Stampa Sera – 15 luglio 1949
Qui tutto sembra fermo nel tempo e nello spazio - Figurine in paglietta, dignitose, col bambù fra le mani - Nel mondo è forse l'unico paese dove la popolazione
non ha mai pensato a eleggere la sua "miss"
A Portofino, nella tabaccheria sotto i portici, ti offrono con infinita disinvoltura una cartolina illustrata del paese, in cromolitografia, nella quale proprio
davanti al girotondo delle case puoi vedere uno di quei candidi bastimenti a ruote di mulino, tagliati a castelluccio, che da almeno cinquant'anni non macinano più
le acque degli oceani. C'è da scommettere però che ben pochi, a conoscenza di ciò che chiamerei il segreto di Portofino, s'accorgono che il bastimento ancorato in
mezzo alla rada ha le ruote dalle parti, poiché nella cartolina i portici, la chiesa, i fazzoletti delle vele riflettono nell'insieme una impressione piena di
attualità e di fedeltà: infatti Portofino, tagliato fuori dalla strada ferrata, con una rada che può ospitare soltanto natanti di poco pescaggio, è tale quale cento
o mille o non so quanti anni fa, e ha tutta l'aria di conservare la sua linea fino alla fine del secoli.
Un'onestissima Osteria Tripoli, un confidenziale Caffè Ristorante Lina, una rudimentale Trattoria Concordia (altro che li Mon Ami ed il Nirvana di Paraggi) puoi
trovare sulla piazza del paese; la chiesa di San Giorgino, demolita da una incursione aerea, è stata rifatta con le stesse pietre; e, sul porto, il locale più alla
moda che ci sia, ha i tavolini tutti scompagnati, metà di ferro metà di legno, e di notte accende una insegna da locanda medievale. Davvero pare che non ci siano al
mondo innamorati più gelosi degli «Amici di Portofino», per niente portati alle novità!
Bisogna vedere però fino a che punto i portofinesi sono disposti a coprire questo ruolo da personaggi di cartolina illustrata: parlo di quelle figurine in
paglietta che, piene di verità e di dignità, col bambù fra le mani, sembra che si guadagnino la vita accennando una mezza riverenza al centro della «visione
panoramica della piazza principale di Castelletto di Sotto».
Andate a parlare col padrone de «La Navicella», una specie di tavola calda dove alla svelta ti preparano una porzione di pesci fritti o una pizza.
Di certo «La Navicella» è stata messa su con due nicheline: dapprima hanno passato una mano di calce viva sulle pareti, poi hanno incastrato nel muro,
all'altezza delle spalliere delle seggiole, un'asse di castagno, rustico com'era, pieno di gobbe e di nodi, appena appena verniciato. I lampadari furono presto
combinati con due conchiglie ed un ritaglio di carta pergamena.
In fondo al locale (anche qui, tavolini zoppicanti, tovaglie arrangiate in fiera) c'è il forno fatto a capannuccia, intonacato di brillanti piastrelle pescate
nel naufragio di qualche casa sinistrata. «La Navicella» (l'insegna è cavata da un corno di bufalo) «fa molto Portofino»; quando
l'inaugurarono, gli «Amici» fecero una grande festa al proprietario, e Baciccia di qui, Baciccia di là. «Caro Baciccin, un architetto di grido non
avrebbe potuto arredare meglio la tua "Navicella"» disse Salvator Gotta, con gli occhi lucidi. Arrivarono poi gli agenti delle tasse; invano il signor
Giovanni Battista si affannò a mettere in evidenza che la «stagione» dura a Portofino un mese, al massimo due (l'anno scorso quindici giorni).
Aizzati da quell'aria di scialo consumato, di «season», di «Marinapiccola», - o pagare o spegnere il forno! - intimarono i messaggeri
del fisco, nei quali era certamente trasmigrata l'anima di Cézanne con il suo orribilmente vero. Oggi, a «La Navicella», cuociono le pizze sul
fornello elettrico, ed il forno è rimasto un innocuo altare decorativo, assieme alle conchiglie ed al bastimento sottovetro!
- Cè qualcosa che non va! - dice il nostro Baciccia. - Io ho navigato trent'anni, ho messo da parte qualche soldo, ed ora piano piano rosicchio il mio capitale.
Dicono che d'estate a Portofino viene molta gente: a parte il fatto che nei mesi caldi non c'è alcun paese d'Italia che non sia imbottito di villeggianti, io direi
che la gente qui non viene, ma passa. La maggior parte non spende una lira; arrivano fino al faro, fanno quattro chiacchiere con le ragazze del Caffè Excelsior,
osservano le donne che lavorano al tombolo, ai pescatori chiedono: - Ma come, non avete ancora le reti di nailon? -, prendono una fotografia e scappano a Santa
Margherita, a Rapallo, a Camogli, perché, si sa, sono «più confortevoli».
La morale della favola è proprio questa: Portofino è in tutto e per tutto una cartolina illustrata accomodata nella cornice di quel meraviglioso cristallo che è
il Golfo Tigullio. Si sviluppano gli altri paesi, pigliano colore e fantasia, e Portofino rimane tale e quale nel limiti del suo ben risaputo «cliché»,
rendendo poco o niente agli indigeni
Un paese, figuratevi, che non ha mai pensato ad eleggere la sua miss!
- Il rimedio? - continua Baciccia, ammiccando. - E' semplice: lasciare che, dietro il paravento delle vecchie case, si costruisca. Portofino deve prendere
consistenza, non può rimanere eternamente una «puntasecca»
In verità, qualcosa si è cominciato a fare: volete gettare un'occhiata dietro la casa?
Nell'area dietro la casa, hanno quasi terminato un palazzotto di quattro piani, nientemeno! «Vendonsi appartamenti di tre vani, con cucina all'americana e
armadio-frigorifero» avvisa un cartiglio.
Cosa vedremo fra dieci o venti o cento anni? Forse Miss Portofino è già nata; forse è una di quelle bambinette baciate dallo scirocco che dormono nella cesta di
vimini, vicino al trespolo su cui mamà fa trillare i fuselli del tombolo. Ci pare già di vederla, all'Osteria Tripoli (ribattezzata naturalmente
«Carillon» oppure «Beguines»), in un tripudio di tubi fluorescenti, mentre viene incoronata reginetta dell'ultimo reame conquistato dallo
spirito dei tempi, pratico e sovversivo!
Fin che siamo in tempo, godiamoci il nostro Portofino amici miei. Quella è la chiesa dove le famiglie più in vista hanno da secoli il loro inginocchiatoio
particolare; e questa, grazie a Dio, è la Trattoria Concordia (zuppa di pesce e vino di Nozarego). Su quel molo laggiù, nell'anno millecento, la confraternita dei
pescatori di corallo, di ritorno dalle Crociate, è sbarcata recando a spalle l'urna che racchiudeva le ossa di San Giorgio. E quel manifesto? Leggiamolo insieme.
«La nuova società dei Barcaioli e Marinai, presidente Rosselli Carlo, vicepresidente Viacava Giuseppe e Soci, avverte che questa sera alle ore ventuno
partenza da Portofino per Rapallo della motobarca "Gioia" al prezzo di Lire 150 [oggi circa 3 €] a persona, andata e ritorno, gelato compreso».
Beata semplicità del Portofino 1949!