Nel 1910 Gaetano Frisoni, nel suo "Dizionario Moderno Genovese-Italiano", scrive:
«Anghæzo: bégola, ciarpa, carabattola, cianciafruscola, arnese inadatto, oggetto di niun conto, messeriziuola di poco pregio;
Anghæzo d'ommo: uomo tardo, indeciso, incapace»
In altri vocabolari storici non si trova traccia del termine.
Quando riferito a persone l'interpretazione è bonaria, riguarda più chi è imbranato, non "ritardato"; se riferita a cose, si ricorre a questa voce quando non se ne
conosce il nome preciso, oppure se ne sminuisce l'utilità.
Ecco perché uno dei rimproveri più frequenti a chi fa qualcosa di impreciso è "Ti sei in anghesu!"
Ecco perché così viene chiamata una cianfrusaglia, o qualcosa che si ritiene inutile, ingombrante o innominabile (ad es. il pitale oinâ o vaso da
notte, lo spazzolone per il WC,
).
L'etimologia di anghæzo sembra essere la stessa dell'italiano angheria, prepotenza: dal latino angaria, greco àggaros di origine
persiana. Indicava "messaggero a cavallo per far arrivare celermente le notizie al re di Persia", da cui aggareyo che significava "spedire messi". Siccome
questi potevano esigere tutto quello che occorreva loro in servizio del re, assunse anche il significato di costringere a qualcosa, cioè vessare.
Nel medioevo angaria era uno strano castigo inflitto ai colpevoli di alcuni misfatti: passeggiare in pubblico con una sella e un cane sul collo, come
segno di ignominia.