Svariate e assai pregevoli manifatture può vantare il circondario di Chiavari. Nel comune di Zoagli si tessono quei celebrati velluti, che poi recati a Lione
ritornano in Italia col battesimo di merce francese. L'umile villaggio di Lorsica fornisce alla superba Genova i damaschi, le tele d'oro e di argento, i rasi e le
stoffe di seta d'ogni genere, le quali da quel primo e importante emporio del commercio italiano vanno a ornare le telette delle gentili matrone della nobiltà e
della borghesia. Che dirò delle tele casalinghe di Chiavari e degli asciugamani, chiamati in quel dialetto macramè, e delle sedie che da cotesta città hanno
il nome? Questi manufatti hanno ormai nome Europeo, non solo, ma mondiale. Ometto di parlare dei tessuti, di altre industrie, e di taluni prodotti del suolo, che
rendono non poco utile e fama agli abitanti di quel paese felice, per discorrere più a lungo di una manifattura, che è salita in molto onore in Italia e fuori, e a
taluni è oggetto di molto lucro. Intendo accennare a quella dei merletti, che tiene ora un posto importante nella storia delle arti del circondario di Chiavari, ma
anche di tutta la Liguria.
I merletti altro non sono, che fornimenti o trine fatte di refe, di seta o d'altro, per guarnimento di abiti o di checchessia a similitudine di merlo, ma
appuntate e lavorate a traforo. A questa industria si dedicano specialmente le donne di Portofino, Rapallo e Santa Margherita Ligure; pochissime di Chiavari: queste
ora attendono ad altre industrie. Adunque ove ora è in fiore la manifattura dei merletti, è in Santa Margherita Ligure, Rapallo e Portofino. Chi percorre quei paesi
vede le donne assise sulla soglia delle loro case o lungo le vie, col tombolo dinanzi intente a fare scorrere velocemente fra le dita i piombini, e condurre dei ben
intesi disegni. I piombini sono alcuni legnetti lavorati al tornio, a' quali si avvolge refe, seta o simili per farne trine, merletti, ecc.
Assai difficile sarebbe il sapere l'anno che ebbe principio questa manifattura, ciò è avvolto nella oscurità del tempo. Solamente a riguardo di Santa
Margherita, esiste un documento, che conservasi nello archivio parrocchiale della chiesa dedicata alla santa patrona, ed è nel registro sul quale notavansi le
entrate e le spese della Compagnia del SS. Sacramento. Dal medesimo risulta, che un Nicoloso Lomelino, il 24 luglio 1592 fece dono alla chiesa di talune reti
vecchie inservibili alla pesca del corallo, e dei pissetti (merletti), probabilmente donati pella buona pescagione ottenuta; ed un antico e logoro disegno in
pergamena colà rinvenuto, che rappresenta una trina. Il chiarissimo commendatore Antonio Merli fu colui, che diede in luce quel documento in una sua pubblicazione
fatta per le nozze celebrate dal conte Carlo Caselli di Firenze, con la signorina Eleonora de' marchesi Costabili di Ferrara, intitolata: ORIGINE ED USO DELLE TRINE
A FILO DI REFE. Genova, tip. Sordo Muti, 1864. Opuscolo di pag. 28 in-8° con sei tavole, e assai raro perché ne furono tirati soli cento esemplari.
L'Autore rivendica all'Italia la priorità della fabbricazione di quei fini tessuti a filo di refe noti sotto varie denominazioni e particolarmente con quella più
generica di trina, e dottamente ragiona di alcune forme di ricamo usate da varie nazioni, e delle etimologie delle voci colle quali le trine ebbero nome. Egli
afferma che in arabo tarze dicesi per ricamo, da cui può essere derivata la voce italiana trina. E da' Greci, che l'impararono dai Fenici, l'arte del
ricamo fu detta pingere o variegare a punti coll'ago, e pare che a noi sia quindi venuto il vocabolo punto, il quale usiamo allorché vogliamo
significare in genere il ricamo o la trina. E così le voci latine textilis acupictus, vestis plumata, stanno nel significato generico di
ricamato ed ornato coll'ago; ma acutextilis, pare più propriamente la trina. Il nome di pizzo forse ha origine da bisso, filato,
e tessuto finissimo; o forse dal tedesco spitze che dice punta, e quindi usato come merlo, e merletto in significato di ornamento
merlato, a punte, a pinnacoli, a cuspidi.
