Gens ligustica in orbe – n.1 + 2/2005
Il discorso emigratorio dalle nostre terre non è un fenomeno legato solo ai secoli XIX e XX; ha inizio molto prima tuttavia è negli anni dalla metà del 1800, che
assumerà quel carattere di massa che ne farà un problema nazionale.
Già alla fine del 1700, in un territorio particolarmente agricolo, lo spostarsi da un luogo all'altro era legato alle produzioni agrarie. Quando l'inverno non
permetteva il lavoro dei campi, infatti, era uso recarsi nelle terre confinanti per la raccolta delle olive: ne costituisce un esempio l'emigrazione dall'Emilia
Romagna alla Liguria. Viceversa, quando l'estate prometteva raccolti abbondanti in pianura, era uso spostarsi per la raccolta del gelso, dalla Liguria al Piemonte o
per quella del riso dalla Liguria alla Lombardia.
Queste emigrazioni avevano il carattere di temporaneità, arrivando a durare quanto il periodo del raccolto e non arrecavano un grande vantaggio economico,
risolvendosi nel pagamento di poca moneta e, più spesso, in una parte del raccolto.
Ad esempio, nelle vallate di Borzonasca (Levante ligure), luogo in cui non era l'olivo, le bambine venivano inviate a raccogliere le olive nelle terre verso la
costa ed il pagamento era in una quantità di frutto da far poi spremere per ricavare un poco di olio.
Tutte le terre di confine hanno vissuto con il sistema dell'emigrazione temporanea: dalla Valle d'Aosta erano famosi gli spazzacamini che, essendo in gran parte
piccoli di statura e bambini, entravano bene nelle canne fumarie. La loro destinazione era Parigi ove restavano per tutto l'inverno.
Vi erano poi i venditori di vetri e di giocattoli da fiera. Questi raggiungevano anche le fiere del nord Europa. La loro emigrazione era più lunga di durata ma
sempre legata al prodotto che veniva fabbricato nella casa d'origine.
A questa forma di emigrazione temporanea che resta legata al territorio, si viene, in un secondo tempo, ad affiancarne un altro tipo, derivante non solo da
motivi economici ma politici.
Con il periodo napoleonico, la coscrizione obbligatoria porterà, oltre al matrimonio in giovane età, all'emigrazione in zone europee, per evitare un servizio
militare che si risolveva in guerre mortali o che durava molti anni.
Avremo così l'emigrazione verso l'Inghilterra e, successivamente, con la caduta di Napoleone, una forma di emigrazione politica legata ai dissidenti dei vari
governi tornati al potere in Italia.
Questa forma transita per Genova. Qui si radunano i fuorusciti dalla Lombardia, dal Veneto, dalle Romagne che vivono in stato economico precario in Genova, chi
in attesa di emigrare, o meglio espatriare, chi in attesa di tempi migliori.
La società genovese provvede per questi speciali emigranti, col dare aiuto ed assistenza economica. Per loro si faranno aste di beneficenza, con la vendita di
oggetti antichi offerti dalle dame genovesi, si creerà un sistema di assistenza medica e si cercheranno alloggi nella città. Se il partire è ancora un fatto
sporadico, legato a particolari questioni politiche, al momento dell'annessione della Liguria al Regno di Sardegna, il fenomeno comincia a prendere una diversa
consistenza.
Anche in questo caso si tratta, per la maggior parte, di emigranti soli, che desiderano sfuggire al servizio militare, imposto per circa 10-11 anni o che
desiderano approfittare di nuove opportunità di commercio:
Questo è dovuto anche ai grandi cambiamenti intervenuti nella politica mondiale.
I paesi del sud America si stanno avviando faticosamente ad una democratizzazione e il loro essere praticamente spopolati e privi di infrastrutture, crea ai
governi difficoltà di esistenza.
L'unica soluzione per far vivere il territorio e, nel contempo, limitare l'esistenza degl'indigeni, è quella di aprire le frontiere ed invitare uomini ed
idee dall'Europa.
