Le Vie d'Italia – gennaio 1937
«Io vorrei vivere continuamente sul mare: venderò la mia casa di Roma e acquisterò in sua vece uno yacht, che diventerà la mia residenza preferita.
Potrò così concentrarmi, studiare, pensare, fare esperienze a mio piacimento sul mare, lungi da tutte le false convenzioni e dalle misere lotte che rattristano la
vita degli uomini della terraferma». Con tali parole, velate di amarezza, di ritorno dalla Conferenza per la Pace, che si era tenuta a Parigi e alla quale
aveva partecipato in qualità di Delegato italiano, Guglielmo Marconi confidava al suo più fidato collaboratore e amico, il marchese Luigi Solari, i progetti che
andava vagheggiando per l'avvenire.
E, da uomo abituato a passare senz'altro dall'idea all'azione, alla fine di quello stesso anno 1919, nel quale avveniva il colloquio che abbiamo riferito,
acquistava dal Governo inglese, che l'aveva confiscato come preda di guerra, un magnifico yacht costruito per cullare gli ozi di un potente arciduca
d'Austria, e che invece doveva - per merito di Marconi - essere consacrato alla storia delle radiocomunicazioni.
Egli ribattezzò la bella nave, candida come un cigno e agile come un levriere, col nome fatidico di «Elettra», quasi ad esprimere il voto che le
onde magnetiche, da lui presto lanciate nell'etere da quella sua magica fucina, avessero a raggiungere la lontanissima, omonima stella, che brilla, insieme con le
altre Pleiadi, nel più alto del firmamento.
E trasportò, quindi, sullo svelto panfilio, fatto per correre tutti i mari, quanto aveva di più caro: dai perfettissimi apparecchi scientifici necessari alle
sue incessanti esperienze, ai suoi libri prediletti; dai ricordi della fanciullezza ai ritratti a lui dedicati, con autografi oltremodo lusinghieri, da re, da
principi reali, da capi di governo, da famosi letterati e artisti di ogni parte del mondo. Di questi volle popolare le pareti del suo studiolo di bordo, come per
crearvi un'atmosfera di elevazione, nella quale la sua ispirazione potesse meglio assurgere a nuove scoperte, per la salvezza e il benessere di tutta l'umanità.
La sua passione per il mare, la sua perizia nei calcoli di rotta, la sua calma durante le più violente tempeste, i lunghi periodi trascorsi dall'età di appena
vent'anni a bordo di navi da guerra, in continuo contatto con i più stimati ammiragli della marina italiana, inglese e americana, hanno fatto di lui un ottimo
ufficiale di marina ben meritevole del grado di capitano di fregata, che gli fu concesso durante la conflagrazione europea, grado ch'egli rivestì con sommo onore,
prodigandosi particolarmente nel campo delle radiocomunicazioni militari.
Da anni ed anni egli anima e guida il processo di perfezionamento della sua grande invenzione, dirigendone personalmente le maggiori applicazioni in ogni parte
del globo. Con le sole esperienze di laboratorio probabilmente la radiotelegrafia non avrebbe conseguito i grandiosi progressi raggiunti nel volgere di pochi anni,
e dovuti principalmente all'infaticabile attività del nostro grande inventore, onnipresente ovunque stesse per sorgere una stazione radio di qualche importanza, o
dove occorresse collaudarla. Ben 87 volte Marconi ha varcato l'Oceano Atlantico, alcune delle quali a bordo dell'«Elettra», che stazza appena 800
tonnellate, ed è assolutamente disadatta a simili perigliose traversate. Inoltre, nell'autunno del 1933, egli ha compiuto, a scopo di studio, il giro del mondo, che
si è risolto in una grande campagna di propaganda nazionale, avendo egli ricevuto dovunque onori sovrani, come ben meritava per il suo genio ormai universalmente
riconosciuto. Fra queste dimostrazioni vogliamo solo ricordare le lauree ad honorem decretategli da antiche e famose Università, come quelle di Oxford, di
Cambridge, di Glascow, di Liverpool, di Aberdeen, e di altre ancora, in Luisiana e in Pensilvania.