Io non seguirò il chiarissimo Autore in questo suo elaborato scritto, essendo il mio compito ben più modesto. E' mia intenzione dire qualche cosa dei merletti
del circondario di Chiavari, e specialmente di quelli di Santa Margherita Ligure, di Rapallo e Portofino, dei quali ancora non fu fatta una speciale
monografia.
Il merletto è il lavoro di quasi tutte le donne povere o ricche abitanti in paese o in campagna, non solo del comune di Santa Margherita Ligure, ma ben anco di
Rapallo e Portofino.
Le ragazze quando hanno compito i cinque anni di età sono mandate, come dicesi in quei luoghi, alla scuola del cuscino, tombolo, e imparano a fare il
punto. In quattro o cinque mesi riescono d'ordinario a lavorare una piccola trina. Quindi gradatamente vanno facendo lavori sempre più difficili; ma sempre di refe
bianco, specialmente a Rapallo. Dopo parecchi anni imprendono a lavorare i merletti di seta, cominciando di nuovo dai facili, e mano mano progredendo verso i più
difficili. Per tal modo lavorando da mattina a sera, a quindici o sedici anni, in media, una ragazza è una merlettaia perfetta. Ma, la è cosa molto singolare, che i
lavori più belli, e massime quelli che vennero premiati alle Esposizioni, sieno stati fatti dalle donne di campagna; e che in campagna, quasi esclusivamente, si
facciano i lavori di maggiore dimensione, come gli scialli, le mantiglie, le beduine e le vesti da ballo.
Ma, panni di sentirmi a domandare: quante braccia lavorano attorno ai merletti?
Secondo il censimento dell'anno 1871, Portofino ha una popolazione di 1187 abitanti, in questa vi sono 725 merlettaie. A Rapallo gli abitanti, anche secondo
l'ultimo censimento, sono 10,406, le donne che lavorano i merletti 3098. A Santa Margherita gli abitanti sono 7180, le merlettaie 1751, delle quali 264 sono nate in
altro comune dello Stato. Queste cifre sono autentiche, ché le ebbi da fonti sicure; quelle di Santa Margherita le tolsi io stesso dai registri di quel sindaco,
cavalier Antonio Giovo, di cui gli rendo grazie.
In questi ultimi anni la lavorazione dei merletti prese uno aumento maggiore, specialmente in Santa Margherita, perciò mi venne vaghezza di confrontare il
numero delle lavoratrici secondo l'ultimo censimento di questo Comune, con quelle dell'anno 1861, e vedere il progresso ottenuto nel decennio. Ma quale non fu la
mia sorpresa vedendo che nel 1861 furono 2210, le donne che attendevano al lavoro dei merletti, in una popolazione di 6,170 abitanti, mentre nel 1871 le lavoratrici
di merletti sono notate in numero di 1751, perciò una differenza in meno di 459 a confronto del 1861, essendo la popolazione, come abbiamo già detto, nel censimento
dell'anno 1871, di 7180 abitanti, e fra questi essendovi anche inscritte 1711 donne senza professione? Ma, ecco come fu risposto da quel Municipio, alle mie
osservazioni.
Nell'anno 1871 furono ammesse fra le merlettaie, le donne che dell' arte delle trine o dei merletti fanno la loro precipua occupazione, ricavano la loro
sussistenza, e inscrissero fra le donne senza professione quelle che sebbene lavorino in merletti, pur tuttavia attendono a cure domestiche, e non fanno merletti se
non che per passatempo, non per loro esclusiva utilità. Dal che ne deriva, che le donne senza professione nel 1871 risultarono in numero di 1711, e così 753 in più
che non furono nel 1861.