Questo è il caso dell'Argentina.Non ancora costituita in nazione democratica, ma sconvolta da una serie di guerre interne contro la dittatura di Rosas,
potente proprietario terriero e gaucio, raggiunge l'unità con la sconfitta di questi da parte del generale Urquiza. Da questo momento la federazione degli stati,
con a capo Buenos Aires, proclamerà la costituzione ed inviterà gli europei a venire per costruire un paese in cui non vi è nulla. (1856-57) Saranno imprenditori
liguri, del levante a recarsi in terra sudamericana per costruire dal nulla le infrastrutture: partiranno capitani di mare, armatori e costruttori per creare la
prima linea di navigazione interna ed il primo esercito.
Le prime case ed ospedali saranno costruiti da Liguri che riescono spesso a ritornare in patria.
Poche sono le partenze di famiglie in questi anni proprio perché si parte per lavorare con l'intenzione di tornare presto e poi ripartire.
Sarà l'unità d'Italia a creare la prima forte emigrazione di massa. E' proprio al momento del paese unito, che si verifica la mancanza di lavoro per tutti e
soprattutto l'esistenza di differenti stili di vita e di diverse ricchezze raggiunte.
Al nord, asburgico e piemontese, avanzato nelle leggi e nelle tecnologie, in cui l'istruzione e la sanità sono ad un livello decente si contrappone un sud
arretrato, legato al latifondo, in cui la mancanza quasi totale d'istruzione porta alla difficoltà di comunicare e comprendere.
Uno dei fattori che determineranno la prima grande emigrazione è certamente la legge sul maggiorascato. Non più l'eredità lasciata al primo maschio, ma
un diritto per tutti i discendenti figli. In tale modo, essendo l'economia legata all'agricoltura, si vengono a parcellizzare quelle terre sulle quali si erano
nutrite generazioni di famiglie. Conservando, infatti, intatto il capitale e dividendo soli i frutti, tutti potevano almeno sopravvivere. Con la nuova legge, il
territorio, spezzettato, non consentirà più di vivere col solo prodotto della propria parte.
Comincia l'emigrazione d'intere famiglie (1880).
A questo punto non si parte più su brigantini da carico che riservavano posti sotto coperta, limitati rispetto alle merci e che non avevano linee regolari.
Si creano scali e linee di navigazione che hanno un costante collegamento con il nord ed il sud America. Già la partenza è un avvenimento precario. I porti di
raccolta divengono Genova, prima, poi Napoli e Palermo. Qui si radunano in attesa d'imbarco gli emigranti, dormendo come possono sotto i porticati ed in balia di
malfattori. Non è raro il caso di furto dei pochi beni o dei documenti. Le persone sono alla mercé di individui senza scrupoli che cercano di vendere documenti.
La situazione è talmente intollerabile che la prima legge sull'emigrazione, varata nel 1901, stabilirà a carico delle compagnie di navigazione l'alloggio ed il
vitto presso locande apposite, che saranno degli squallidi tuguri. Il viaggiare è, comunque, un momento difficile.
Sulle rotte dell'emigrazione vengono impiegati, ancora all'inizio del 1900, vecchi piroscafi privi di norme igieniche e di sicurezza.
Non sono pochi gli emigranti che muoiono durante il viaggio, specie bambini, o che vengono rispediti indietro.
Nel giornale di bordo del piroscafo "Città di Torino" partito da Genova per N.Y. nel novembre 1905, si legge: "Su 600 imbarcati ci sono stati 45 decessi, dei
quali 20 per febbre tifoide, gli altri per morbillo, caduta accidentale in coperta, influenza."
La maggior frequenza è il contagio, data la convivenza forzata nei dormitori. Non molti possono riservarsi cabine; si viaggia in cameroni nei piani bassi della
nave mentre nelle cabine viaggia chi ha già raggiunto la ricchezza o chi va a raggiungere parenti per un periodo di vacanze.
Infatti si tende a ricostruire, nella nuova terra, il paese da cui si proviene.