Nell'aprile del 1920 salpava per la prima volta, dal porto di Southampton, la «candida nave che naviga nel miracolo e anima i silenzi» , con a bordo
il «Mago degli spazi, dominatore dell'etere» ; e alla navigazione dell'«Elettra», in ogni tempo feconda di risultati positivi, è legato - si
può dire - il periodo più luminoso e produttivo dell'attività scientifica di Marconi, che nel proficuo raccoglimento, solo possibile nella solitudine dei mari, ha
compiuto esperienze su esperienze, ha creato nuovi e ingegnosi dispositivi, ha scoperto altre leggi cui sottostanno le onde elettriche e le ha applicate a
perfezionare incessantemente la radiotrasmissione.
Marconi trova inoltre il tempo di presiedere degnamente la Reale Accademia d'Italia e l'Istituto Nazionale delle Ricerche, massime nostre istituzioni, delle
quali Mussolini lo volle capo. Né il grande scienziato insuperbisce per questo o per altri altissimi onori che gli si rendono in ogni parte del mondo, ché, anzi,
egli vive in una atmosfera di modestia e di semplicità addirittura francescane, sino a confessare che, in fondo, egli non sa spiegarsi che cosa sia questa forza
misteriosa, di cui pure ha divinato le leggi essenziali, e convenire che «nella indagine delle forze misteriose che ci avvolgono e la Divina Provvidenza
che ci assiste, quella stessa Divina Provvidenza che ha fatto dell'Italia la culla di ogni Arte e di ogni Scienza; quella stessa Provvidenza che anche oggi assiste
l'Italia, il suo Re e il suo Governo, guidando il nostro Paese verso i suoi maggiori e più alti destini».
Alto della persona, eretto nel portamento, di sobria eleganza nel vestire, sempre rasato di fresco, dignitoso e serio nell'aspetto, ma senza ombra di alterigia
o di ostentazione, Marconi parla lentamente, come tutte le persone abituate a riflettere a lungo, con un tono di voce caldo, soffuso di accento esotico, per la
lunga abitudine di parlare in inglese, lingua ch'egli conosce come la propria; e non appena apre bocca, mette a suo agio anche i più pavidi che lo avvicinano con la
più timorosa riverenza. Schiettamente gioviale con gli amici e con gli intimi, si mantiene abitualmente silenzioso e riservatissimo: strappargli un sorriso non è
facile; indurlo a confidenza è quasi impossibile. Genialità latina e calma anglosassone, derivategli dal sangue emiliano del padre, Giuseppe Marconi, e dal sangue
irlandese della madre, Annie Jameson, e fusi in lui in una felice combinazione, che costituisce il solido mondo del suo equilibrato carattere.
Affabilissima è pure la degna consorte di Marconi, marchesa Maria Cristina dei Conti Bezzi Scali, sempre intenta a mitigare la rigidezza apparente del marito,
accogliendo col suo più luminoso sorriso gli ospiti illustri che salgono a bordo, e fa gli onori di casa - splendida casa galleggiante - con una signorilità e con
un garbo di grande dama romana. Appassionatissima di musica, amante delle lettere e fine cultrice di storia dell'Arte (nel periodo ch'ella trascorre ogni anno nella
Città Eterna il suo passatempo preferito è quello di visitare chiese e musei con guide competenti), ella si assume volontariamente il compito di ricondurre alla
realtà della vita terrena l'inventore e gli scienziati che lo visitano, sovente immersi e come smarriti in ardui problemi dello scibile.
Uno squisito caffè, un bicchierino di liquore finissimo, un tè preparato in modo superlativo da aristocratiche mani, e soprattutto la conversazione varia e
interessante di una colta e bella signora che sa intelligentemente «sintonizzare» i fatti mondani con la radiotelegrafia, è quanto occorre a compiere il
miracolo.
Le delegazioni straniere che salgono sul pontile dell'«Elettra» per visitare la nave famosa e rendere omaggio al celeberrimo suo proprietario, ne
rimangono talmente conquise, che quasi non trovano la via per prendere congedo e si augurerebbero certo di rimanere a lungo in quell'atmosfera familiare, in cui
riesce tutt'altro che molesto il riverbero accecante di un genio luminoso, qual è quello di Marconi.