Ho detto che in Rapallo, Portofino e Santa Margherita tutte le donne, dall'umile operaia alla ricca posseditrice lavorano in merletti, chi per utile proprio,
chi per diletto. Or bene, nel 1861 furono notate fra le merlettaie anche le donne addette a cure domestiche, e così senza professione, e ciò si desume da che queste
ultime nel censimento dell'anno 1861 figurano in numero di 958 soltanto. Ora facendo il confronto fra le donne senza professione risultanti dal censimento 1861, con
quelle egualmente senza professione nel censimento del 1871, ne verrà per conseguenza che in questo ultimo havvi un aumento di 294 merlettaie in più che in quello
dell'anno 1861; per cui senza tema di errare potrà dirsi, che nel 1871, le merlettaie in Santa Margherita erano 3462. Adunque nei suddetti tre Comuni avremo un
totale di 7285 donne che lavorano nei merletti, non tenendo conto di quelle di Chiavari, che, come ho detto, sono pochissime.
In cotesti comuni non vi furono mai fabbriche di merletti: e per fabbrica intendo accennare a quel luogo dove si fabbrica o lavora checchessia. Le donne
appartenenti a famiglie aventi qualche fortuna comprano il refe, la seta e i cartoni dei disegni e lavorano per conto proprio; ultimato il lavoro lo vendono ai
mercanti. Quelle povere invece, le vere operaie cioè, ricevono il refe, la seta e i cartoni dei disegni dal mercante, per conto del quale mediante conveniente
mercede eseguiscono il lavoro. I mercanti pagano loro un tanto per ogni metro a seconda della larghezza del disegno, e la qualità dell'oggetto da farsi; ma in media
ognuna di loro guadagna circa ottanta centesimi al giorno, e le più brave anche una lira e quaranta o cinquanta centesimi il massimo; il meno centesimi quaranta
circa.
A Rapallo ogni bottegaio, dal mercante di tessuti al venditore di frutta, in maggiore o minore quantità fa negozio di merletti. Nessuno vi si dedica
esclusivamente, tranne Emanuele Campodonico.
A Santa Margherita invece vi sono una ventina di famiglie, le quali non esercitano che questo negozio, e lo fanno in grande, massime per l'America del Sud: ora
da quei luoghi abbondano le richieste per cui la esportazione è aumentata, specialmente da circa un anno.
I merletti di refe bianco per uso di arredi sacri, per veli o per biancheria lavoransi comunemente a Rapallo e a Portofino, e questi anche sono esportati nella
maggior parte in America.
In Santa Margherita invece si fanno generalmente quelli di seta nera, e là vi sono le operaie migliori e più intelligenti per la esecuzione di disegni alternati
da punti diversi. Credo ottima cosa dire qualche cosa della parola punto, e secondo le informazioni attinte in quei luoghi, e specialmente a Santa
Margherita, ove più volte mi recai; ma prima voglio dare qualche cenno intorno a questo cospicuo borgo.
In un seno amenissimo del golfo di Rapallo largo circa 1200 metri, è posta Santa Margherita Ligure. Dista nove chilometri da Chiavari capoluogo del circondario,
ventotto da Genova, e tre da Rapallo. Le due parrocchie di Santa Margherita e di San Giacomo, separate fra loro da un piccolo promontorio, formano il borgo, e
aggiuntivi i tre villaggi di San Lorenzo della Costa, di San Siro e di Santa Maria di Nozarego costituiscono l'intero comune, che avrà una superficie di circa 929
ettari. Il territorio di Santa Margherita è soprammodo delizioso, e fertilissime sono le campagne, i cui prodotti principali sono l'olio, il vino e le frutte.
Pittoreschi sono tutti codesti luoghi; e chi lasciando alle spalle le aspre montagne sulle quali corre la strada che dalla Spezia pel Bracco mena a Chiavari,
arrivati a Sestri di Levante, l'orrido quadro mutasi in un istante in delizia di belle prospettive, di collinette e di belle marine. Da Sestri a Chiavari, da
Chiavari a Genova si costeggia sempre il mare, ch'è bellissimo a vedersi pei golfi frequenti coi quali sinuosamente entra fra terra, e che ricrea l'animo di chi lo
guarda. I lidi sono tutti coperti di verzura, varieggiati da colli amenissimi vestiti di ulivi, di viti, di aranci, di cedri e di limoni; sicché tutta la via è
profumata dai soavissimi olezzi di primavera. Le case sono tutte dipinte a vaghi colori, e quali di verde, di cilestrino, di giallo; a ornati, a figure, a fiori, a
belle prospettive.