In questa fine secolo (1880-1900) le partenze sono continue col risultato di spopolare interi paesi. Nelle case ad attendere restano solo le persone anziane o
le donne in attesa di marito. Per queste la prospettiva è di trovare un giovane emigrato che scriva di raggiungerlo; non sempre per amore ma più spesso per aiutarlo
nel lavoro e per creare una famiglia in migliori condizioni economiche.
I partenti di questo periodo sono in gran parte analfabeti che ricorrono ad amici o preti per far scrivere a casa notizie e necessità. La loro scrittura è un
misto di dialetto, di lingua del posto ed anche di quel poco d'italiano imparato da piccoli.
Proprio per la mancanza d'istruzione l'emigrazione di fine secolo causerà una specie di spersonalizzazione.
Peripezie di emigranti
Non conoscendo la lingua del posto d'arrivo, molte volte le risposte errate date alla polizia, danno luogo alla formazione di nuovi cognomi.
Famoso è il caso della famiglia "Genovese". Il primo giunto sul suolo americano, interrogato sul suo cognome, credendo che gli fosse chiesto il luogo di
provenienza, disse "sono genovese"; da qui il cognome che gli venne assegnato.
Nuove generazioni si formano passando quelle porte di accesso al nuovo mondo che, per New York, sono "Ellis Island".
Si tratta di un'isola all'ingresso del porto americano in cui è sistemato un centro di raccolta per gl'immigrati. Questi sono raccolti ed esaminati uno per uno,
dopo aver loro fatto una doccia con idranti per liberarli dai parassiti. Nell'esame cui sono sottoposti viene presentato anche un puzzle di 8 parti che serve per
capire la capacità cerebrale del candidato. Da fortuna e prontezza deriverà la possibilità di una vita nuova o la tragedia di essere respinti, o peggio, rinchiusi
per lungo tempo.
L'arrivo, quando è permesso l'ingresso della persona, si conclude con il ricongiungimento a familiari o semplici compaesani.
Si viene così a ricostituire il paese di partenza, conservando riti, tradizioni ed anche le preferenze alimentari.
Il viaggio verso il sud America, con un percorso che tocca varie tappe, tra cui Rio De Janeiro, si conclude in Buenos Aires ove le varie provenienze hanno
ricostituito la terra d'origine: i Liguri si raccolgono attorno al quartiere della Boca, ove le casette, piccole, hanno i colori della Liguria.
Per altri invece, la città è solo una tappa verso l'interno e la zona delle pampas ove si può trovare lavoro nei Saladeros, impianti in cui si lavora la carne
che viene esportata anche in Italia ove la situazione sociale è mutata.
Il lavoro nella campagna non rende, anche perché molte braccia sono partite e non bastano i vecchi a produrre.
Si origina così quella forma d'inurbamento che porterà allo spopolamento dei paesi ed al crescere delle periferie cittadine: avanzano il nuovo e
l'industrializzazione.
Alla fine del secolo XIX è sorta la Fiat e nuovi quartieri operai hanno coperto le campagne. Nasce il nuovo ruolo della donna. Specie nel nord, questa comincia
a lavorare nelle fabbriche, in genere di tessitura e di abbigliamento.
Le norme e la tradizione hanno sempre relegato la donna al lavoro domestico o, al più, a quello d'istitutrice e maestra ma il ruolo di emigrante, anche se per
ricongiungimento familiare, non le è riconosciuto. Soggette a violenza e stupri nelle lunghe attese dei porti d'imbarco, le donne sono mal viste. La donna che parte
lascia i vecchi ed il paese: non può esser vista come una buona moglie e madre.
La donna cerca un nuovo ruolo
Ora, con la modernità, anche la donna cerca un nuovo ruolo e questo le viene anche dal gestire le rimesse di chi è emigrato. Mai aveva avuto tanti soldi da
spendere, da pagare i debiti e comperare qualcosa per la casa e poi per sé
una nuova condizione d'autonomia che consente di decidere da sola mentre deve
sostenere tutto il peso dei vecchi, del portare avanti la famiglia in attesa del ricongiungimento.
