Testata Gazzetta
    Pezzi di storia

Un viaggio verso il Sud
di August von Goethe (a cura di Paolo Vicentin)

Appunti del 1830 "Un viaggio verso il Sud a cura si August Von Goethe" a cura di Paolo Vicentin

L'Italia è una storica "calamita" per la famiglia Goethe: un viaggio che iniziò Johann Caspar (1710-1782) nel 1740, seguito dal famoso letterato suo figlio Johann Wolfgang (1749-1832) nel 1786, per finire con il nipote (figlio di J. W.) August (1789-1830) nel 1830.
L'itinerario seguito è diverso (J. W. non attraversa la Liguria) e tutti tengono traccia delle proprie esperienze: la Gazzetta ha pubblicato nel 2021 la parte relativa al soggiorno genovese del resoconto di viaggio di Johann Caspar.
Di seguito pubblichiamo le lettere scritte da August al padre, pubblicate solo a fine '900 e riprese in una pubblicazione della Carige (Cassa di Risparmio di Genova).

"Auf einer Reise nach Süden" (Un viaggio verso il Sud), è il volume di oltre trecento pagine, di recente pubblicato dall'editore tedesco Carl Hanser. Si tratta delle lettere che il figlio del grande Johann Wolfgang von Goethe, August, ha inviato al padre durante il viaggio in Italia avvenuto nel 1830.
opertina

Anche se in forma di lettere, ci troviamo di fronte ad una vivace, attenta descrizione di quanto, l'allora quarantenne August, ha notato di bello, originale e inconsueto.
Stranamente negli ultimi due anni di vita, l'autore del "Faust" – il figlio August moriva a Roma, proprio durante quel viaggio – non fece nulla per rendere pubbliche quelle memorie. Inoltre gli esecutori delle sue ultime volontà e, come ha evidenziato l'editore tedesco, "le generazioni di studiosi che seguirono, non ritennero che tutto il materiale, gelosamente custodito, fosse degno della fatica di decifrarlo".
Si sa, l'"Italienreise" (Viaggio in Italia 1786-87) di Johann Wolfgang von Goethe è diventato il classico per eccellenza nella letteratura turistico-culturale internazionale, anche perché l'autore fu arrestato, appena messo piede in Italia, dalle guardie della Serenissima, a Malcesine, sul lago di Garda, il 14 settembre 1786, sospettato di essere una spia.
Le lettere-diario di August von Goethe non furono considerate di grande interesse, pur testimoniando invece , con acume e charme, la gioia di vivere, e di osservare, di un giovane intellettuale del XIX secolo. Le sue osservazioni sull'Italia e sugli italiani del tempo si leggono infatti con crescente interesse e curiosità e sono venate, spesso, di umorismo intelligente.
Il giovane August nel suo viaggio era accompagnato da Johann Peter Eckermann, scrittore, segretario particolare del padre, autore del libro "Gespraeche mit Goethe" (Colloqui con Goethe).
Le lettere iniziano quasi tutte con le parole Lieber Vater (caro papà) al quale dà del "lei", e si concludono con la dichiarazione: "vostro fedele, riconoscente figlio" (Ihr treu dankbarer Sohn).
August von Goethe morirà nel 1830 a Roma, durante il viaggio, e sarà sepolto nel cimitero degli stranieri della città eterna. Sulla pietra tombale, senza nominarlo, il genitore farà soltanto incidere: "Il figlio di Goethe, precedendo il padre, morì a quarant'anni".

Paolo Vicentin


Mercoledì 7 luglio.
Partimmo alle 4.30 del mattino da Novi: terra fertile, ben coltivata ai piedi degli Appennini. In breve raggiungemmo gole con grandiose rocce di calcare, percorse da profondi torrenti boschivi. Per il mezzogiorno ci fermammo in un paese e alle due partimmo di nuovo. Si scendeva dai monti e questi diventavano sempre più bassi, per trasformarsi poi in colline, coperte con ville bellissime alcune un po' stranamente colorate. Piegammo in una curva e dinanzi ai nostri occhi si presentò il mar mediterraneo. Ci apparve la lanterna di Genova e dopo pochi minuti godemmo della veduta della città in tutta la sua magnificenza. Fino ad allora non avevamo un'idea esatta dell'Italia. Qui, però, dove si trovano enormi aloe sui muri, siepi di oleandri in piena fioritura, piante di aranci, cactus – tutto all'aria aperta – si è presi da un meraviglioso stato d'animo e osservando la città, a forma di terrazze, e il mare, uno rimane sbalordito.
