447 canonico della cattedrale di Genova e prevosto di S. Stefano di Rapallo, faceva testamento il 28 settembre del 1471, ordinando che nel Banco di S. Giorgio venisse posto un piccolo capitale, i cui proventi dovessero servire per maritare zitelle del suo cognome e in mancanza di esse per le fanciulle della podesteria di Rapallo. La morte coglieva questo dimenticato benefattore nella notte del 30 settembre dello stesso anno. Allo stesso fine, e in ispecie a pro delle povere fanciulle, il notaio rapallese Nicolò de Canneto, notaio, il 18 gennaio del 1463 lasciava il capitale di L. 2645 al Banco di S. Giorgio, ordinando che i canonici della Cattedrale di Genova dovessero distribuirne il frutto ogni anno nel mese di dicembre.
Il rapallese Spirindeo Argiroffo dal 1468 al 1509 arciprete di Camogli, prevosto pure di S. Donato in Genova, canonico di S. Maria in Via Lata e di N. S. delle Vigne, protonotaro apostolico e parecchie volte eletto dai pontefici giudice in questioni delicate, lasciò un pingue capitale, per sovvenire alle figlie maritande della podesteria di Rapallo. L'8 luglio del 1491il doge Agostino Adorno comunicava ai giusdicenti delle riviere che Alberto del Carretto consigliere ducale e podestà di Genova, d'ordine del Duca di Milano, avea bandito detto Argiroffo e il prete Lorenzo Costa di S. Lorenzo della Costa.
Il Beato Battista Poggi, fondatore di parecchi conventi degli eremitani di S. Agostino, è di Rapallo, e da un atto dell'8 luglio 1475 risulta figlio di Mariola della Valle del fu Antonio, allora vedova di Giacomo de Podio. A sua istanza il pontefice Sisto IV con lettera dell'8 giugno 1474 introdusse i frati agostiniani nel monastero (ora Ospedale Civico), che i Rapallesi aveano fabbricato a loro spese. Anche i benefizi ecclesiastici rapallesi vennero nel secolo XV concessi a persone, degne di ricordanza speciale. Sul cadere del maggio del 1450 essendo morto in Roma, in tempo del giubileo, l'arciprete di Rapallo Gio. Andrea Giudice, il pontefice Nicolò V il 10 giugno dello stesso anno eleggeva Bartolomeo Pammoleo da Levanto, canonico di S. Lorenzo e di S. Donato in Genova e di S. Anastasia in Roma; gli venne poi affidata il 13 aprile del 1480 da Sisto IV la diocesi di Accia in Corsica, ove morì il 13 gennaio del 1493.
La prevostura di S. Stefano di Rapallo fu goduta dal 1474 al marzo del 1478 da Raffaele Riario, cardinale, nipote del pontefice Sisto IV, subentrando nel possesso il rapallese Domenico della Torre, sebbene fanciullo, raccomandato da Bona di Savoia e dal figlio Giovanni Galeazzo, duchi di Milano. «Nel 1368 si trova menzione di un Antonius de Rapallo vitrarius ed è notizia più antica rinvenuta sin qui circa l'arte del vetro». Lo stesso, in qualità di vetraio a S. Donato, è testimone ad un atto del 10 Gennaio 1360, stipulato per l'arte del vetro. Nel secolo XV parecchi rapallesi vetrai trovansi in Genova. Primo fra essi è quel Luca Stiroccio, che il 13 dicembre del 1430 quivi esercitava la sua arte insieme con Antonio Tassara, vetraio in Sosilia, ricordato il 7 settembre del 1439. Lo Stiroccio il 15 luglio del 1445 esponeva al Doge e agli Anziani di Genova che per le tasse impostegli era stato costretto a ritornare a Rapallo, dove era nato ed educato. Il 16 ottobre del 1455 avea provvisto di vasi di vetro la cucina del doge. Il 5 settembre del 1431 Bartolomeo Capra, arcivescovo di Genova, e governatore in Genova per il Duca di Milano, accordava libero salvacondotto a parecchi maestri, deputati alla fornace di vetri di Giacomo da Rapallo.