Se in attesa di sposarsi, la giovane provvede al suo corredo, cercando i capitali per partire con una nave.
Fatta fortuna si pensa alla casa
L'entità dell'emigrazione, che porta allo spopolamento d'interi paesi montani e collinari, crea un problema per lo Stato. Non bastano le rimesse, che
costituiscono comunque un fiume di denaro.
I contadini impiegano il denaro accumulato nell'acquisto della casa o nel restauro di quella dei vecchi. Al posto di case composte da poche stanze insalubri,
con la stalla a fianco o sotto, si costruiscono case pulite, solide, a più piani. Dopo il sogno di una casa nuova viene quello delle terre, non più da lavorare come
fattore ma come proprietario.
Chi ha fatto fortuna e torna in patria desidera mostrare a tutti il potere raggiunto con il costruire ville sullo stile americano, con torrette, ampie sale e
giardini al posto degli orti delle vecchie case. (1900-1912).
E' il segno che, oltre la raggiunta agiatezza, si vuole entrare a far parte di una classe sociale diversa, di quella borghesia che ha cominciato a nascere con
le riforme economiche e sociali.
Le nuove case sorgono lungo viali alberati ed ampi ben diversi dagli stretti "carruggi" dei centri storici, portano nomi di città lontane dalle quali proviene
la ricchezza, vengono a formare nuovi quartieri che circondano i nuclei d'origine.
La povertà precedente porta le famiglie al risparmio con la costituzione di fondi e depositi presso le banche che sorgono in molti piccoli centri. In esse si
accumulano le rimesse dall'America, gli interessi di produzioni estere e gl'introiti di grosse speculazioni nei paesi ove detengono il potere.
Il ritorno in patria porta di conseguenza l'impegno nella terra che si era un tempo lasciata; ci si dedica allo sviluppo sociale; si costruiscono asili, scuole,
si destinano fondi alla costruzione di statue ed abbellimenti sullo stile di quelle città in cui si è vissuto.
Nasce il desiderio di una vita diversa: si creano circoli culturali e ci s'impegna perché il popolo possa avere momenti di festa, a volte importati: alla musica
italiana si affianca il tango.
Così, mentre chi è in terra lontana tiene strette le proprie tradizioni, chi torna mescola i ricordi del passato con le nuove idee e nuovi stili di vita.
Le rimesse accumulate danno la possibilità di nuovi prestiti, di nuovi investimenti che i più capaci utilizzano per fondare industrie.
Sull'esempio di tanta ricchezza, altri nuovi emigranti partono cercando di emulare i precedenti che sono ora tornati a godersi la ricchezza.
Altri scelgono di rimanere nella nuova patria di adozione.
Le famiglie provenienti dal territorio ligure, che hanno scelto di rimanere, investono in particolare in vaste fattorie sud americane e in infrastrutture:
creano città, cui danno il loro nome (vedi Devoto in Argentina) o costruiscono strutture sanitarie e marittime necessarie per lo sviluppo del territorio. Non
dimenticano le necessità di chi giunge come emigrante e creano l'ospedale italiano e la società Dante Alighieri, per mantenere vivo il ricordo, la lingua e la
storia della patria d'origine.
Chi è emigrato spesso non chiede la cittadinanza del paese di arrivo ma i figli e le generazioni successive acquisiscono la cittadinanza del luogo.
L'emigrazione nel periodo della 1a guerra mondiale
Se per molti la fortuna si avvera, per altri il futuro appare negativo, specialmente quando cominciano a chiudersi le frontiere agli emigranti in varie nazioni.
Ciò avverrà in Brasile e, per motivi di rivolte interne e rivoluzioni, nell'Argentina.
Ci si rivolgerà allora a paesi più vicini, non più come ospiti ma come occupanti.
Partiranno da tutte le zone del paese per quell'ideale di conquista che porterà a vivere in Africa. Non vi è ricchezza facile per chi è sbarcato. Costruite le
strade, impiantate le coltivazioni di vigneti, gli emigrati si ritrovano illusi e disillusi dall'ideale di grandezza che la nuova società, veloce ed industriale ha
creato, complici le ideologie dei futuristi e l'ideale del superuomo.