Ci siamo recati all'hotel "de Quatre Nationi" (sic) dove ci troviamo molto bene. Io ho fatto una passeggiata attorno al porto: la strada si dipana sopra un muraglione che circonda l'intero porto e da dove, in un tutt'uno, si abbraccia con l'occhio il porto, la città e il mare.
Abbiamo mangiato alle otto. Dopo sono andato a teatro dove si rappresentava una commedia. Ho assistito solo ad un atto, poi, verso le undici, sono ritornato a casa. Eckermann non era venuto. Il teatro è molto bello: non ne ho trovato uno più elegante né a Venezia né a Milano. A teatro mi ero fatto portare, ma a casa sono rientrato da solo ed ero felice, nonostante per mezz'ora son dovuto passare per strade pazzamente strette, per vicoli e angoli. Dalla nostra stanza si gode una vista stupenda. Dinanzi a noi magnifici giardini pensili, adorni di tutto ciò che l'occhio può desiderare; poi la strada sul muraglione e il mare con infinite navi. Dal mio letto posso vedere anche la lanterna. Per la stanza paghiamo sei franchi al giorno, per il pranzo – vino incluso – tre franchi. In grandi locande non abbiamo mai speso troppo.
Genova, giovedì, 8 luglio.
Dopo una notte un po' inquieta, per l'enorme calore, mi sono alzato molto presto (alle quattro), ho scritto sul diario e ho pagato il vetturino. Sono rimasto a casa, nella mattinata, perché il calore mi aveva molto spossato, e mi sono goduta la magnifica vista sul porto e i monti, con bellissimi palazzi…
Dopo pranzo, con Eckermann e Mauch ho passeggiato in città, osservando l'affaccendarsi e la vita dei genovesi: tutto diverso che altrove. Case di otto piani, vicoli molto stretti. Poi si arriva al mare. Con il vento forte, le onde erano tanto alte che spruzzavano la mia finestra: uno spettacolo che non ci si stanca di osservare, per ore.
Venerdì 9 luglio.
Mi sono prefisso di farmi un'idea di una città, quando mi sposto da solo: così ho congedato i servitori…
E' una sensazione meravigliosa inoltrarsi, da straniero, tra l'affaccendarsi di gente straniera, quando non si conosce né la lingua né i costumi: "tuttavia un buon cavaliere e una robusta pioggia si fanno strada dappertutto". Così mi sono messo in moto all'albeggiare, giungendo al duomo: è un edificio strano, perché sembra la giacca di un buffone, in quanto ha una pietra in marmo nero, un'altra in marmo bianco. Uno stile che non mi ha permesso di stabilire l'epoca nella quale è stato innalzato. Purtroppo, era chiuso e me ne sono andato. Ora cerco il "Ponte Carignano": è certo un ponte ma non su un fiume, in quanto unisce due strade e sotto ci sono case con otto piani che sembrano tumuli fatti da talpe e le persone insetti. Sullo sfondo, il mare: il suo colore azzurro intenso incatena l'occhio e solo di tanto in tanto si osservano le piccole vele all'orizzonte.
Per caso ho notato un vecchio edificio, nero di fuliggine, con un via vai di soldati. Era il Palazzo Ducale: all'interno, un cortile meraviglioso. Tutto in marmo bianco. La cosa principale è la grande sala. Il resto assomiglia a molti castelli. In questo labirinto mi venne voglia di andare in un'osteria. Cercai, di nuovo, il mercato del pesce e lo trovai: vi era pure una buona bettola dove tranquillamente si assiepavano marinai e lazzaroni. ("lazzaroni": lavoratori stagionali, mendicanti. N.d.R.)
Sono stato servito bene: 50 ostriche, buon vino, ottimo pesce, posate d'argento massiccio. Non lo dimenticherò questo locale. Il tutto è costato 8 groschen.
Ho visto, pure, il Teatro Nuovo e mi è piaciuta la nobile architettura. La prima volta l'avevo visitato di sera e mi aveva molto impressionato l'interno. Oggi mi trovo davanti ad un colosso di marmo del miglior stile.