E dappoiché la ferrovia traforando i fianchi dei monti, corse per quelle ridenti piagge, sembra che da Chiavari a Genova sia una sola città, talmente
spesseggiano le cittadelle, i borghi. E quale spettacolo meraviglioso a vedersi presentasi all'occhio anche il meno estetico, percorrendo quel breve tratto di
ferrovia! Sparì la luce: siamo in una delle trentotto gallerie, che tante vi sono nel breve tratto di trentanove chilometri, che divide Chiavari da Genova, e tosto
allo egresso ti si presentano allo sguardo cose nuove e non mai viste. E corri veloce sopra un ponte che ti pare lanciato in aria, e vedi le sottostanti case, e gli
abitanti che passeggiano le vie; ma ogni cosa rapidamente fugge ai tuoi sguardi. E nuovamente succedono alla luce le tenebre, ma per brevi istanti, che tosto rivedi
quel zaffiro di cielo, le ville, i bei giardini, le case, e il mare che ne flagella le fondamenta o che si frange negli scogli, e senti ripercossi in volto gli
spumeggianti spruzzi. E novellamente un avvicendarsi continuo di ville e di borghi, di tenebre e di luce, e di vie aere per le quali sembrati essere trasportato da
una mano invisibile e benefica in nuove regioni, dimore di celesti non di mortali abitatori.
Ma, entriamo nel borgo di Santa Margherita e osserviamo ciò che vi ha di pregevole. Le due chiese parrocchiali meritano di essere mentovate. La collegiata
dedicata alla santa titolare fu eretta nel secolo XVI sulla base di un antico tempio; è a tre navi sopra otto colonne d'ordine corinzio. Maestosa è la facciata, e
nello interno l'oro e il marmo di Carrara vi sono a profusione. L'adornano pregevoli statue, e pitture tanto a olio che a fresco, il coro del tempio fu dipinto a
fresco dal torinese Vacca, la cupola e la volta delle due grandi laterali cappelle, nonché quella della nave maggiore, sono opera del valente pennello del
fiorentino Cianfanelli. Attualmente si stanno indorando e dipingendo le navate laterali, dai chiarissimi pittori G. B. Pianello e professore Nicolò Barabino.
La chiesa parrocchiale di San Giacomo è posta sopra di una ridente collina, a cavaliere della quale avvi il grandioso e stupendo palazzo del principe Giulio
Centurione, dal quale godesi di una magnifica vista. La chiesa è costrutta con buon disegno, e anch'essa è fregiata di ricchi marmi, di eleganti indorature, e di
ottimi dipinti del Cianfanelli e del Barabino. Tutti questi lavori si fanno colle spontanee oblazioni degli abitanti, i quali sono tenerissimi del decoro della loro
chiesa, poiché sanno a maraviglia il detto di quel grande italiano1 che: «Dove è religione si presuppone ogni bene, e che
l'osservanza del culto divino è cagione della grandezza degli Stati.»
Tutti gli abitanti della Liguria e specialmente quelli delle due belle riviere di Genova attendono al commercio, e così anche i margheritesi preferibilmente vi
si applicano e lo esercitano in America e in Sardegna, per cui quel borgo ora è pervenuto ad una agiatezza che non si può desiderare la maggiore. E chiaramente lo
mostrano i nuovi palazzi2 costrutti in Santa Margherita non solo, ma anche in Genova; la bella via Assarotti di questa città, in gran
parte fu costrutta con capitali di margheritesi, i quali a cagione di commercio colà dimorano. Oltre la manifattura dei merletti in Santa Margherita fiorisce anche
quella dei cordami, e in particolare quelli che servono alla navigazione, i quali si esportano a Genova, in Francia ed in America; e la pesca del corallo.
