Una bella tavolata tra amici a divorare fave (liguri), salame (di Sant'Olcese) e formaggio (sardo fresco): una classica basanata.
Già, perché in dialetto genovese la "fava fresca sgranata" si chiama bazann-a (anche bazanha, baggiana, basana).
In Toscana chiamano baggiane le fave grosse: un'etimologia comune dal latino "baianus", perché la coltivazione delle fave da orto a semi molto grossi era una
specialità di Baia1, centro termale nel comune di Bacoli in provincia di Napoli.
Proprio gli antichi latini consideravano le fave un "cibo di espiazione" e le mangiavano nelle epulæ ferales, i banchetti funebri (di qui l'usanza
della nostra "fava dei morti", dolce in forma di fava mangiato il giorno dei morti).
Alla stessa radice appartengono l'italiano baggiano inteso come "babbeo, grullo, sciocco"2 e baggianata, "sciocchezza": i
nomi di verdure e legumi hanno sempre avuto significati figurati.
1 Per effetto del fenomeno del bradisismo che ha interessato l'antica fascia costiera dei Campi Flegrei (regione vulcanica a nord-ovest di Napoli),
Baia ha subito uno sprofondamento a partire dal IV sec. d.C., con la conseguente sommersione di tutti gli edifici. Parco archeologico di notevole fascino situato
nel golfo di Pozzuoli alcuni metri sotto il livello del mare, custodisce ancora i resti dell'antico insediamento di epoca romana, località di villeggiatura dei
patrizi. Il nome Baia non deriva dalla conformazione del territorio, bensì da Bajos, il nocchiero di Ulisse che, secondo la leggenda, fu sepolto qui.
2 Ricordiamo che Alessandro Manzoni ne I promessi sposi, Cap.XVII scrive "
dar del baggiano a un milanese, è come dar
dell'illustrissimo a un cavaliere.": un epiteto spregiativo usato dai bergamaschi nei confronti dei milanesi.