Sono andato di nuovo verso il mare e ho notato, in lontananza, navi che stavano avvicinandosi al porto. La cosa mi interessava e mi diressi verso il molo. Una massa di gente era colà diretta e pensai fosse accaduto qualche cosa di straordinario. Giunto, madido di sudore, dissero che stavano arrivando due navi da guerra americane. Passata una mezz'ora, ecco una splendida corvetta e, poco dopo, una fregata con 60 cannoni, a vele spiegate: che spettacolo! Entrarono nel porto con calma e dignità, ammainarono le vele e gettarono l'ancora. La grande calma di questi colossi dell'acqua mi esortarono a fare ritorno e a gettare l'ancora… nella mia casa.
Eravamo a tavola allorché la fregata cominciò a salutare con 21 colpi di cannone e si rispose dall'arsenale. Ho potuto osservare tutto: dapprima il lampo, poi il fumo e infine il botto che si ripeté in molti echi che non potei contare. La corvetta e la fregata sono ancorate davanti a me, così vicino che con il suo Dollon (cannocchiale dioptico del padre. N.d.R.) posso vedere ogni movimento dei marinai: che attività, dappertutto. Dopo aver mangiato, io, Eckermann e il professor Mauch siamo andati a fare quattro passi verso il porto per osservare un po' le molte navi mercantili, almeno 200. Verso le otto arrivammo a casa e dopo un paio di bicchieri di vino, in fretta a letto.
Sabato 10 luglio.
Mi alzai presto e mi divertii nell'osservare l'affaccendarsi della gente al porto… L'amico Sterling venne a trovarmi e si offrì come guida a Genova. Uscimmo presto per vedere i migliori palazzi. Non si può descrivere la magnificenza: ora anzi è necessario non fermarsi sul singolo edificio, per esprimersi soltanto in generale. Posso solo dire che era troppo per una mattinata, con tanta bellezza e con quella calura implacabile. Dopo pranzo siamo andati a visitare la fregata americana. Che vita! Solo qui ho potuto farmi un'idea di ordine, di subordinazione. Il capitano fu molto gentile e cordiale e ci fece accompagnare da un ufficiale per vedere tutto. Era diventato tardi e ci affrettammo verso casa, per dormire, senza sogni, fino a domenica undici luglio. Sterling ci aveva promesso di accompagnarci a vedere i più importanti giardini e ville. C'era un caldo micidiale, ma ce la facemmo. E' qui che si deve imparare a conoscere Genova, per persuadersi che le si addice il nome "la Superba…".
Martedì 13 luglio.
Per la prima volta ho fatto il bagno in mare: tutto è ben ordinato. Una gondola (non nera) porta al largo: si abbassa una scala e si scende sicuri e comodi, cercando il gradino sul quale si vuole rimanere. Io sono sceso fino all'ultimo, mi sono tenuto e mi sono abbandonato alle onde, osservando navi, bagnanti e pescatori.
Avevo con me una bottiglia di vino e un limone. Da una barca di pescatori ho preso 50 ostriche fresche e le ho mangiate con la camicia al vento. Ero allegro e mi sono fatto raccontare sulle seppie appena pescate, su altri molluschi, nonché sui più vari pesci. Qui sono tutti quasi nudi e quindi non ho avuto soggezione a presentarmi così anch'io. Sono stato molto ore in mare, poi ho mangiato e sono andato a dormire.
Domenica 18 luglio.
Non riuscivo a dormire e mi sono alzato alle tre. Normalmente a quest'ora si nota molto movimento al porto. Oggi era tutto calmo: è Domenica! Ben presto, da tutte le navi, si presentarono uomini nudi e fecero il bagno. C'era davvero un vivace affaccendarsi, in questi uomini: mi sembravano selvaggi dall'ultimo Moikan. Bambini che remavano in barche come gusci di noce, saltavano in acqua facendovi dentro capriole; uomini di tutte le età nuotavano ed eleganti signore passeggiavano sul terrapieno. Bisogna cercare di tenere la testa a posto: tutto è, qui, così naturale che si è tentati di spogliarsi.
La giornata è trascorsa parte in strada e parte in camera…
Mercoledì 21 luglio.