Ma c'è a bordo un minuscolo personaggio, di cui non abbiamo ancora parlato e dal quale ci sentiamo tirar forte la giacca - come per dirci: «Ohè, ci sono
anche io!» - che ha già una propria personalità e si dà veramente una grande importanza: e il bello si è che tutti quanti, a principiare da Marconi e dalla
sua signora, lo assecondano in ogni suo capriccio e accorrono docili al suo volere. Questo piccolo personaggio si chiama anche esso Elettra, ed è come lo spirito
visibile della bella nave; spirito folletto invero, che qualche volta fa dannare tutti quanti con i suoi capriccetti. Ma ai bambini tutto si deve perdonare,
specialmente quando si è Elettra Elena Maria, la seienne figlia di Marconi, che ebbe a madrina di battesimo nientemeno che S. M. la Regina Elena.
Concediamole, dunque, un po' di quell'importanza che ha ben ragione di darsi, almeno finché rimarrà piccina, e seguiamola nella sua vita giornaliera. Si alza di
buon mattino, la birichina, e non c'è modo di tenerla fra le coltri quando sia desta: l'istitutrice deve farsi in fretta e furia una sommaria toletta e seguirla sul
ponte, che i marinai di solito stanno lavando a quell'ora.
I rudi lupi di mare, che idolatrano la piccina e giocano molto volontieri con lei, hanno però un bel daffare per evitare di sporcare il suo candido vestitino
ricamato. Perché la mania di Elettra sarebbe proprio quella di diguazzare nei rivoletti d'argento che escono dai secchielli di tela e, scintillando sotto i raggi
del sole nascente, corrono spumeggiando sulla tolda levigata.
L'istitutrice leverebbe inutilmente al cielo i suoi più commoventi richiami, se per fortuna non giungesse in suo aiuto il Capitano. Il Comandante
dell'«Elettra», Gerolamo Stagnaro, medaglia d'oro al valore di marina, ha - lui solo - il potere eccezionale di dare ordini anche alla piccola Elettra.
E sapete perché? Proprio lo scorso agosto si è festeggiato a bordo il sesto compleanno della piccola, la quale ha avuto in regalo dai nonni una bella maglietta
bianca, con un'ancora dorata ricamata sul petto, e un paio di pantaloncini lunghi fino ai piedi, proprio di quelli turchini da marinaio. Elettra ha indossato, tutta
fiera, la elegante divisa da yachtwoman, e da quel momento si è considerata un vero marinaio. «Ma come marinaio – le ha poi spiegato il Comandante - tu
mi devi assoluta obbedienza, proprio come gli ufficiali e tutta la ciurma». E la logica di quel cervellino, per quanto intelligente e scaltro quanto mai, non
ha avuto lì per lì da replicare. Così, il Comandante può con un fischio interrompere i giuochi di Elettra, e farla correre a mettersi davanti a lui sull'attenti,
per domandargli, salutando con la manina tesa: «Comandi, Capitano?».
Questa volta, poi, c'è davvero un ordine per lei: «Il Senatore fa dire alla Signorina che l'attende in biblioteca». Con poca compostezza da marinaio
e tanto meno da signorina, la piccola ruzzola addirittura giù dalla scaletta del boccaporto e si getta tra le braccia dell'amato genitore, baciandolo e ribaciandolo
sulle labbra e sulle guance: «Buon giorno, Papino; Papino, buon giorno!». E poi, sedutasi sulle ginocchia del «Papino», che le vuole un
mondo di bene, incomincia a snocciolare una lunga serie di «perché».
Ad ogni questione complicata, che non arrivi a risolvere da sé stessa, ad ogni «perché» rimasto senza risposta, ella ha sempre una via di scampo:
«Lo chiederò a Papino». E Marconi, padre amorevolissimo, è sempre pronto a spiegare, a chiarire, a raccontare mille e mille belle cose a questo
omettino di sua creazione come la radio, ma in cui v'è ben poco da perfezionare. L'alta fronte pensosa, abituata a cimentarsi con i più alti problemi della fisica e
della meccanica, s'illumina di gioia serena di fronte al grazioso minuscolo personaggio, che tratta con lui a tu per tu, senza ombra di soggezione; e negli occhi
celesti di lei ritrova forse quelli della madre amatissima, che tanto grande fermezza infuse al suo carattere.