La nuova esperienza lascia vaste parti della popolazione in povertà e senza prospettive.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, per gli emigrati si presentano tre alternative: rimpatriare ed essere spediti al fronte; arruolarsi nell'esercito
americano, per chi viveva colà, o cercare d'imboscarsi.
Il rapporto con la terra di origine si mantiene comunque stretto ed un esempio è la vicenda di Antonio Devoto di Lavagna.
Questi, che aveva accumulato una grande fortuna, creato città, ferrovie e banche, allo scoppio del conflitto noleggia a sue spese navi da inviare in Italia
cariche di compatrioti che desiderano ritornare per combattere al fronte. E' il risultato dell'influenza di D'Annunzio e della sua visione di Trento e Trieste
italiane.
L'appello all'irredentismo lascia un profondo segno anche nelle lontane terre: chi non può contribuire con la personale venuta, invia sostegni economici sotto
forma di capitali e di aiuti ai parenti. Arrivano cassette alimentari, tramite la Croce Rossa, indumenti e lettere.
La corrispondenza, pur vistata per censura, trasmette il segno di un paese che soffre, e che cerca aiuto nei lontani parenti.
La situazione negli Stati Uniti è differente. La presenza di una numerosa colonia tedesca crea il panico ed in ogni immigrato si vede un nemico. Quando
scoppierà la rivoluzione russa, in ogni individuo si vedrà la presenza di una spia bolscevica, capace di sovvertire l'ordine e la libertà dello stato.
La prima guerra mondiale si può dire che segna la fine della grande emigrazione.
Effetti sociali ed economici
Se emigrare è un fatto sociale, ancor più è un fatto economico.
Dalla seconda metà del secolo XIX una fondamentale importanza per l'economia interna deriva dalle rimesse degli emigranti, presupposto delle quali è l'esistenza
di lavoro nella patria d'adozione.
Proprio la ricerca e la richiesta di lavoratori dagli stati del sud America segna l'avvio del fenomeno migratorio.
Le nuove nazioni, infatti, hanno carenza sia di manodopera che di quadri dirigenti nelle varie attività dell'economia. Creare dal niente una economia nazionale
presuppone l'esistenza di personale qualificato e direttivo e su questa linea si avvia la prima richiesta di elementi capaci sia imprenditorialmente che
tecnicamente di creare le infrastrutture necessarie allo sviluppo del paese.
Questa prima linea d'azione si attua nel Brasile ed in Argentina, giovani nazioni che, con questo mezzo, intendono creare una situazione di economia interna
sostenibile ed anche integrare le poche popolazioni indigene rimaste sul territorio ma incapaci di produrre per la nuova economia.
La situazione è un'opportunità per i capitali e per le tecnologie europee.
Sarà, infatti, in questa prima fase, importante l'arrivo nelle nuove patrie di imprenditori europei, che creeranno industrie ed infrastrutture.
Dal nostro paese è questa la prima forma di trasferimento di persone: avremo la partenza di capitani di mare ed armatori che creeranno le prime linee di
navigazione interna e, per l'Argentina, la prima flotta di Stato.
La partenza di commercianti che creeranno le prime strutture di commercio delle carni e derivati, del cuoio, pellami e lane.
La partenza di architetti e urbanisti per progettare le nuove città e le vie di comunicazione.
Successiva a questi operatori, a livello nazionale, sarà la partenza di operatori chiamati a far funzionare le imprese e quindi l'economia interna con la loro
attività manuale o fisica.
Non saranno imprenditori ma operai sui quali ricade la continuità e la floridezza della nazione, capace di avviare il processo delle rimesse.
Differente sarà la situazione per l'emigrazione nord americana, per la quale i posti da occupare sono in minima parte quelli della dirigenza ed in parte
maggiore quelli della manovalanza.