Dopo pranzo mi ero prefisso di visitare tutti i dintorni di Genova, comprese le fortificazioni, dopo aver avuto il permesso dal governatore. E' un giro di 5 ore. Mi sono preso una guida. Entrambi ci servimmo di muli: stranamente mi venne voglia di andare ancora a dorso di mulo… Tutto filò liscio: che bello vedere Genova anche dalla terra ferma. Se prima mi ha impressionato osservare questa città-palazzo, a forma di terrazze, dal mare, di qui la si ammira in modo diverso. Il mare si presenta ondeggiante, lontano, e si crede appena alla possibilità di tale vista. Al forte principale venni fermato. Ho esibito il mio documento, venni fatto entrare, salutato amichevolmente e onorato dall'ufficiale comandante con un bicchiere di buon vino Porto. Ringraziai e salii di nuovo sul mio mulo, la guida sull'altro. Si scendeva dal monte, non feci uso delle redini perché osservavo, con meraviglia, come l'animale si avviava per il sentiero più sicuro. Ma non ci si deve fidare, perché la bestia cadde ed io rotolai già dalla scarpata per circa 30 passi. Potei, però, aggrapparmi ad uno spuntone di roccia, altrimenti sarei andato… all'eternità. Non salii più sul mulo, avendo notato che le sue zampe non erano sicure.
Domenica 25 luglio.
Partenza da Genova alle cinque del mattino per andare a Livorno, via Carrara, Pisa, con un cabriolet per due persone. Il mio compagno di viaggio era uno scultore di Roma, di nome Gallassi. E' la più bella strada che si possa immaginare, con il mare dal lato destro e alla sinistra magnifici paesaggi con una vegetazione rigogliosissima. I paesaggi si alternano e non si sa più dove volgere lo sguardo: aranci, fichi, buone castagne, aloe come siepi, ti fan davvero girare la testa e si viene, per così dire, inebriati. A mezzogiorno abbiamo pranzato in una cittadina e trascorsa la notte a Borghetto.
La Spezia 1 agosto.
Ciò che sconvolge del tutto uno, qui in Italia, è l'eterno bel tempo. Cielo sempre sereno: in tre mesi al massimo sette giorni di pioggia e temporali di breve durata.
La Spezia, domenica 8 agosto.
Mi sono alzato alle quattro: era da tempo che non dormivo così a lungo, mi sentivo tutto un altro uomo. Verso le sei molto movimento per strada: quelli della campagna giungevano per andare alla prima messa. Le ragazze indossavano vestiti colorati, con sciarpe da collo, particolarmente originali, e sopra bianchi collari e veli sul capo. Gli uomini avevano giacche blu sulle spalle, con panciotti e berretti rossi: erano centinaia, davvero un bel spettacolo! Tutto era così piacevole, pulito: sembrava che piante e uomini fossero come rinati…
Oggi, da un giornale genovese, abbiamo saputo degli ultimi avvenimenti a Parigi del 27 luglio. Devo far notare che il luogo dove mi trovo si scrive e si stampa in modi diversi: Spetia, ma anche Spezia, generalmente, però La Spezzia. La città, quattromila abitanti, è particolarmente bella, con strade asfaltate con lastre di marmo e rimangono particolarmente pulite.
La Spezia, giovedì 12 agosto.
Mi sono alzato alle cinque e mezza: cielo sereno, senza nuvole… Parte ora, di nuovo, una processione attraverso la città. E' composta da molti uomini. I preti portano candele accese, i chierichetti lanterne. Risplendono in faccia al sole, ma non sono riuscito a sapere che significato avesse tutto ciò. Arriva la mia colazione: una buona minestra, un uovo cotto e uva. Posso resistere fino alle tre, l'ora del pranzo, che consiste in cinque portate, più frutta: di meno non c'è. Vino quanto se ne vuole…
La Spezia, domenica 15 agosto.