Benché donna, la piccola figlia di Marconi segue a Roma regolarmente i corsi di marinaretto dell' O. N. B. [Opera Nazionale Balilla], e spesso i
genitori e i nonni si recano, a sua insaputa, a vederla sfilare inquadrata e impettita, secondo la più rigorosa disciplina marinaresca, alla quale ella si acconcia
volentieri, perché ha detto che un giorno dovrà comandare lei l'«Elettra»!
Nei bei mesi delle vacanze, quando il candido yacht si culla per tre o anche quattro lunghi mesi nella tranquilla rada di S. Margherita Ligure, la
gioia della piccola è al colmo. Il «Papino» le insegna la geografia, per cui essa ha tanta inclinazione, senza però riuscire ancora a farle dire che il
polo opposto a quello nord si chiama polo sud, e non «polo surd». La Mamma, insieme col fido marinaio, Agostino, nativo del Forte dei Marmi, le insegna
a nuotare, i nonni a imitare Shirley Temple e l'istitutrice a leggere e scrivere
Elettra pranza sola, prima dei genitori, nel grande salone dalle argenterie lucenti, tutto stuccato di bianco: sola per modo di dire, perché la sua Mammina non l'abbandona mai, e la sorveglia, anzi, principalmente quando mangia, perché tutte le mamme pensano che i loro bambini siano gracili, e non sono contente finché non li hanno visti rimpinzati di cibo. Quanti balocchi deve promettere la Marchesa Cristina alla piccola Elettra perché mastichi bene quella minuscola costoletta, che proprio non vorrebbe andarle giù! E perché ingoi quella salsina, che pure manda un sì buon odore e quella frittella di riso che dice: mangiami, mangiami! Ma alfine la bimba è sazia, e viene a salutare sopra coperta il babbo, i nonni e gli ospiti eventuali, per ritirarsi a far la nanna. Prima, però, vuol dar da mangiare ai mugginetti, che a quell'ora attendono con le gole voraci fuor d'acqua, a babordo, la mollica di pane fragrante che la loro piccola amica suole loro gettare, lasciando qualche volta soltanto la crosta ai «filoncini» che mangerà la mamma. Sopra un tavolinetto apparecchiato sul ponte, pranzano abitualmente Marconi e i suoi familiari: mensa semplice, come semplice è la vita di bordo, e, dopo il pranzo, una partita di bridge, mentre si fuma una sigaretta. La Marchesa, però, preferisce riposare dieci minuti nella sedia a sdraio, cullata dal sommesso chiacchierio del mare e delle persone di famiglia, fusi in una sinfonia di sogno.
Veramente beata questa vita che Marconi e i suoi cari trascorrono a bordo, senza che le esperienze rallentino o la mente del grande Inventore cessi di
applicarsi in sordina ai grandi problemi posti dalla sua prima invenzione, pur non trascurando i doveri di amoroso e sollecito capo di famiglia.
Verso le cinque del pomeriggio si scende a terra per la consueta passeggiata in auto a Paraggi, a Portofino o a qualche altro degli ameni paesi della
vicina riviera. Talvolta anche Elettra si reca a terra, ma più spesso è lasciata a bordo, perché l'auto l'affatica. Allora, alla partenza, i saluti sono commoventi,
come se il distacco fosse di mesi addirittura e non di poche ore
E appena la lancia si stacca, portando via lontano la mamma e il «papino»,
Elettra corre a poppa e si spenzola, per agitare il fazzoletto, fino a che la barca a motore sia in vista.
Poche settimane fa i giornali annunziavano che un incendio era scoppiato a bordo dell'«Elettra». Chissà quanti cuori avranno trepidato! Ma il danno
fu lieve. Così, la bella nave, partecipe delle fortune del grande Inventore, porterà per molti e molti anni ancora, in tutti i porti del vecchio e del nuovo mondo,
l'orifiamma di Marconi, genio della nostra stirpe, e il tricolore, vessillo sfolgorante dell'italico Impero.