Tuttavia, col passare degli anni, la quota di emigranti, che era per due terzi verso il sud America e per un terzo verso gli U.S.A., verrà sempre più
consistente verso questo paese, favorita da linee di navigazione dirette, dalla minore lunghezza del viaggio, dal costo, dal salario più alto e da cambi stabili e
pratiche valutarie trasparenti. Il mercato nord americano più stabile, con minori crisi rispetto all'America latina, sarà preferito rispetto a quello del sud ove,
nell'ultimo ventennio del secolo le crisi economiche porteranno al decurtarsi delle paghe di metà nell'Argentina e, per alcuni lavori, di due terzi.
Le rimesse degli emigranti
L'economia che si mette in moto è un flusso di denaro che attraversa l'oceano, raggiungendo in special modo i luoghi delle campagne e delle montagne. Zone poco
abituate all'uso del denaro.
Nell'economia agricola della metà e fine ottocento, infatti, non vi era molta circolazione di denaro: i pagamenti erano spesso in beni di natura o alla fine
delle annate agricole, col ricavato delle vendite dei prodotti, per ciò il denaro liquido si riduceva a piccole quantità variabili in relazione all'entità del
raccolto ed in relazione al prezzo dei prodotti, strettamente legato ad eventi esterni.
Quando l'annata agraria era perduta o minima per motivi di sopravvenute malattie delle produzioni o distruzione dei raccolti per eventi eccezionali, il
ricavato in termini monetari poteva esser inesistente o talmente ridotto da non consentire di pagare debiti.
Ciò portava all'assunzione di ulteriori prestiti per l'acquisto di sementi per la nuova annata.
La forma di commercio interno era pertanto legata al territorio ed alle sue evenienze e restava dipendente da fattori esterni che non consentivano alla famiglia
una previsione per il futuro ed in special modo un accantonamento di capitali.
L'unico modo per vivere era il possesso di grandi quantità di terre che dessero una certa sicurezza di poter ricavare quanto era necessario, restando tuttavia
in uso il pagamento di prestazioni lavorative in prodotti.
L'arrivo delle prime rimesse degli emigranti crea pertanto una rivoluzione nell'economia interna.
Sono capitali non corrisposti per pagamento di lavoro sul territorio.
Le braccia venute a mancare per l'emigrazione, sono state sostituite dal maggior lavoro di altri membri della famiglia, o si è cessato un tipo di lavoro poco
produttivo che veniva svolto dall'emigrato.
Ora i capitali arrivano come un qualcosa in più, un reddito che dà nuova linfa alla intera famiglia e, pertanto anche alla comunità: si cominciano a pagare i
debiti contratti per la produzione agricola.
La rimessa dall'estero costituisce:
Si comincia, infatti, a spendere per quelle primarie necessità che erano state accantonate dalla miseria: innanzitutto la casa.
E' il boom delle ricostruzioni edilizie. Nelle campagne si ampliano le abitazioni o si ricostruiscono le case dei vecchi con criteri di maggior confort e con
una differente visione della famiglia: non più tutti a vivere in poche od uniche stanze, in vicinanza della stalla, ma vani destinati a diverse esigenze.
"La pioggia d'oro"
Così sono definite le rimesse inviate tra otto e novecento in Italia. E' un flusso di moneta che si riversa nelle banche e nelle casse di risparmio,
consentendo in tal modo una possibilità di aprire crediti ad altri soggetti imprenditori sul territorio nazionale.
Le somme sono stimate in 500 milioni all'inizio secolo fino a raggiungere i 3 miliardi nel 1919 e poco meno di 5 miliardi nel 1920, in conseguenza degli aiuti
inviati dagli emigrati per la prima guerra mondiale.
Le migliorate condizioni economiche delle famiglie si trasformano in un aumento della domanda e nella variazione del tipo di prodotti richiesti.
Prima di beni di consumo, portando pertanto ad un ampliamento delle industrie del nord ovest, poi in investimenti produttivi (acquisto della casa e delle terre).