Mi sono alzato alle cinque: cielo chiaro, sereno. Ho letto il giornale di Genova e ho scritto sul diario… Mi trovo su un terreno classico. Pochi giorni di viaggio, lontano da qui, ci sono i campi di battaglia di Marengo, Lodi, Montebello ecc. Una piccola striscia di mare mi separa dalla Corsica e dall'Elba. Qui deve sorgere il porto più grande del mondo e una città degna di esso: ora rimane La Spezia. Mi assalgono certi pensieri allorché penso agli ultimi avvenimenti in Francia: è facilmente comprensibile. Oggi è anche una grande festività ecclesiale: l'Assunzione di Maria. E' tutto pulito e la gente si affretta ad andare a Messa… Alle sei, la processione; la vergine Maria, sotto un baldacchino, con un vestito di seta rosa e un velo di merletto. Gli ecclesiastici, come le confraternite dei cappuccini, erano in parte davanti, in parte dietro l'immagine. Poi si è unita una grande folla di persone, in particolare donne e ragazze; la maggior parte venivano dalla campagna. Erano tutte ben vestite, con fazzoletti bianchi attorno al collo e sul petto, in bellissimo contrasto il velo rosso sul capo, i cui fiocchi scendevano già sulla schiena.
Erano circa quattro o cinquecento, queste donne e ragazze, particolarmente bello osservarle da dietro e dall'alto… La città, di sera, era illuminata e la musica notturna aveva attirato molta gente: era in onore del Postmeister che abita di fronte a me. Si trattava, quindi, di una doppia festa. Solo tardi, dopo mezzanotte, cessò il flusso di gente per le strade. Cercai tranquillità e la trovai.
La Spezia, lunedì 16 agosto.
Dopo pranzo una passeggiata in carrozza, con l'oste e sua moglie, a Porto Venere che si trova a destra della Spezia, all'entrata del golfo. La strada che porta là è straordinariamente romantica: non ho ancora visto in Italia qualche cosa che potrebbe assomigliare a questo spettacolo. La strada è stata fatta costruire da Napoleone. Costeggia i monti, ma ad una altezza notevole dalla superficie del mare che, dalla Spezia, rimane a sinistra.
Il porto della Spezia ha almeno tre miglia tedesche di estensione. Nel porto ci sono circa altri dieci porticcioli, ricavati da lingue di terra che si sporgono verso il mare, formando belle baie. In una di queste c'è posto per la più grande flotta. Dopo essermi informato, tutti sono del parere che questo porto potrebbe ospitare tutte le flotte d'Europa, senza darsi fastidio a vicenda. Si tratta, dunque, del più grande porto nel mondo conosciuto.
Qui Napoleone voleva fondare una città con il nome di Napoleonopolis. Voleva dare ordine a tutti i marescialli e ai grandi di Francia di costruire qui palazzi. Tutte le altre famiglie che avessero voluto fare altrettanto, sarebbero state esonerate; per cento anni, dalla Conscription. (dal latino "conscriptio" – arruolamento. Sistema di reclutamento militare fondato sull'appello annuale, nell'esercito, di giovani, della stessa età, iscritti insieme sui ruoli militari: N.d.R.)
Per il fatto che nel porto non occorrono molti mezzi per la sua costruzione e mantenimento – la natura ha fatto tutto – Napoleone aveva già destinato ingentissime somme per edificare opere pubbliche: arsenale, borsa, teatro, duomo ecc… Con il tempo sarebbe diventato più grande di quello di Napoli.
Tutti i fianchi dei monti sui quali passa questa strada, sono terrazzati con mura in pietra, dato che i monti sono assai scoscesi: e queste terrazze trattengono poca terra, dove però crescono fichi, ulivi, peschi, albicocchi che sostengono viti in grandissima quantità. Il terreno sotto è coltivato a grano e dopo la mietitura si producono ancora meloni, zucche, cavoli, ecc…
E così va sempre avanti. Una bella rarità è il fatto che il termometro raramente segna sotto zero. La maggior parte dei vigneti è di uva nera: con grappoli molto grossi. Ci sono pure vigne per il vino bianco, di ogni specie… La parte superiore dei monti è coperta, per lo più, da castagni, cedri e pini. Molte piante grasse, da noi coltivate nei vasi, spuntano qui spontanee dalle rocce. Si è proprio in un altro mondo, in quanto, ad eccezione di cespugli di mare, non si vedono altre note piante selvatiche… Arrivando a Porto Venere, ho visto anche la prima palma, davanti una casa di contadini. Era alta circa 30 piedi: sembrava, però, avesse sofferto del passato inverno, che è stato molto freddo. Il termometro aveva segnato zero gradi.
