Testata Gazzetta
    Pezzi di storia

Dante Alighieri e Genova

copertina Ahi Genovesi, uomini diversi
d'ogne costume e pien d'ogne magagna,
perché non siete voi del mondo spersi?

(Ahi, o genovesi, uomini lontani / da ogni buon costume e pieni di ogni vizio, / perché non siete cacciati dal mondo?)

Non male l'invettiva che Dante rivolge contro i genovesi nel XXXIII Canto dell'Inferno della sua Divina Commedia (versi 151-153).
E' il Canto dedicato ai traditori, dove colloca Branca Doria1 (1235-1325) ancora in vita, perché nel 1275 aveva fatto uccidere il suocero Michele Zanche suo ospite a un banchetto, per succedergli in Sardegna. Per questo pare che Dante "fu solennemente bastonato in vico Parmigiani dagli amici e dai servi di Brancaleone".
Una vicenda raccontata dal letterato Uberto Foglietta (1518-1581) nel suo "Clarorum Ligurum elogia", ma la cui veridicità è molto dubbia.

Dante Alighieri (1265-1321) scrisse la sua Comedia tra il 1304 e il 1321, durante il suo esilio, ma è molto probabile che fu a Lucca, tra il 1306 e il 1308, che sistemò definitivamente l'Inferno: i documenti del tempo sono rari e lascano spazio all'ipotesi che Dante soggiornò a Genova nel 1311, dove si pensa che avesse raggiunto Arrigo VII2 durante l'assedio alla città. Qui avrebbe anche incontrato il giovane Francesco Petrarca (1304-1374).
Nell'ipotesi, che alcuni giudicano improbabile, che Dante sia stato a Genova, certamente vi ritrovò la litigiosità che aveva lasciato a Firenze tra guelfi (qui carta rampini) e ghibellini (qui mascherati) e non entrò in sintonia con la popolazione, tanto da alimentare la credenza che, dalle colline guardasse la città esclamando "Mare senza pesci, boschi senza legna, uomini senza onore e donne senza pudore, città ove vien notte avanti sera, gente da basto da bastone e da galera3, neppure la polvere di questa città mi voglio portare" e togliendo la polvere dalle scarpe.

Ma, in fondo, l'invettiva era un genere letterario diffuso e apprezzato e il canto XXXIII è ad ampio raggio: prima contro i pisani che hanno imprigionato e fatto morire di fame il conte Ugolino della Gherardesca (1210-1289) con figli e nipoti, poi contro frate Alberigo dei Manfredi (1240-1309) che invitò i parenti fingendo di far pace per poi ucciderli alla frutta, infine contro Branca Doria e i genovesi.

Scrive Emanuele Celesia nel suo "Dante in Liguria" del 1865:
«Senza accennare a Firenze contro cui versa a piene mani i suoi vilipendi immortali, sino a chiamarla figliuola del diavolo4, noi vediam Lucca rappresentata come piena di barattieri5: Siena popolata da vanitosi6, da villani la Lombardia7: da ruffiani Bologna8: Pistoja tana di bestie e degna di essere senza indugio distrutta9: i Romagnoli tornati in bastardi10: Arezzo abitato da cani, come il Casentino da porci11 e Pisa vitupero delle genti e degna d'essere tranghiottita dall'Arno, sì ch'ogni uom v'annegasse12. …
Ben si comprende come il cantore della rettitudine dovesse chiamare a severo giudizio un delitto, cui le leggi erano impotenti a punire; ma il maleficio di due scellerati [Branca Doria con l'aiuto di un nipote], era sufficiente ragione per voler tutti i Genovesi dispersi dal mondo?


1 Il 3 maggio 1276 Branca aveva ereditato dal padre Nicolò diversi beni, tra i quali "parecchie terre con case , torchi, vini, botti, poste a Santa Margherita di Rapallo".
2 Enrico VII di Lussemburgo (1275-1313)
3 La stessa espressione viene attribuita a Dante con riferimento ad altre città, tra le quali Sassalbo in comune di Fivizzano (MC) dal quale sarebbe transitato nel 1306 trasferendosi da Verona alla Lunigiana, ospite dei Malaspina. In ogni caso, si tratta di una frase molto usata per definire paesi vicini, con intento campanilistico.
4 Paradiso IX
5 Inferno XXI
6 Inferno XXIX
7 Purgatorio XVI
8 Inferno XVIII
9 Inferno XXIV e XXV
10 Purgatorio XIV
11 Purgatorio XIV
12 Inferno XXXIII

© La Gazzetta di Santa