Annualmente in primavera partono circa sessanta barche coralline equipaggiate da circa duecentocinquanta uomini, le quali nel dicembre ritornano in patria. La pesca
ha luogo sulle coste di Sardegna, di Corsica e di Affrica, ed è assai faticosa e serve di ottima scuola per avvezzare i marinai alle fatiche della navigazione. Il
corallo vendesi grezzo in Genova, in Livorno ed in Marsiglia.
Fino dall'anno 1849 gli abitanti di Santa Margherita avevano divisato di costruire un porto nel seno che loro aveva largito natura. Nel 1852 cominciarono i
lavori, i quali sul finire del 1859 erano quasi ultimati quando una forte tempesta, il 26 dicembre di quell'anno, li danneggiò grandemente; ma pel valido concorso
del Governo, i danni furono riparati. Ora si avvisa al modo di prolungare il molo di cinquanta metri, per cui fu deliberata la spesa di circa 200,000 lire, nella
quale concorreranno lo Stato e la provincia. E queste nuove opere saranno di grande vantaggio anche per gli altri comuni del littorale, poiché il movimento del
porto è cresciuto d'assai.
Infatti mentre nell'anno 1861 entrarono in porto 295 bastimenti della complessiva portata di 5373 tonnellate in arrivo e di 298 bastimenti della complessiva
portata di 5217 tonnellate in partenza, nel 1870 si ebbero in arrivo 773 bastimenti con 37,760 tonnellate, in partenza 794 bastimenti con tonn. 38,580; e nel 1871
in arrivo 700 bastimenti con 35,868 tonnellate, in partenza 722 bastimenti con 37,343 tonnellate.3 Altri lavori sono allo studio presso
quella solerte amministrazione comunale, e di strade interne, e di altre che mettano il borgo e così anche il porto, in comunicazione colla ferrovia, e perciò
aumento di prosperità e di ricchezza.
Grave pensiero per l'amministrazione comunale di Santa Margherita fu quello dei gerbidi comunali, ed ebbe ad occuparsene più volte in tempi a noi vicini, e in
tempi da noi molto lontani. Ora l'onesto desiderio d'imboschire i medesimi sarà messo in opera, poiché furono di già approvati gli opportuni studi non solo per
quelli di Santa Margherita, ma anche per gli altri di Portofino e Camogli. La spesa sarà di lire 11,754; un sussidio di lire 5000 fu dato dal Ministero di
Agricoltura, Industria e Commercio, il restante della spesa sarà divisa fra i tre comuni. L'imboschimento doveva eseguirsi nel periodo di anni dieci, ma il
Consiglio comunale di Santa Margherita con deliberazione del giorno 8 di ottobre 1871 instò perché fosse eseguito in cinque anni; il Ministero acconsentì. L'utile
che ne verrà dallo imboschire quelle nude montagne, non avvi chi nol veda. «I lavori consistenti per ora nella preparazione del terreno a ricevere le sementi
e piantine, sono già cominciati; e i Comuni interessati nell'imboschimento dovranno eternamente serbare grata memoria dell'onorevole commendatore Stefano
Castagnola, ministro d'agricoltura, industria e commercio che lo promosse e
coll'efficace suo intervento lo agevolò.4»
Anche Santa Margherita può vantarsi che taluni dei suoi figli l'abbiano illustrata con le opere dello ingegno. Nel 1667 vi nacque quell'Anton Maria Maragliano,
celebre scultore in legno, le di cui opere tuttora si ammirano nella Liguria e sono molto apprezzate; questi morì in Genova nel 1741. Giovanni Pino celebre giurista
del secolo XV, che nel 1413 insieme ad altri compilò gli statuti della genovese repubblica, ed ebbe bella fama dall'opera sua. Niccolò Schiattini celebre medico e
letterato vissuto nel XVII secolo. Schiattini Niccolò creato duca di Vidino da Filippo IV re di Spagna e delle due Sicilie. E G. B. Pino, magistrato ed economista,
vissuto nel secolo XVIII.
Sulla strada che da Santa Margherita si va a Rapallo [? Portofino], ammiransi gli avanzi del celebre monastero di Benedettini fondato nel 1324, chiamato
la Cervara, nel quale pernottò Francesco I re di Francia, quando dopo la rotta toccatagli a Pavia il 24 febbraio 1525 era condotto prigioniero in Ispagna dalle
genti dello imperatore Carlo V.
