Testata Gazzetta
    Pezzi di storia

Arturo Toscanini a Genova
di G. B. Porrata

Genova – marzo 1967

Nel centenario della nascita del Maestro

In tutto il mondo - il 25 marzo - è stato celebrato con solennità e grandiosità inusitate per un direttore d'orchestra il centenario della nascita di Arturo Toscanini, il Maestro che si può ben definire leggendaria figura del mondo musicale del nostro secolo, l'Uomo che ha dedicato la sua vita al riscatto della musica dalle mortificazioni della "routine", riportandola alle più alte espressioni dell'arte.

Politeama 1 Il «Politeama Genovese» com'era una volta

E oltre che all'artista, nella ricorrenza si è voluto anche rendere omaggio alle benemerenze dell'uomo generoso e di grande fede in una superiore giustizia, nel nome dell'Arte e della Patria. E' sempre da ricordare la sua perorazione scritta nel settembre del 1943, indirizzata in favore dei compatrioti italiani, al popolo americano: «Ritengo che tutti voi ben conosciate il mio amore per l'Italia e gli Stati Uniti, e la mia fede e devozione agli ideali di giustizia e libertà per tutti i popoli del mondo. Nel perorare questa causa sono consapevole che è necessario per tutti noi costruire una pace giusta e duratura, e che è nostra meta comune prepararla e raggiungerla al momento voluto.»

Uno dei tanti episodi che nella lunga gloriosa carriera, hanno maggiormente messo in luce l'eccezionale "musicalità" di Toscanini è legato alla cronistoria del «Carlo Felice». Nella ricorrenza del centenario colombiano del 1892, il Municipio di Genova dispose che i festeggiamenti fossero degnamente completati da rappresentazioni di una opera lirica sullo scopritore dell'America. Nell'occasione il Comune - ricorda il Vallebona - ristorò completamente il teatro, Politeama 2 completando la pavimentazione in marmo, ricostruendo il soffitto della platea, impiantando l'illuminazione elettrica con apposita officina nel teatro stesso, caloriferi, ventilatori, ecc. ecc.; questi ristori ammontavano a L. 420.000 circa, delle quali 12.500 vennero pagate dai palchisti. Magnificamente rimesso a nuovo il Teatro, il Municipio pensò di avere per l'estate una stagione straordinaria e mediante sovvenzione di L. 160.000 si accordò con l'impresa Piantelli per una serie di spettacoli. Questa iniziò al 20 agosto 1892 con un concerto diretto dal Maestro Luigi Mancinelli.
Nell'inverno del 1889 il Sindaco di Genova Stefano Castagnola si era recato a far visita a Verdi sottoponendogli il desiderio dell'Amministrazione Comunale d'avere un suo melodramma su Cristoforo Colombo.
L'illustre musicista, data l'età e impegnatissimo inoltre per il «Falstaff», risponde di non potere accettare l'incarico e, richiesto di un consiglio, suggerisce il nome del ventinovenne M.° Alberto Franchetti1. Il contratto fra il Municipio e il giovane musicista viene presto firmato. E la notizia è accolta con vivo interesse in tutti gli ambienti.
Il Franchetti si pone al lavoro abbandonando la composizione di un'opera già iniziata «Zoroastro». Fra i tanti posti melodrammatici, Luigi Illica è colui che compone, sulla vita del navigatore ligure, il miglior soggetto.
Finalmente, fra la più grande attenzione, ché mille voci son corse per i giornali e tutti, in ogni ambiente, ne hanno parlato, il «Cristoforo Colombo» di Franchetti va in scena, al Carlo Felice, la sera del 5 ottobre 1892. Del dramma lirico, originariamente in quattro atti ed un epilogo, sono principali interpreti: Giuseppe Kaschmann (Cristoforo Colombo), Edoardo Garbin (Don Fernan Guevara), Elvira Colonnese (Isabella d'Aragona e Iguamota), Giulia Novelli (Anacoana), Carolina Mussini (Janica). Esecuzione di primo ordine; teatro affollatissimo in ogni ordine di posti. I cantanti ottengono grandi applausi col Maestro concertatore Luigi Mancinelli.
L'opera viene presentata, con crescente successo, per nove sere. Alla seconda rappresentazione, Arturo Toscanini assume la direzione dell'orchestra "strabiliando" perché in una notte, riesce ad apprendere la nuova complessa opera e a dirigerla a memoria.
Al Carlo Felice, sempre durante le Feste Colombiane, il 17 ottobre 1892 va in scena la Wally di Alfredo Catalani e viene rappresentata per sette sere con grande successo. Trionfatore dello spettacolo fu nuovamente Arturo Toscanini, e se Catalani, morto in età ancora giovanile, non poté assistere al cammino delle sue creature musicali, l'insigne Direttore fu sempre un fervido apostolo della sua musica. A proposito di queste rappresentazioni della Wally, opera per la quale Toscanini ebbe una predilezione particolare, tanto da dare ai propri figli il nome di due personaggi del melodramma stesso, un vecchio professore d'orchestra ebbe a ricordare a Giovanni Monleone un gesto commosso, avvertito da pochi, sfuggito al grande interprete una sera dopo una prova. Terminate di eseguire le mirabili pagine dell'ultimo atto, Toscanini rimase insolitamente presso il leggio a consultare la partitura. Il teatro intorno si era fatto buio e si sfollava dell'orchestra e dei pochissimi che avevano assistito alla prova. Nel buio la sola figura del Maestro spiccava sul biancore del grosso volume rischiarato dai lumi del leggio. A un tratto ecco Toscanini, che sembrava profondamente raccolto, curvarsi sulla partitura, baciarla e mormorare commosso: «questa è musica»! Poi chiuse il libro e scomparve nell'ombra.

