L'Illustrazione italiana – 4 dicembre 1898
Gli Annali di A. R. Scarsella non ne fanno cenno.
Da tre giorni, il vento imperversava lungo tutto il litorale ligure. D'improvviso, saltò da scirocco a libeccio centuplicando d'intensità. Il mare cominciò a
ingrossare straordinariamente, e, nelle prime ore della notte del sabato 26 novembre, le ondate con furia spaventosa si accavallarono con boati senza posa le une
sulle altre elevandosi come montagne ad altezze vertiginose, per ripiombare, più furibondamente ancora, in vortici di spuma, come se si fosse spalancato l'abisso.
Verso le ore 22, ecco si rovescia sul mare la grandine accompagnata dallo schianto dei fulmini. Lo spettacolo che il mare presenta dal porto di Genova tocca il
colmo dell'orrido. I marosi da quell'ora in poi sorpassano il molo Galliera frangendosi nell'avamporto. Tutte le navi avevano già rinforzati gli ormeggi, e parecchi
piroscafi, che qualche ora prima si erano avventurati a partire, dovettero rientrare più che in fretta, mettendosi a ridosso del molo.
Verso le ore 3 della notte, quando l'uragano sorpassa ogni immaginazione, i cavalloni infrangono e asportano il Lanternino sradicandolo dalla base robustissima
e trascinano pur seco la casetta del fanalista sulla punta del molo Lucedio. Per fortuna, il fanalista con la sua famiglia e parte dei mobili erano stati posti in
salvo coll'ajuto dei marinai della Capitaneria del porto: trasporto che non era avvenuto senza difficoltà e pericoli grandi; infatti, mentre lo operavano, due
marinai vennero da un'ondata gettati a terra e sbattuti contro le pietre.
Poco dopo le 3, le ondate aprono col loro impeto infernale una breccia nel molo Lucedio, alto ben ventiquattro metri e formato di massi ciclopici; opera
stupenda, dovuta, soprattutto, alla munificente elargizione del duca di Galliera; opera gigantesca che fu andar giustamente orgoglioso il genio umano. La breccia va
allargandosi colla rapidità della folgore; e il molo Lucedio per trecento metri diventa d'un tratto una sola rovina.
I cavalloni superano i moli, coprono tutto il porto di Genova d'una massa d'acqua spumeggiante, scrosciando con assordante fragore, il cui eco arriva fino alle
parti della città più remote dal mare. Le calate sono invase, inondate, devastate: ogni colpo di mare le spazza da cima a fondo e ne travolge seco i frantumi. Al
potente incrociatore germanico Herta, legato per la poppa al molo Giano, si rompono sette cavi d'ormeggi, e la nave vien trascinata addosso alla cannoniera
Scilla della nostra marina da guerra, la quale, sospinta a sua volta da quell'urto tremendo, va a cozzare contro il piroscafo Marco. Al "passo nuovo"
i marosi sorpassano le batterie; il molo Giano è inondato e il molo Lucedio sembra sparito sotto l'irrompere delle onde titaniche. Lo Scilla ha riportato
danni gravissimi al bompresso e all'opera morta; il piroscafo Marco reca diversi squarci sopra la linea d'immersione; l'incrociatore Herta corre
gravissimo pericolo, e vien soccorso dalla barca del piloti della Capitaneria del Porto, da barche a vapore della stessa Capitaneria; e, alla fine, si riesce ad
ancorarlo presso il molo Galliera; operazione che si protrae fino alle ore dieci del mattino. Parecchie chiatte, cariche di carbone, affondano. Vicino alla foce del
Bisagno, viene asportato un pezzo di strada carrettiera.
In città, piante sradicate, muri rovinati, soffitti sprofondati, tetti spogliati delle lavagne e delle tegole; bagni spariti. I danni ai moli e ai galleggianti
si avvicinano al milione, senza contare la parziale rovina del Molo Lucedio e gli altri danni agli stabilimenti balneari.
Nella Riviera di Levante, linee ferroviarie interrotte. A Camogli, il molo distrutto: a Lavagna, scalzata dalle fondamenta e crollata una palazzina. Pegli, di
tutta la riviera di ponente è il paese rimasto più malconcio dalla mareggiata, perché più esposte le sue case, costrutte proprio in riva al mare. Frantumate e
portate via le terrazze degli stabilimenti balneari; un giardino e una piazza, spariti; un teatro quasi distrutto; utensili divorati dai marosi
- A Nervi la
stazione allagata; a Santa Margherita, la via Sella rovinata
Ma l'elenco dei danni è assai lungo pur troppo! Dal 1821 e dalla notte di Santo Stefano
nel 1859, non era avvenuta una mareggiata così spaventevole.
Dovremo toccare anche dei disastri avvenuti altrove: dell'uragano a Lugano, nel cui lago il piroscafo Elvezia s'infranse contro uno sbarcatojo e affondò
in pochi minuti; del naufragio della goletta Felice a Portoferraio; alluvioni e 200 case crollate e altre 10 crollanti. A Trieste, inondazioni; così ad
Avignone, ecc.; a Cannes il molo sommerso; a Lisbona, naufragi