Ma, è tempo ormai di parlare delle varie denominazioni dei punti.
In Santa Margherita dicono punto intiero quello che somiglia a un tessuto; il mezzo punto chiamato volgarmente lavoretto, diversifica dal
primo per avere più radi i fili tra loro. Punto armelletta sarebbe quello che ha molta somiglianza ai semi trovati nel torso delle frutte, nelle mele, pere,
zucche ec., e che qui in Toscana per la sua forma appellano a spola. Punto a brocche è quello che è fatto a piccoli gruppi, e che perciò rilevando gli
toglie di essere agguagliato; e che per scimmiottare gli stranieri comunemente in commercio è appellato punto cluny. Punto a gruppo è quello con più
nodi perché la treccia invece di quattro fili è condotta con otto; ed è chiamato in commercio, anche per essere ligi agli stranieri, e non so per quale cagione,
punto guipure. Punto crespo, che ha crespe, cioè non disteso ed ha delle grinze, ed anche questo in omaggio ai nostri vicini è detto punto
chantilly.
Avvi anche il punto appellato margaritese, e sarebbe quello composto di punto doppio, che vuol dire un campo di punto intiero e mezzo
punto, e sopra con dei riporti a punto armelletta. E notisi che la maggior parte dei merletti che vengono di Francia, le armellette sono unite al disegno
con l'ago, mentre a Santa Margherita sono fatte insieme a tutto il disegno, e coi piombini. Punto a file, così chiamato per essere condotto in linee rette
che si seguitino per la medesima dirittura o per lo stesso cammino; con questo punto sono lavorate le trine per arredi sacri, tovaglie, veli, biancherie ec.: punto
contrario al crespo ché questo ha la maglia più arrotondata e fitta dell'altro, che resta più quadrato e più rado. Questi lavori sono fatti con disegni
generalmente a semplici ornati, e anche dozzinali, e sempre di refe bianco.
Altri generi di punto vi sarebbero ancora, per esempio, il punto a tre a tre, il punto a trina ec.; ma assai difficile è il poterli tutti
enumerare poiché le varie denominazioni di lavoro assumono nomi diversi a seconda della fantasia dell'operaia che eseguisce il merletto, per cui le tante volte un
pizzo, una trina fatta lavorare da operaie una dall'altra distanti di abitazione, queste l'appellano di poi con nomi vari, e ben di sovente anche strani. Per cui
volendo descrivere minutamente la lavorazione dei merletti e fare ad ogni punto la spiegazione del modo con cui questo si forma dall'operaia, come vanno condotti,
traversati, intrecciati o tessuti i fili maneggiando i piombini; questo sarebbe un compito assai difficile a spiegarsi, come anche ad essere ben compresi:
contentiamoci adunque del poco già detto.
1 N. Machiavelli
2 I medesimi sono di proprietà dei signori Costa Francesco fu Gerolamo, Costa Benedetto fu Francesco, Larco Francesco fu Giuseppe, Costa Carlo e
Benedetto fratelli fu Antonio, Gimelli Luigi fu Giovan Batista, Bozzo Luigi fu Bernardo, Costa Nicola fu Francesco, Beretta Gerolamo fu Giorgio. Alcuni di cotesti
signori acquistarono le loro ricchezze in America, ma molti anche in Sardegna. In Genova nella via Assarotti possiede un magnifico palazzo Costa Francesco fu
Gerolamo, Larco Francesco fu Giuseppe e fratelli, Costa Benedetto e Carlo fratelli fu Antonio, Bozzo fratelli fu Giovan Batista, Larco Francesco fu Nicolò,
Debarbieri Domenico fu Giovan Batista, Costa Gerolamo fu Francesco, Costa Luigi fu Francesco, Bertollo Giovan Batista fu Angelo ed altri.
3 Conto morale per l'anno 1871 reso dalla Giunta Municipale di Santa Margherita Ligure al Consiglio Comunale nella seduta straordinaria del
26 luglio 1872, pag. 12. Genova, Tipografia Sordo-muti, 1873.
4 Conto morale ec., a pag. 39.