La richiesta, in certo qual modo, si specializza e si fa più precisa: al posto dei generici prodotti di un tempo ora si chiedono precisi tipi, con qualità ben
definite e proclamate al pubblico: nasce l'era della pubblicità, spesso visiva, perché molta della popolazione non sa leggere e scrivere.
Un effetto particolare delle rimesse è quello di coprire le spese delle importazioni di materie prime.
L'Italia, infatti, povera di questi beni, impegnata nella nascente industria siderurgica, è obbligata all'importazione delle materie prime con una forte uscita
di denaro pregiato perché i pagamenti internazionali avvengono in marchi, sterline e soprattutto in dollari.
Le rimesse degli emigranti copriranno i pagamenti esteri per una quota del 60%.
Unite ad altri introiti, derivanti dal turismo e dall'esportazioni, porteranno ad un avanzo della bilancia dei pagamenti e di conseguenza ad un miglioramento
del cambio con l'estero.
Le rimesse che giungono in moneta estera, una volta cambiate in moneta nazionale, consentiranno un maggior guadagno, visto l'apprezzarsi del cambio della lira
rispetto al dollaro, moneta nella quale avveniva la maggior parte di transazioni.
La grande massa di denaro circolante, che aveva portato ad un miglioramento nelle condizioni di vita, con l'aumento dei consumi e quindi della domanda, sarà
causa di un aumento dei prezzi che cresceranno a dismisura, specie nel campo agricolo, portando come conseguenza all'inflazione e ad un minore potere di acquisto.
Il mercato ed il commercio
Uno dei canali verso i quali s'indirizza la spesa delle famiglie coinvolte nel fenomeno dell'emigrazione è quello della differenziazione dei consumi
alimentari.
Il contatto con la cultura d'oltre oceano aveva prodotto un mutamento rispetto a quella che veniva definitala "cultura della parsimonia", tipica delle società
contadine.
Abituate ad un pasto composto sempre dagli stessi prodotti, legati al periodo agrario, per cui nell'inverno era sempre solo polenta, nell'estate le sole verdure
dell'orto, riservandosi per le festività importanti l'aggiunta di carni, le famiglie scoprono l'acquisto di prodotti già preparati e nuove abitudini alimentari.
Il rapporto con i parenti all'estero si manifesta, infatti, anche attraverso il ricevere prodotti tipici di determinati ambienti e pressoché sconosciuti:
cominciano ad entrare nell'uso comune bevande come il carcadè ed il mate. Sono piante originarie del sud America ed il loro uso è legato alle tradizioni delle
pampas e delle montagne americane ma ben presto vengono consumate nelle case dei liguri, utilizzando anche gli appositi contenitori con cannuccia, dette Bombillas,
che vengono inviati dai parenti.
Entrano nell'uso quotidiano il cacao in polvere, l'estratto di carne, la pancetta affumicata, il burro salato in scatola, il latte condensato, gli oggetti di
cuoio ed anche dolci, come il "dulce de leche" o quello prodotto dalle patate dolci detto "dulce de batata" o il "dulce de membrillos".
Questa introduzione nella dieta locale di prodotti esteri, oltre ad un aspetto culturale, ha un importante risvolto economico: l'ampliarsi dei mercati e una
nuova gestione degli scambi.
Se chi è restato in Italia, attraverso l'uso di prodotti esteri, amplia le proprie esperienze, chi è emigrato desidera, al contrario, ricostituire nella nuova
terra un rapporto privilegiato con i propri riti e con le tradizioni d'origine.
Nella nuova patria, infatti, il ritrovarsi e costituire ambiti comuni di convivenza, ritrovandosi tra conterranei o tra paesani, ricostituendo un'immagine del
paese si attua innanzitutto nel conservare le tradizioni della tavola e del cibo.
L'emigrato desidera trovare sul suo desco i prodotti della propria terra, assaporare attraverso il cibo i profumi della terra lontana, dissipando un poco la
nostalgia.
Si allarga pertanto il mercato dell'esportazione dei prodotti locali.
