La Casana – n.3 2016
Lo scorso maggio [2016], Gianni Paccagnella, comandante del peschereccio "Intrepido" di Santa Margherita Ligure, ha trovato nella sua rete, durante una
battuta di pesca ai gamberoni, a 720 metri di profondità, al largo di Portofino, quattro anfore.
"Accortomi dell'importanza del ritrovamento, molto emozionato, ho avvisato subito la locale Capitaneria di Porto" – mi racconta lo stesso pescatore.
Sono romane, databili tra il II e il I secolo A.C. Lo si può affermare con certezza, perché riportano bolli, sigle, indicanti l'anno, la provenienza, la fornace
e lo schiavo che le ha realizzate. Sono vinarie e olearie.
Una volta studiate, il dottor Simon Luca Trigona, archeologo subacqueo della Sovrintendenza Archeologica ligure, ha affermato che "data la grandezza e la foggia, probabilmente facevano parte di un grande cargo. Trasportavano vino e olio verso la Gallia, essendo la Liguria terra di passaggio. Milioni di ettolitri di vino venivano commerciati dai romani in Gallia. Pare che le prime ritrovate venissero dalla Toscana, zona Argentario, le altre contenessero invece olio pugliese".
In ottobre, scandagliando la zona dove il pescatore le aveva trovate, si è scoperto il relitto, una
nave romana di circa 25 metri di lunghezza, tutto ricoperto di anfore (pare addirittura 2500) e altri oggetti. E' stato chiamato Dædalus 26.
Un grande aiuto lo ha dato un veicolo subacqueo filoguidato, il ROV [Remotely Operated Vehicle – Sottomarino a comando remoto] Pluto Palla,
creato dall'ingegner Guido Gay della Gaymarine, ditta specializzata nel settore. Egli ha seguito le operazioni svolte dal ROV da un particolare catamarano con a
bordo strumenti specifici per le ricerche.
Presto sarà in team col dr. Trigona che mi dice: "Inizieremo un monitoraggio e un rilievo del relitto (detto di 'alto fondo', data la profondità) e
successivamente uno studio e la salvaguardia del sito. Non è questo relitto di alto fondo l'unico scoperto in Liguria. Col tempo si costituirà un vero e proprio
circuito tra i relitti per i subacquei". Grazie alle sempre più moderne tecnologie si potrà migliorare in ambito dell'archeologia subacquea.
Le anfore trovate, una volta pulite del sale saranno ospitate all'interno del Civico Museo delle tradizioni marinare di Santa Margherita Ligure che sta venendo
alla luce in città. "Una delle sedi, come mi racconta Paolo Pendola presidente del Museo, sarà il suggestivo castello cinquecentesco sul mare".
Palpabile è l'entusiasmo del sindaco Paolo Donadoni che ha sottolineato "Il museo nasce con buonissimi auspici e la scoperta del relitto e delle anfore è il più bel dono che ci arriva. Dato che Santa Margherita è un museo a cielo aperto, dove, passeggiando, si incontrano testimonianze della storia, delle tradizioni, del profondo legame che essa ha con il mare, per salvaguardare la memoria storica, valorizzare le radici sia per gli abitanti, sia per coloro che vengono a soggiornarvi, si è pensato di progettare un civico Museo delle Tradizioni Marinare itinerante, 'diffuso', con Paolo Pendola, coordinatore dello staff, Enzo Sorvino, della Società Progetto Santa Margherita, la dottoressa Silvana Vernazza, funzionario della Sovrintendenza ligure, la responsabile della Biblioteca locale Marina Marchetti e altri".
Il rapporto col mare è culturale e commerciale. La cittadina a trenta chilometri da Genova, nel Levante, ha, per esempio, la più grossa flotta peschereccia
ligure. Un tempo, già nel '500, tra i mestieri del mare, c'era quello del pescatore di corallo. Lo dimostra lo stemma della città: un delfino con un corallo rosso
sul fondo. Partivano con delle speciali barche, le "coralline", per la Sardegna, la Corsica e l'Africa settentrionale. Qui ha sede inoltre una nota società di
canottaggio, la Argus, nata nel 1910, che ha formato molti giovani locali.
La storia di Santa Margherita è anche raccontata dalle meravigliose facciate dipinte e dalle edicole votive presenti sia nel quartiere di Ghiaia sia in quello
di Corte (al porto). C'era, infatti, a Genova e nel Levante l'usanza e il gusto di decorare le facciate con finte architravi, colonne dipinte, finestre, balconi,
trompe-l'œil. Le case sul mare con le facciate dipinte permettevano ai marinai di riconoscere la loro quando sbarcavano a terra. Il più famoso pittore di
facciate e restauratore è stato Giovanni Franceschetti (mancato nel 1961) che ha studiato all'Accademia di Torino e ha lavorato a lungo per la famiglia Durazzo
Centurione, ex proprietaria della stupenda seicentesca Villa Durazzo e in ambito ecclesiastico.
Le edicole votive ("madonnette"), invece, erano un manufatto di marmi e stucchi con statua o immagine nato da un atto di devozione dei fedeli nel medioevo per
proteggere i lavoratori, pescatori, artigiani, negozianti.
"Un tempo, mi dice Alessandra Molinari storica dell'arte in occasione della festa del Santo, erano tappe delle processioni, perciò punto di aggregazione oppure
semplicemente di preghiera per richiedere una grazia, un buon raccolto o altro".
"Lo scorso 2 dicembre è stato firmato il protocollo d'intesa con gli altri musei marinari liguri che permetterà così un lavoro di sinergia, sostiene Paolo
Pendola, è avvenuta anche la donazione da parte del Centro Latte Tigullio di piatti decorati dall'artista Flavio Costantini".
E' nata anche l'Associazione promotori del Civico Museo delle Tradizioni Marinare.