Qui, su una striscia di terra, c'è anche il lazzaretto e il porto della quarantena, nel quale il signor von Lueffling ha dovuto trascorrere 35 giorni, al suo ritorno da Costantinopoli. Porto Venere stessa è una località molto piccola. Se si sale, però, sulla collina, ove sorge una chiesa in rovina, con marmo nero e bianco, si gode un panorama eccellente. In primo piano grandissime rocce calcaree che finiscono in mare. A destra si vede, in lontananza, Portofino e Genova e persino la lanterna. A sinistra, nelle vicinanze, l'isola Palmaria, e all'orizzonte si scorge la Corsica. Bellissimo tramonto, anche se in cielo c'erano delle nuvole, perché il tutto appariva ancora più bello. Tutto sommato: l'insieme in un colore acceso non facilmente descrivibile. Serata fresca e bella. Alle 7 ritorno. Alle 8 e mezza arrivo alla Spezia: era già buio. Andai subito a coricarmi e mi addormentai.
La Spezia, martedì 17 agosto.
Dopo pranzo un giro, in barca, nel golfo della Spezia. Il tempo era bello e la giornata luminosa. Per il fatto che non avevo ancora visitato alcun edificio di una "Quarantaine". Mi sono fatto portare al Lazzaretto.
Il dott. Germasi mi aveva procurato una raccomandazione scritta per il comandante: il capitano Giacomo. Mi sono annunciato come dovuto e subito sono stato fatto entrare. Mi ha accompagnato nella visita lo stesso comandante. Il tutto consiste in otto/dieci grandi cortili, circondati da massicci edifici di due piani. Sotto ci sono magazzini per le merci sottoposte a quarantena e, sopra, alloggi per persone: immense sale per i malati e un settore, a parte, per gli appestati. Qui sono pure custodite tutte le cose necessarie per simili casi come i vestiti di tela incerata per medici e infermieri. Sono composti da una tonaca nera, da una specie di cappuccio che copre pure il viso: gli stessi fori per gli occhi sono chiusi con vetro. Guanti di tela incerata e calzature in legno che si infilano sopra gli stivali.
Se uno non ha la peste, la può beccare osservando tutto questo. Il capitano indossò l'intero armamentario per farmi vedere ogni cosa. C'è là, poi, una pala con un manico lungo dieci piedi, con la quale si porge il cibo ai malati e un imbuto con un tubo sottile lungo dieci piedi: con questo attrezzo si allungano le bevande agli appestati. Con una grossa tenaglia, due uomini imbrigliano i morti, al collo, per trasportarli, attraverso una porta, al camposanto. Ho notato altre cose, ma le dirò a voce. Tutte le porte e le finestre hanno sbarre di ferro. Tutto è ben arieggiato e molto pulito. E' impossibile ogni contatto con altri. Tre anni fa è scoppiata davvero la peste su una nave che proveniva da Levante e sono morti tutti, ad eccezione del capitano. Dopo ogni caso di peste, vengono distrutti tutti gli utensili usati e ne vengono procurati dei nuovi.
Dopo aver visto tutto, mi congedai dal capitano e dato che, fortunatamente, nel comprensorio del lazzaretto trovai una osteria (si vede quanto lontano porta la sete), con i miei barcaioli e il cameriere della locanda venne… trascinata via la peste con un buon bicchiere di vino. Io mangiai anche ricci di mare, dei quali a migliaia se ne trovavano attaccati agli scogli e ai pali. Li feci prendere, freschi, nel porto del lazzaretto. Erano di colore blu: i primi che avevo visti in Italia, vivi. Si mangia la stella gialla, dopo averla aperta: il gusto è simile a quello delle ostriche.
Dopo essermi così rinforzato, salii di nuovo in barca e alle otto e mezza eravamo di nuovo alla Spezia. Devo sottolineare che questa volta non c'erano malati, né persone e merci trattenute in quarantena, nel lazzaretto… Alle dieci ero a letto e ho dormito saporitamente.
Giovedì 19 agosto.
Sono partito dalla Spezia alle tre del mattino. La carrozza era pronta davanti la casa: quattro ruote, un solo cavallo, noleggiata fino a Livorno. Era ancora buio, ma le stelle erano molto chiare: luccicanti, a cera, in particolare Giove e Venere. All'albeggiare eravamo vicini ai monti: il mare era sparito dagli occhi e mi trovai in tutt'altro ambiente…

© La Gazzetta di Santa