I Molfino, originari di S. Martino di Noceto, furono per una serie non interrotta di anni gli operai prescelti della zecca genovese e ottennero per ciò l'esenzione dalle tasse, in virtù di un decreto del 7 giugno 1413, concesso a Giacomo Molfino, e confermato il 12 giugno 1471.
I Patuccio si erano già resi illustri per quel Filippo Patuccio da Rapallo, che, vestito l'umile saio del poverello d'Assisi nel convento di S. Francesco di Castelletto in Genova, veniva nel 1390 eletto vescovo di Iglesias in Sardegna, perdurando nella dignità, sebbene esule per lo scisma, sin verso il 1396.
Un Bartolomeo Franzone, figlio di Giberto, prima della metà del XIV secolo, lasciava la sua misera casa del quartiere di Borzoli (luogo detto di Grè) per impiantare un'osteria al Molo ed è considerato come il capostipite della famiglia Franzone, che, ascritta al Libro d'Oro del Comune, si illustra di dogi, di vescovi e di cardinali. I Brignole di Rapallo trasportarono i loro telai in Genova e le prime orditure procacciarono ad essi, oltre la nobiltà, fama e gloria imperitura, mentre altri Rapallesi davano impulso alla navigazione per le coste italiche non solo, ma per le greche e per le orientali, dove il vessillo di S. Giorgio sventolava glorioso e temuto.


1 Il notaio Stefano Sartorio fu cancelliere del Comune rapallese nel 1633 e 1635 (Libro Rosso del Comune, Arch. del Municipio di Rapallo).
2 Di questo medico portofinese ai servizi del Comune di Genova, del quale fu più volte priore, si hanno ricordi del 26 novembre del 1356, allorché fu inviato ambasciatore ai Duchi di Milano (Masseria Comunis Janue, Registro VII, p.326).
3 Giacomo della Torre, figlio di detto Francesco, avea il 17 ottobre del 1496 alloggiato in Rapallo nel suo palazzo di Pozzarello (ora proprietà del Dott. Piaggio) l'imperatore Massimiliano d'Austria, il quale in compenso lo creava cavaliere del Santo Romano impero colla solita facoltà di crear notari e legittimare bastardi. Massimiliano scrisse da Rapallo al doge Agostino Adorno una lettera, che porta la data del 17 ottobre e un'altra da Sestri, che porta la data del 18 ottobre (Litterarum, Reg. XXXVII, N. 600, p. 16 5) .
4 Dei pittori parla diffusamente l'Alizeri, intrattenendosi intorno al pittore Guglielmo Grillo da Zoagli (1310), ai pittori rapallesi Simone Smeraldo (1339-1369), Giovanni Re (1343-1367), Bernardo Re (1457-1462), Cosimo R e (1459-1470) suo figlio, e Giovanni Barbagelata (1484-1508). (Federico Alizeri, Notizie dei Professori del Disegno in Liguria, Vol. I e Vol. II). Alle ancone, eseguite dal nostro Barbagelata, dobbiamo aggiungerne un'altra, ignota all'Alizeri, e dipinta per l'oratorio di S. Bernardo a S. Margherita. Rappresentava S. Chiara d'Assisi in mezzo a due angeli. La rimanenza del prezzo pattuito per detto quadro fu sborsata il 15 settembre del 1504 da Paolo Larco, cassiere dell'oratorio (Atti del Not. Gio. Andrea Ottoveggio, 1503-1504, foglio 200, Arch. Distrettuale di Chiavari).
5 I cartografi Maggiolo tanto celebrati in Genova, Napoli e altrove sono oriundi di S . Ambrogio di Rapallo. Il 1 settembre del 1531 vi possedeva una casa il noto fabbricante di carte per navigare maestro Visconte Maggiolo, venduta per L . 800 a Bartolomeo Borzese. La casa era posta nella località detta Ronco (Staglieno, Due Nuovi Cartografi della Famiglia Maggiolo in Giornale Ligustico di Archeologia, An. 1875, Vol. II, p. 217).

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