Qualche anno prima, come dettagliatamente ricorda l'Ambrogio Brocca nella sua «Cronistoria teatrale», Toscanini aveva diretto al Politeama Genovese.
«Nel mese di luglio 1889 l'Impresa Gallo e Comp. rioccupò il Politeama per alcune rappresentazioni straordinarie dell'opera del M.° Antonio Cagnoni «Francesca da Rimini», che era stata annunziata e promessa pel precedente mese di maggio.
La sera dell'8 luglio aveva luogo la prima rappresentazione ed interpreti furono Elena Boronat (Francesca), Edoardo Sottolana (Lanciotto), Gualtiero Pagnoni (Alberigo), Giuseppe Rizzini (Paolo), L. Vassallo (Guido), Vittorio Coda (frate Bonaventura), Eugenia Pavesi-Bosio (Silvio), Serafina Sciaccaluga (Emma) e L. Barabino (Anastagi).
Il M° Arturo Toscanini che dirigeva l'orchestra, una troupe raccogliticcia, seppe però cavare effetti delicatissimi e guidare con maestria di colori la schiera "cromatica" lungo i quattro atti dello spartito ed ebbe caldi applausi dopo la sinfonia.
Alla quarta rappresentazione, ch'ebbe luogo il 13, assisteva l'autore M° Cagnoni, invitato dall'Impresa, al quale l'affollato uditorio fece le più entusiastiche ovazioni e furono offerte cinque belle corone, una delle quali dall'orchestra, ed un astuccio, dono della signora Boronat. Le chiamate al proscenio furono innumerevoli e dopo l'opera dovette presentarsi solo per ben cinque volte, mentre il pubblico fermo in teatro non ristava dall'acclamarlo.
Le rappresentazioni di quest'opera furono 16, di cui l'ultima al 31 per serata d'onore della Boronat.
Il teatro era riboccante di persone. Accolta al suo primo apparire in scena da prolungati applausi, essa fu oggetto di continue dimostrazioni di simpatia durante tutta l'opera. Dopo il secondo atto cantò la romanza «Nevrosi» di Toscanini, una pagina di musica assai fine e di cui si volle la replica, specialmente per l'incantevole interpretazione.