Saranno la pasta, i pomodori, i salumi, i funghi secchi, la farina di castagne secche, l'origano ed anche il basilico a prendere la via delle Americhe
costituendo una linea d'esportazione ed un nuovo mercato in cui inserirsi.
Gli emigranti stessi inizieranno a gestire negozi, "stores" in cui trovare i prodotti della terra d'origine.
Il brigantino "Carolina"
I flussi commerciali dalla provincia di Genova alle Americhe contribuiscono a tenere vivo ed ampliare un mercato di prodotti tradizionali, altrimenti destinati
a scomparire.
I marinai liguri, da sempre abituati a portare la "paccottiglia", ossia piccole quantità di oggetti anche preziosi, da rivendere per ottenerne un ulteriore
guadagno, continuano a portare con sé prodotti tipici, assai ricercati tra i facoltosi emigrati, sebbene l'importazione fosse contrastata da norme di protezionismo.
Richiesti in special modo sono i tessuti, le scarpe fatte a mano, i filati per ricamo, gli oggetti in pelle, e gli ombrellini di seta (in particolare quelli di
Lorsica).
I macramè danno origine ad un commercio che coinvolge molte tessitrici e diverse imprese locali impiegate nella raccolta ed esportazione del prodotto.
Le classiche seggiole di Chiavari divengono oggetti ricercati nelle nuove case dei ricchi americani, come sono richieste produzioni assai particolari: dalle
nostre coste partono interi altari, in marmo decorato, smontati, per esser ricomposti nelle chiese d'oltre oceano e statue per le cappelle funerarie dei cimiteri.
Questi scambi commerciali formano un piccolo mercato parallelo a quello delle grandi produzioni e delle industrie ma è un mercato specialistico di "prodotti
di nicchia" che si estende dagli emigrati, primi compratori, alle genti anche di altra origine contribuendo all'affermarsi del "Made in Italy".
Un esempio si può ricavare dalla fattura delle merci caricate a bordo del Brigantino "La Carolina" battente bandiera sarda, in viaggio per Bahia e Montevideo
(anni 1840 circa) Doc. archivio F. Marini.
Le merci vengono caricate per esser vendute e "convertire il prodotto in tanti generi di quelle contrade".
I prodotti caricati sono: 32 casse di vetri; 3 bauli di scarpe di vario tipo, da stivali a scarpette di vitello; 3 bauli di scarpe da donna e da uomo, "andanti
e fini"; 1 cassa di velluti di varie tinte; casse di cordami; casse di spago per vele; 54 cassette di uva passa (zibibbo); cassette di vini; 27 fusti di vino di
Malaga; 2 fusti di vino moscato; 10 cassette di saponi; 18 lastre d'ardesia per tavolini; 2 casse contenenti cappelli di felpa; 108 macramé; 3 botti; 36 casse di
rosolio; 13 sacchi di nocciole; 1 cassa di calzette di vario tipo; 40 balle di risme di carta straccia.
Come si può notare, si tratta di un carico vario composto da merci di valori differenti. L'armatore ha la certezza di riuscire a piazzare sul mercato tutta la
merce portata e quindi la possibilità di acquistare in loco altre merci, richieste in patria. Con questo sistema il veliero, non viaggiando mai vuoto, consente un
guadagno sia all'andata che al ritorno, guadagno cui bisogna detrarre il "regallo" dato alle guardie di frontiera o sommare i proventi delle merci di contrabbando
(doc. merci caricate in B. Aires nel 1929).
Prodotti importati dalle Americhe
Carne salata - burro salato - cacao in polvere - latte condensato; pellami - estratto di carne - oggetti in cuoio – dolci tipici - mate; contenitori per il mate.
Prodotti esportati nelle Americhe
Statue ed apparati in marmo per altari; pizzi - macramé - tessuti di seta, lino, cotone; ombrelli di seta in particolare di Lorsica; fazzoletti – scarpe di
pelle - sedie di Chiavari; funghi secchi - pasta - pelati - olio d'oliva – frutta secca; basilico - origano; farina di castagne secche (dalla Valle Sturla).