Nel 1890, Arturo Toscanini ritornò a Genova per dirigere al «Margherita», e di quelle esecuzioni, Luciana Frassati nel suo volume «Il Maestro» - Arturo Toscanini e il suo mondo (Bottega d'Erasmo, Torino, 1967) rievoca un singolare episodio.
L'impresario Daniele Chiarella stava scopando il vestibolo del teatro, quando si presentò Toscanini con un aut-aut: o raddoppiare i cori per la Carmen o rinunciare alla sua direzione. Incredibile a dirsi, per chi conosceva il carattere del Chiarella, il Maestro non solo ebbe partita vinta per i cori, ma riuscì per la Mignon a sostituire gran parte dell'orchestra.

Un altro avvenimento relativo a Toscanini e alla nostra città si registra nel 1921 al Politeama Genovese, in occasione della partenza, per una tournee nel Nord America, dell'orchestra della Scala da lui diretta.
Quella sera d'autunno il Maestro mandò in visibilio il pubblico che a concerto finito non volle assolutamente abbandonare il teatro senza un "bis".
Come è noto, Toscanini non concedeva bis, ma quella sera di fronte all'entusiasmo dei genovesi s'indusse a fare una delle poche eccezioni della sua lunga carriera. Aveva chiuso il concerto con la sinfonia dei «Vespri Siciliani» e diresse ancora l'ouverture del «Tannhauser».

Nel 1951, assieme con il figlio Walter, Arturo Toscanini scese a Genova, venendo dall'America con la motonave «Vulcania». Allora il Maestro venne accolto dal Sindaco e dalla prof.ssa Celeste Lanfranco Gandolfi, Sovrintendente del Teatro Comunale dell'Opera, che gli chiesero anche di dirigere un concerto al nostro Massimo; egli dovette però rifiutare a causa di precedenti impegni e per l'età già avanzata che non gli permetteva eccessivi strapazzi, dimostrando peraltro tutto il suo rincrescimento. In sede di stampa si rammentò anzi che Toscanini - rude e scontroso, di poche parole e di pronta azione - prediligeva i genovesi così simili a lui nel carattere.
Il cordoglio di Genova per la scomparsa di Toscanini fu nobilmente espresso nella seduta del Consiglio Comunale, tenutasi il 18 gennaio 1957, dal Sindaco on. avv. Vittorio Pertusio con le seguenti parole:
«Quando un uomo sia esso scienziato, politico od artista, nel tormentato operare durante la sua vita raggiunge le eccelse vette riservate ai grandi spiriti, non appartiene soltanto ad una città, ad un paese, appartiene all'umanità.
La sua scomparsa non è soltanto lutto per i suoi concittadini, ma per tutti gli uomini che si inchinano riverenti e riconoscenti di fronte a chi ha arricchito e nutrito la loro vita spirituale ed ha donato ad essi il bene.
Pertanto Genova, commossa, si associa all'universale accorato rimpianto per la scomparsa di Arturo Toscanini che con la sua magica sensibilità di interprete evocò le supreme espressioni del genio musicale e trasse dalla sua mirabile arte alimento per la libertà del suo spirito.
Per l'austerità della sua vita, per la dedizione con la quale sino a tarda età assolse la sua nobile fatica, per la sua probità artistica e civica Arturo Toscanini rimarrà esempio di ciò di cui l'uomo è capace quando ha coscienza della sua missione e crede nei grandi valori dello spirito».
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1 Il barone Alberto Franchetti, appartenente a una ricchissima famiglia ebrea, nel 1895 chiese al Comune di Santa Margherita di «spostare un tratto della strada di Portofino, allo scopo di erigervi il teatro annesso al castello ch'egli aveva divisato di erigere nel luogo detto il Pedale»: l'edificio, mai completato, ospita il Covo di Nord-Est.
Alcune fonti attribuiscono il suggerimento del suo nome a Giuseppe Verdi. [vedi l'articolo "La lunga storia del Covo" pubblicato dalla Gazzetta il 20 giugno 2014]

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